“Esistono sia un’identità mediterranea, sia una storia del Mediterraneo di cui l’Italia fa parte ed è quindi necessaria per gli italiani la consapevolezza di far parte di questa Storia Comune”. Sin dal 2009 Francesca Bellino, scrittrice, giornalista che ha appena dato alle stampe il suo ultimo libro: “Il Canto libero delle stelle mediterranee”, pubblicato dalla casa editrice Fusibilia, ha trattato il tema del necessario incontro tra culture diverse. Prima ne “Il prefisso di Dio”, dove la protagonista cerca un “undicesimo comandamento”:un invito al rispetto dell’altro nelle nuove società plurali, poi nel romanzo “Sul corno del rinoceronte”, premio Narrativa Maria Teresa Di Lascia 2015.
Una storia ambientata tra Italia e Tunisia, all’origine dell’esplosione delle ‘primavere arabe’, in cui l’incontro tra due donne, una italiana e una tunisina, fa emergere non solo elementi di contatto tra le due culture mediterranee, ma l’importanza del guardarsi nell’altro per conoscere e arricchire sè stessi.Su questi valori la Bellino, sposata con Ahmed Hafiene, “attore-filosofo nato a Tunisi nel ’66, che rinnega l’idea di Sartre dell’altro come Inferno, ama il teatro di Brecht, legge Bakunin e ascolta Leo Ferrè” – come lei stessa lo ha descritto in un suo articolo – ha impostato anche la sua vita privata. Insieme i due si sono esibiti qualche anno fa al Teatro Palladium, in un reading a due: lui in arabo ha letto i versi del giovane poeta tunisino, Mehdi Hamili, esponente della “generazione dei gelsomini”, lei in italiano ha letto una sua poesia, “La rivoluzione parla arabo”, un omaggio al vento del cambiamento.Accanto a Francesca, troviamo nel “Canto libero delle stelle mediterranee” i suoi amici di sempre che arricchiscono e confermano, con il loro contributo, il percorso di reciproco scambio con la cultura medio orientale, un lungo cammino intrapreso dalla scrittrice, in tempi molto distanti dagli attuali nei quali l’ “altro” sembra essere diventato sinonimo di nemico.L’introduzione è a cura dello scrittore algerino, Amara Lakhous che sottolinea come ”oggi per fortuna, le cantanti in Algeria ed altrove hanno dei cognomi, non devono più nascondersi né vergognarsi”. L’artista egiziano Nasser El Gilani impreziosisce il manoscritto con il titolo tradotto in calligrafia araba. Il libro è stato appena presentato dalla Bellino insieme al musicista Stefano Saletti, che suona l’Oud e il bouzuki, e alla cantante Barbara Eramo, in un reading musicale nell’ambito della rassegna “I solisti del Teatro” ai giardini delle Filarmonica di Roma. In questi giorni un’altra tappa del “tour” è stata quella nello stupendo scenario dell’ area archeologica di Paestum, di fronte al tempio di Nettuno.“Dedicato a tutte le donne che hanno ‘tirato fuori la Voce’ il libro nasce – dice Francesca Bellino – dal desiderio di raccontare le esistenze di alcune delle più straordinarie cantanti del mondo arabo-mediterraneo che sono riuscite a essere padrone del loro destino in contesti maschilisti e patriarcali, smentendo lo stereotipo occidentale che le raffigurava come signore velate, sottomesse e ammutolite, quando nei paesi musulmani era proibito alle donne cantare in pubblico. Dalla diva egiziana Umm Kalthum “la madre di tutti”, alla principessa drusa Asmàhan, dalla cantante tunisina di origine berbera Saliha, alla siciliana Rosa Balistreri fino alla star libanese Fairuz.
Umm Kalthum la “signora delle signore”(Sitt al kull)
Un monumento intoccabile, una piramide o un obelisco egizio, ma al contempo “madre” di tutti come indicato dal nome che si era data, Umm Kalthum è stata la voce del popolo egiziano, la Stella d’Oriente. Ogni giovedi per 5 ore l’Egitto intero si fermava, alla sera, per il rito irrinunciabile dell’ascolto alla radio dei suoi concerti.Nata nella vasta provincia egiziana all’inizio del ‘900, sin da bambina Umm aveva mostrato un grande talento per il canto, ma poiché era considerato sconveniente in quegli anni per una donna cantare in pubblico, suo padre la vestì da ragazzo durante le sue numerose esibizioni itineranti lungo la regione del Delta. E’ grazie al poeta Ahmad Rami, innamorato di lei a prima vista, che la ragazza di campagna inizia la sua ascesa. Rami, colto e raffinato, compone decine di strazianti canzoni d’amore per lei ispirate soprattutto alla frustrazione generata dal desiderio non corrisposto. Negli anni tutti i migliori poeti come Ahmad Shawqi e i migliori compositori, da Zakariyya Ahmad fino al poliedrico Muhammad Abd al-Wahhab, collaborano con lei che diventa la “stella d’Oriente”.“Nei cinquant’anni in cui è rimasta sulla scena – scrive la Bellino – i brani cantati da Umm hanno accompagnato i cambiamenti sociali e politici del suo tempo”. Ha cantato per Re Faruk, prima della detronizzazione del 1952, poi per la nazionalizzazione del Canale di Suez nel 1956. Ha speso la sua popolarità per valorizzare l’identità culturale egiziana, ma anche per rinvigorire nel pubblico il sentimento di appartenenza alla nazione araba. Ha sostenuto il piano nazionalista e panarabista del presidente Nasser e ha sognato insieme a lui di unire il mondo arabo. Quando è morta, il 3 febbraio del 1975, quattro milioni di persone si sono riversate per le strade del Cairo, più di quelle accorse cinque anni prima per il presidente Nasser. Il suo feretro, ricoperto di seta, venne strappato – racconta la scrittrice – dalle spalle dei portatori ufficiali e cominciò a “camminare” sulla folla, rimanendo sospeso in aria per tre ore prima di approdare alla moschea e poi al cimitero.
Fairuz la Nostra ambasciatrice presso le stelle
L’altra “star” del mondo arabo che secondo alcune fonti ha venduto nella sua carriera, ancora in corso, più di 50 milioni di dischi è la libanese Fairuz, al secolo Nouhad Haddad. A differenza di Umm, che veniva dalla campagna e non aveva compiuto studi particolari, Fairuz, che in libanese vuol dire turchese, cresce nell’ambiente culturale della capitale, seguendo fin da bambina i corsi del Conservatorio. “Non esiste un arabo – si legge – che non abbia mai ascoltato una canzone di entrambe”. I loro repertori, se pur diversi, fanno parte di un patrimonio comune e, nelle generazioni più adulte, è ancora un’abitudine irrinunciabile ascoltarli. Fairuz la mattina, Umm Kalthum la sera”. Nata nel 1935 e tutt’ora in attività Fairuz impone subito un nuovo modello di artista che pur essendo donna non canta solo l’amore, ma spazia dalle guerre all’esilio, fino alle problematiche ambientali.Quando nel 1975 scoppia la guerra civile in Libano la diva resta nel suo paese e comincia a lavorare anche con il figlio Ziad, musicista e compositore. L’ultimo brano registrato nel 2018 è prodotto dalla figlia minore Reema
Asmahan, la principessa drusa
Completamente diversa dai due “mostri sacri” del panorama musicale arabo – musulmano è la principessa siriana, Asmahàn. Ossia la “Madonna” dell’epoca: Asmahan veste all’europea con minigonne e collier di perle, canta con lo sguardo languido storie d’amore e vive mettendo in pratica ciò che canta nelle canzoni, ossia l’idea che una donna possa avere contemporaneamente sentimenti e carriera e che il suo potere in società non derivi direttamente da una relazione con un uomo, ma da proprie qualità. La bellezza, l’ascendenza nobile, il talento e un repertorio musicale dal gusto occidentalizzato le aprono tutte le porte. La sua morte è tragica e misteriosa. Muore a soli 32 anni, il 14 luglio del 1944, in un incidente stradale a pochi chilometri dal Cairo e il suo corpo viene ritrovato nel Nilo.
Saliha la voce della Rachidia tunisina
Anche detta la voce de la Rachidia, un’istituzione fondata nel 1934 per difendere e custodire l’identità musicale tunisina, Saliha, cantante tunisina nata ai primi del ‘900 in una famiglia contadina di origine berbera, è l’interprete di diversi generi musicali tra cui il mâloûf. É la versione tunisina della musica tradizionale del Maghreb-andaluso che ha mostrato al mondo arabo il fermento musicale esistente nella piccola Tunisia, in grado di competere con i più famosi successi del grande Egitto. Insieme all’altra cantante tunisina, Habiba Msika, Saliha rappresenta la Tunisia più autentica, transculturale, composta da più anime, musulmana, ebraica, berbera e andalusa. “Un paese ancora oggi in prima linea – scrive l’autrice – nella lotta per la tutela dei diritti delle donne e nel percorso di liberazione femminile cominciato grazie al presidente Habib Burghiba negli anni ’50”.
Rosa Balistreri, prima cantautrice del Sud
Le vite di tutte le protagoniste della scena araba, ma anche internazionale, di quei tempi si incrociano o precedono quella della siciliana Rosa Balistreri, prima cantautrice del Sud, che si definiva una “cantastorie” e amava esibirsi con la chitarra al collo. Le sue canzoni contengono la sofferenza di tutte le donne dell’Italia meridionale degli anni ‘50, il malcontento ma anche la protesta e il desiderio di cambiare la propria condizione. Decisivo l’incontro con il “cantastorie” per ecceIlenza Dario Fo. Muore durante una tournée in Calabria a 63 anni per un ictus celebrale.La conclusione di questa “epopea” di interpreti femminili lo lasciamo alla poetessa, marocchina d’origine e romana di adozione, Dalila Hiaoui, che nella sua nota ringrazia le protagoniste del bel libro della Bellino: “grazie per avermi insegnato come continuare a seminare i sogni, e come annaffiare la pazienza in modo da poter raccogliere il frutto, anche se un po’ in ritardo; grazie per aver sciolto, una volta per tutte, le cavigliere pesanti – e al tempo stesso trasparenti – che la società impone a ogni donna sin dalla nascita, per ostacolarne ogni Ambizione”.
Francesca Cusumano(20 agosto 2019)
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