L’Africa è un continente ricco di risorse, eppure molti dei suoi Paesi si trovano in una condizione di povertà perpetua e logorante. Manca al riguardo la consapevolezza dell’Occidente sulle sue responsabilità. A parlarne approfonditamente è Natalie Sharples portavoce di HealthPoverty Action, durante il convegno “I migranti, l’Africa, le nostre responsabilità”, promosso dalla Onlus CasaAfrica, in collaborazione con FIEI(Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione) e con il patrocinio di Amnesty International, che si è tenuto l’11 dicembre, presso la sede della Cgil di Roma.
“Nel mondo ci sono abbastanza risorse per tutti” ha proseguito Sharples, presentando l’Honest Accounts 2017 “ma l’Africa continua ad essere uno dei luoghi più poveri del mondo”. Politiche neoliberiste, dispersione di capitali e interessi sul debito sono le principali cause dell’impoverimento del continente. Ma anche il perpetuarsi di quelle che Sharples chiama “false narratives”, le false narrazioni, che si susseguono da tempo: la visione dei governi europei come dei benefattori crea una dinamica di potere ambigua, che amplia sempre di più il divario tra il “donatore generoso e il destinatario eternamente grato”. I pericoli delle false narrazioni sono reali, come si evince da un sondaggio realizzato nel Regno Unito in cui la maggior parte dei cittadini ritiene che la povertà in Africa sia da attribuire solo a cause interne, senza la minima responsabilità dei Paesi europei. Occorre perciò promuovere delle politiche economiche che siano in grado di raggiungere un vero sviluppo equo, ma anche cambiare la narrazione.Di responsabilità occidentali ha parlato anche Gemma Vecchio, presidente della Onlus Casa Africa, ricordando i luoghi caldi di cui nessuno parla come lo Yemen e il Delta del Niger.
“I problemi sono complessi e correlati, mentre la politica parla nero su bianco” dice Antonello Pasini, fisico del clima del CNR, che ha spiegato quanto i cambiamenti climatici siano responsabili delle migrazioni. Esiste però una “disequità internazionale circa le responsabilità di ciascun Paese”. E se è vero che “il clima funge da amplificatore di problemi già esistenti”, come nel caso della desertificazione africana, Pasini ha anche ricordato la crisi siriana, ossia “la prima crisi migratoria nata per cause climatiche”. “Se il clima è una concausa cosa possiamo fare? Non bastano le riduzioni nel settore delle combustioni. Bisogna ridurre le emissioni dei terreni degradati”.
Della diversità tra le politiche cinesi in Africa e quelle occidentali, ha parlato Lifang Dong, legale ed esperta di internazionalizzazione: a partire dal principio di non ingerenza cinese, fino alla visione dell’Africa come un potenziale partner politico ed economico, passando per l’ambizioso progetto della Nuova Via della Seta, che coinvolgerebbe Paesi come il Kenya, l’Etiopia, il Ruanda e la Tanzania.
Elisa Carrara
(12 dicembre 2018)
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