La seconda edizione del festival di danza spagnola e flamenco chiude i battenti con il concerto di Camerata Flamenco Project all’Auditorium Parco della Musica.
Ritmo, musica, passione e danza sono gli ingredienti principali del festival, che da quest’anno avrà cadenza annuale, organizzato dal Ministero della Cultura spagnolo e dell’Ambasciata di Spagna a Roma, insieme alla Comunità Autonoma dell’Andalusia.
La kermesse, che ha avuto inizio lo scorso 10 gennaio con “ Siroco“, di Emilio Ochando, per poi continuare con artisti come la sivigliana Belén Maya, l’esibizione della catalana Mayte Martin e il balletto di Jesus Carmona, si è chiusa con lo spettacolo di Camerata Flamenca Project il 21 gennaio.
Il trio composto da José Luis Lopez, al violoncello, Ramiro Obedman, al flauto, e Pablo Suarez, al piano, mescola stili musicali diversi nelle cornice del flamenco contemporaneo e propone una visione moderna del genere unendo elementi della musica classica e del jazz.
Sono le otto di sera, il festival ormai è finito e nei camerini dell’Auditorium si sente la stanchezza ma allo stesso tempo la soddisfazione del trio musicale.
“Questa sera ci siamo trovati molto bene sul palco. E’ la prima volta che ci esibiamo qui e devo dire che il pubblico romano è stato molto attento e rispettoso, sia con lo spettacolo di Camerata sia con la rappresentazione de El amor brujo. Ci ha aiutato molto a trovare il clima misterioso e magico di questa opera di Manuel di Falla,” spiega José Luis.
“Il Flamenco è un genere aperto,” continua Ramiro Obedman. “Bisogna uscire dagli stereotipi. Non ci sono soltanto la chitarra, la ragazza che balla e il ragazzo che canta. Attualmente il Flamenco è vario, molto ricco e con tante sfumature ed è quello che oggi abbiamo voluto dimostrare.”
Una seconda edizione che dà l’opportunità ai romani di allontanarsi dagli stereotipi del flamenco e immergersi nelle ultime tendenze di una straordinaria forma d’arte attraverso alcuni dei suoi più significativi esponenti.
Cristina Diaz
(23 gennaio 2019)
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