“Volevamo che Yayla avesse differenti finestre sul fenomeno delle migrazioni, in particolar modo quelle forzate. L’intenzione era di creare una riflessione artistica sul tema della migrazione, ma che fosse anche opportunità per alcuni rifugiati musicisti di entrare in una sala di registrazione e poter esprimere la propria sensibilità artistica insieme ad altri musicisti, infine che fosse un album di livello artistico e umano molto alto, e penso che ci siamo riusciti”. Claudio Zonta, gesuita con la passione per la musica, spiega il senso del progetto Yayla – musiche ospitali, un lavoro comune del centro Astalli e dell’etichetta Appaloosa records con il coinvolgimento di circa 130 artisti provenienti da tutto il mondo.
Come nasce Yayla – musiche ospitali
Nei 30 brani musicali del CD, le voci e i suoni di Lavinia Mancusi, Monica Neri, Simone Pulvano, Sara Jane Ceccarelli, Michele Gazich e di tutti gli altri artisti portano gli ascoltatori da un continente all’altro. “È partito come un progetto libero, ognuno ha attivato le proprie conoscenze. Io mi sono occupato di coordinare alcuni rifugiati che hanno suonato e cantato insieme ad alcuni artisti”.Proprio a Claudio Zonta è toccato il ruolo più significativo: dare voce ai migranti nelle musiche ospitali di Yayla. E a sentirlo parlare sembra che il progetto discografico sia nato in maniera quasi naturale:”ognuno ha messo, secondo me, il meglio che poteva. Ascoltandolo continuo ad avere la sensazione che tutti gli artisti si conoscano – che in parte è vero – e che il denominatore comune non sia la musica, ma l’umanità con cui è stato suonato”. Nella voce di Erri De Luca c’è la storia di Mohamed che viaggia nel Mediterraneo, ma che non sa nuotare perché il mare non l’ha mai visto prima. Nella taranta dei Traindeville ci sono gli stereotipi più comuni: “Ci rubano il lavoro, ci deturpano il decoro”. Nei dialetti, dall’Italia e dall’Africa, c’è il racconto dell’appartenenza e della distanza.Al centro, prima delle note, in questo lavoro ci sono i canti, le parole, le culture di chi ha partecipato. È così che la musica diventa veicolo di pensiero: “Non penso che le canzoni possano risolvere i problemi – la politica infatti ha questa competenza – ma possono innescare un dibattito, una presa di coscienza su un tema…”
Yayla – una musica di riflessione
Eppure quando la discussione esce dal pentagramma c’è il rischio che i toni non siano quelli sperati:”Avrei preferito che questo lavoro uscisse in un tempo più tranquillo, per evitare eventuali strumentalizzazioni. Purtroppo ora, non senza responsabilità politiche, non esiste una possibilità di dialogo sul tema, in quanto tutto si è polarizzato ed estremizzato in pro-immigrati e contro-immigrati. Il dialogo presuppone non avere certezze ed essere disposti ad ascoltare per trovare una o più strade di azione, avendo come obiettivo il massimo bene per il prossimo”.Le canzoni e le storie di Yayla nascono come testi e musiche per porsi domande, che è il primo passo verso la conoscenza: “È un dialogo musicale tra tante culture, musiche, lingue e soprattutto esistenze. Non siamo partiti da un’idea precostituita, ma dall’incontro e dall’ascolto dell’altro; questi sono i prerequisiti per poter dialogare ed è anche la base dell’ascolto dell’album: non si può ascoltare un lavoro di questo tipo se si ha la certezza di avere già tutte le risposte”, conclude Zonta. Ma Yayla una certezza, la lascia: nella musica, come nella società, l’armonia è il risultato di un mix di elementi diversi.(3. Continua)
Rosy D’Elia7 settembre 2018
Yayla si può acquistare sul sito di Appaloosa Records.Leggi anche
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