Educazione: un diritto negato
Nel mondo sono 124 milioni i bambini tra i 6 e i 14 anni che non possono andare a scuola. La maggior parte vive in Paesi afflitti da guerre, violenze ed estrema povertà. Tra questi paesi ci sono Iraq, Sud Sudan, Afghanistan, Libano, Giordania, Repubblica Centrafricana e Somalia: “ci sono paesi, come la Somalia e il Sud Sudan, in cui la crisi umanitaria è complessa e protratta, ovvero è ormai cronicizzata”, spiega Giovanni Visone, direttore della Comunicazione e Raccolta Fondi di Intersos. “La scuola salva la vita è una campagna permanente di Intersos volta a far riprendere a bambini e ragazzi il percorso educativo, e a informare e sensibilizzare sull’importanza dell’istruzione. L’Educazione in Emergenza è parte integrante della risposta umanitaria e Intersos opera attraverso diversi interventi, tutti volti a favorire il reinserimento scolastico e garantire il diritto allo studio”.
Cosa fa Intersos per l’educazione
Tra gli interventi umanitari di Intersos, la creazione di spazi dedicati all’istruzione: in questi paesi mancano edifici adibiti all’uso scolastico, spesso gli spazi sono quelli di uno spazio provvisorio o di una tenda di un campo profughi.Oltre ai servizi materiali, Intersos provvede anche alla formazione di insegnanti, sia perché queste figure professionali mancano, sia perché in diversi stati l’educazione è fornita all’interno del contesto familiare. Ci sono inoltre paesi, come il Libano e la Giordania, che hanno sistemi scolastici già strutturati, ma differenti tra loro: “il nostro progetto in questi casi specifici è mirato a creare simili protocolli di studio tra i percorsi educativi, alla luce del fatto che in questi due paesi negli ultimi anni sono arrivati centinaia di migliaia di minori siriani”.Un’altra emergenza è quella che riguarda la carenza di documenti necessari per muoversi da un confine all’altro, cosa che riguarda soprattutto i siriani e che impedisce a molti ragazzi di muoversi per trovare lavoro. Per questo anche l’assistenza legale diventa parte integrante dell’educazione in emergenza. Così come il sostegno psicologico: “non si può mettere un ex bambino soldato sui banchi di scuola: i traumi, le violenze e le torture subite dai minori creano disturbi di attenzione e comportamentali che impediscono al bambino di iniziare e portare avanti un percorso scolastico. Senza un’adeguata assistenza psicologica il percorso di apprendimento e istruzione sarebbe impossibile”, spiega Visone.https://www.youtube.com/watch?v=GZuGxLLQ4W0La storia raccontata nel video è quella di una famiglia siriana che, allo scoppio della guerra, ha dovuto lasciare il proprio paese: la perdita di una casa, di un lavoro,ha portato alla necessità di far lavorare il proprio figlio: “la storia di questa famiglia spiega chiaramente ciò che in gergo tecnico è un negative coping mechanism, ovvero dei meccanismi di adattamento negativi che vengono adottati quando ci sia trova ad affrontare un problema e non si hanno alternative”. Durante un’emergenza infatti, l’instabilità e la scarsità di risorse costringono molte persone a concentrarsi esclusivamente sulla sopravvivenza e sul quotidiano e spesso la scuola viene interrotta. Grazie all’assistenza degli operatori umanitari e a sussidi economici la famiglia di Ali è potuta ritornare a una vita normale.In queste situazioni l’accesso all’istruzione non solo dà un diritto che è di ogni bambino, ma offre protezione a vari livelli, come nel caso di forme di sfruttamento, tra cui il lavoro minorile e il commercio sessuale. “La parola chiave è emancipazione, che fa rima con educazione”, commenta Visone.“Ci sono tanti modi per sensibilizzare, un progetto che ci piacerebbe mettere in cantiere sarebbe quello di coinvolgere più attivamente e direttamente le scuole”, continua Visone, raccontando anche il contributo alla campagna offerto dal musicista Enrico Giaretta con la sua opera dal titolo emblematico “Alphabet”.https://youtu.be/J__eIeovUdg
Elisabetta Rossi(27 novembre 2019)
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