L’ultimo rapporto sull’immigrazione, presentato il 10 ottobre a Roma, dalla Fondazione Leone Moressa dice Enrico Di Pasquale, ricercatore della fondazione “ha l’obbiettivo di riportare i dati al centro del dibattito”. In un momento dove la politica, e di conseguenza il corpo sociale nel suo insieme, prende spesso decisioni “di pancia”, i numeri ottenuti attraverso la ricerca ci aiutano a demolire le nostre percezioni irrazionali. “Un patrimonio intellettuali per tempi difficili” così lo definisce Luigi Manconi, Direttore UNAR, nella sua introduzione alla presentazione.L’ottavo rapporto della Fondazione lega inevitabilmente i dati sull’immigrazione a quelli sulla demografia. Previsioni EUROSTAT indicano che la popolazione anziana in Italia crescerà del 47% nel 2050, e con essa anche la richiesta di Welfare che dovrà essere soddisfatta da una popolazione in età lavorativa inferiore del 18% rispetto ad oggi. Dal 1977 l’Italia non ha più un tasso di fecondità totale superiore ai due figli per donna che permetta il ricambio generazionale e dal 2008 il saldo migratorio dei cittadini italiani con l’estero è negativo. In questo contesto si inserisce la crescita della popolazione immigrata che negli ultimi anni ha in parte rallentato l’invecchiamento.I 5 milioni di stranieri regolari che vivono in Italia contribuiscono ad aumentare il numero degli occupati, a produrre l’8,7% del PIL nazionale e ad immettere nelle casse previdenziali 11,9 miliardi di euro.La presenza degli stranieri, infatti, non ha modificato soltanto l’aspetto demografico, ma anche quello economico. Nel 2011 gli occupati stranieri erano pari al 9%, nel 2017 hanno raggiunto quota 10,5. Questi 2,4 milioni di occupati producono un valore aggiunto pari a 131 miliardi. Si tratta prevalentemente di occupazione complementare e quindi non in competizione con quella italiana. La maggior parte degli occupati stranieri svolge lavori poco qualificati, su tutti domestici e badanti, mentre gli occupati italiani si collocano nelle professioni più qualificate.Non è da sottovalutare l’apporto degli imprenditori stranieri che rappresentano il 9,2% del totale degli imprenditori, dato in crescita negli ultimi cinque anni del 16,3% in controtendenza con la diminuzione degli italiani. I principali imprenditori provengono in ordine di numero da Marocco, Cina e Romania.Per quanto riguarda l’impatto fiscale i lavoratori stranieri dichiarano 27,2 miliardi di euro e versano 3,3 miliardi di IRPEF. Redditi e imposte sono inferiori alla media italiana in quanto provengono da lavori poco qualificati. Un aumento della mobilità sociale o l’attrazione di immigrazione qualificata inciderebbe in positivo sulle entrate fiscali italiane.Le prospettive future non sono positive per tutta l’Europa e per l’Italia in particolare. La fascia anziana peserà sempre di più e l’immigrazione tamponerà solo in parte l’invecchiamento della popolazione. Bisognerà rilanciare la natalità, riuscire a sostenere una popolazione che invecchia e “cercare di aprire altri canali legali per accedere al nostro paese in un’ottica di immigrazione circolare, dove si arriva per acquisire competenze da poter sfruttare anche una volta tornati nel proprio paese” suggerisce Luigi Maria Vignali, DG per gli italiani all’estero e le politiche migratorie. Queste sono solo alcune delle sfide che l’Italia con altri paesi europei dovrà affrontare nei prossimi anni.
Damiano Zannetti10/10/2018
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