Con Kurdistan s’intende il territorio del Medio Oriente abitato in maggioranza da popolazioni etnicamente e linguisticamente kurde e diviso fra vari Stati: Turchia, Iraq, Iran, Siria, ma minoranze kurde si trovano anche in Armenia, Georgia, Azerbaijan, Turkmenistan. Questo antichissimo popolo, di religione zoroastriana fino alla conversione all’Islam dopo la conquista araba del VII secolo, ha conservato un atteggiamento di tolleranza verso le numerose religioni praticate nella sua complessa realtà etnico-territoriale. Pur non essendo unificato in uno Stato nazionale, ha sviluppato una ricca letteratura in lingua kurda, lingua del gruppo iranico con molte varietà dialettali.Un centro di diffusione e promozione della cultura di questo popolo in Italia è l’Istituto Internazionale di Cultura Kurda che, nato a Roma nel 2012, realizza progetti volti alla creazione di una rete internazionale; attività di ricerca/formazione e corsi di Cultura politico-amministrativa per studenti kurdi in Italia con l’Università Roma Tre e l’Ismeo; incontri pubblici sull’attualità. Il direttore scientifico dell’Istituto è Adriano Rossi, ordinario presso l’ Università Orientale Napoli; ne fa parte, tra gli altri, la scrittrice e giornalista Laura Schrader.Le pubblicazioni dell’Istituto kurdo cercano di offrire un panorama ampio della ricchezza culturale del popolo kurdo e ha di recente edito due libri: il primo, Fiabe e racconti popolari del Kurdistan, curato da M. De Chiara e D. Guizzo, dà testimonianza di quel patrimonio di miti, leggende, fiabe, tramandato oralmente e poi trascritto, che costituisce un fondamento dell’identità culturale kurda; il secondo, Sherko Bekas, Scintille di mille canzoni, curato da Laura Schrader, è una raccolta di poesie. La poesia nel Kurdistan conosce una ricca fioritura nel ’900, ma già a partire dal XIV secolo sono stati tramandati poemi epici.Le fiabe e i racconti popolari raccolti nel primo libro danno conto di quel patrimonio di miti, leggende, favole che conservano nei secoli i caratteri essenziali di un popolo, contengono informazioni sulla sua storia e si colorano di suggestioni religiose e politiche. In uno dei racconti popolari inseriti nella raccolta l’eroe è il nipote del capo di una tribù kurda nomade in guerra con la vicina tribù araba, dopo avventure e prove alla fine ricomporrà il conflitto sposando entrambe le figlie dei capi-tribù. Una testimonianza sia dell’eterogenea composizione etnica di quei territori sia della capacità di sanare i conflitti attraverso la fusione delle due componenti in una nuova entità etnica mista.Il secondo libro è un’antologia di poesie scritte da uno dei poeti più rappresentativi del Kurdistan, Sherko Bekas, che così si presenta: “Mi considero il poeta di tutta la nazione kurda, il poeta della rivoluzione e dei peshmerga, dei fiori e dei bambini kurmanji, del Sud e del Nord, mi considero il poeta del Kurdistan”. Poeta della resistenza kurda, vive lunghi periodi nelle montagne insieme ai peshmerga, lavora alla radio della Resistenza, continua la sua opera di combattente e poeta in Siria e in Italia, scrivendo versi come questi: Ho posato l’orecchio sopra il cuore/ della terra./ Parlava d’amore, del suo amore/ per la pioggia,/ la terra…. Ma quando accostai l’orecchio/ all’amore stesso/ che non ha nome,/ era di libertà che parlava,/ l’amore. Va in esilio in Svezia, tra il 1974 e il 1986. Nel 1991 torna in patria, nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno, nata nel’92, viene eletto con l’Upk, Unione Patriottica Kurda, la cui lotta mira all’autodeterminazione, alla democrazia e alla pace del popolo kurdo del Kurdistan e dell’Iraq, è ministro della cultura, ma si dimette dopo un anno per creare un centro culturale, in cui svolgerà la sua attività culturale e editoriale. Muore nel 2013. Ne L’ultimo testamento scrive: Voglio, anche quando sarò morto stare vicino agli uomini e alle donne della mia città/…. Voglio essere sepolto/ avvolto nella bandiera del Kurdistan./ Voglio musica al mio funerale/ e, sulla tomba, i bei dipinti degli artisti della mia città.Ha cantato gli orrori dello sterminio, la durezza della lotta e i colori della vita: Poveri montanari,/ il vostro amore è una neve/ una neve di quattro stagioni./ Nevica e mi imbianca il verso … Non c’è vita in me, se non esplode/ il tempo di quella vostra neve, ma non voglio/ se non in quella neve/ morire.
Luciana Scarcia(5 agosto 2018)
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