Nedzad in arabo vuol dire coraggio. E certo il nome ha aiutato questo ragazzo rom di 28 anni, apolide dalla nascita, ma “romano di Centocelle”, tifoso della Roma e attivista per difendere i diritti del popolo rom. Figlio di due genitori a loro volta apolidi, ma che vivono da sempre a Roma, Nazdad è il secondo di 10 fratelli e si batte perché loro non debbano avere la stessa esperienza di vita che è toccata a lui: 24 anni “in trappola” senza nemmeno il riconoscimento dello “status” di apolide che da diritto ad avere i documenti d’identità.“Mamma è nata in Italia e mio padre è arrivato quando aveva sei mesi. A quel tempo non sono stati registrati perché appartenevano a famiglie “nomadi” che scappavano dalla guerra in corso in Jugoslavia”, dice a margine della presentazione del Rapporto dell’Unhcr sull’apolidia. “Io sono nato al Casilino 900 e ho “ereditato” l’apolidia dai miei genitori”.Essere apolide ti fa vivere con un senso di vuoto che nessuno può capire. Non hai un codice fiscale, una tessera sanitaria, non ti puoi allontanare dal paese perché non possiedi una carta d’identità valida per l’espatrio, non puoi completare gli studi, dopo la scuola dell’obbligo, perché lo Stato non ti permette di iscriverti ai livelli di istruzione superiore”.Dunque Nedzad ha frequentato la scuola solo fino alla terza media, ma oggi lavora come educatore presso l’associazìone 21 luglio che si occupa di diritti umani e del benessere dei bambini e collabora con la compagnia di teatro sociale Garofoli/Nexus, con la quale ha ideato lo spettacolo Rautalampi che andrà in scena ad aprile a Roma. Nello spettacolo si intrecciano narrazione, performance e arte audiovisiva per raccontare il percorso di crescita e autodeterminazione, attraverso la passione per la boxe, della bambina protagonista, Licia, che vive in un campo nomadi. Nedzad, che si è occupato anche della traduzione del testo dall’italiano al romanès ed è anche assistente alla regia, è uno dei tre interpreti insieme al regista, Nexus, e all’attrice Laura Garofoli.A 18 anni potevi chiedere la cittadinanza, visto che sei nato a Roma, perché non l’hai fatto?Né io né i miei genitori, gente con poca istruzione, sapevamo che si dovesse richiedere la cittadinanza e che sarebbe arrivato un modulo da compilare. Noi abitavamo al Casilino 900 e quando arrivò la lettera eravamo stati sgomberati. C’era un tempo limite per fare la richiesta, ma non avendo ricevuto la lettera, l’ho superato. A quel tempo non avevo idea delle pratiche burocratiche necessarie. Poi la finestra si è chiusa e non è stato più possibile fare niente neppure per ottenere lo status di apolide. Mi dicevano che mi dovevo rivolgere alla Bosnia Erzegovina, paese d’origine di mia madre. Ma io in Bosnia non ci ho mai messo piede, non so come sia quel paese, parlo romano e sono un abitante di Centocelle.Come hai affrontato la vita da “invisibile”?Fino a 24 anni effettivamente non sono esistito per il paese dove sono nato. Poi mi hanno rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari proprio come per quelli che arrivano dal mare. Una finzione trovata dalla stessa burocrazia per aggirare le procedure infinite che ostacolano la concessione dello status giuridico. Il permesso lo devo rinnovare ogni due anni, ma non sono sicuro oggi con le nuove norme di legge del decreto sicurezza, che alla prossima scadenza mi sarà rinnovato. Cosa fai nel tuo lavoro con l’associazione 21 luglio?Sto con i bambini della scuola materna, faccio un corso di “alfabetizzazione emotiva” e gestisco una biblioteca del giocattolo. Uno spazio dove genitori e figli possono prendere in prestito i giochi invece dei libri per passare del tempo insieme dopo la scuola. Insieme al regista di Rautalampi, Nexus, ho partecipato al progetto arte educazione dell’associazione con una serie di laboratori educativi di break dance per i bambini dai 7 ai 14 anni che abitano in situazioni di marginalità a Tor Bella Monaca.Se non ti verrà rinnovato il permesso di soggiorno per motivi umanitari cosa farai?Alla fine l’avvocato che mi segue mi ha suggerito che l’unica strada sarà quella di chiedere la cittadinanza alla Bosnia Erzegovina. Lo scontato rifiuto di quel paese alla concessione del documento d’identità, potrebbe diventare un valido motivo per la richiesta dello status di apolide allo stato italiano.
Francesca Cusumano
(19 novembre 2019)
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