“La società iraniana  ha dei problemi, ci sono delle leggi che non sono giuste le quali risalgono ai tempi  della rivoluzione khomeinista di 40 anni fa, ma la lettura dell’Iran da parte dei media occidentali è sbagliata. Sono le conseguenze della politica americana, del presidente Trump il vero problema. Le sanzioni colpiscono  i componenti della struttura sociale iraniana più avanzata, proprio coloro che spingono per l’apertura del  paese all’Occidente e che Trump sostiene di voler invece aiutare provocando con l’isolamento economico del paese un cambio di regime.  L’imprenditoria privata, quella che crea ricchezza è stata messa in ginocchio da questo tipo di politica. Sta succedendo un disastro in Iran con l’aumento vertiginoso in pochi mesi del tasso di cambio del rial in dollari e in euro. Oggi quasi tutti gli iraniani pensano di dover abbandonare il paese perché non hanno più speranze”.A parlare così è Maryam Khansari  una giovane imprenditrice iraniana, general manager del gruppo di famiglia, la Herison Construction Company, una delle società di costruzioni più importanti in Iran. Nei giorni scorsi ha partecipato al convegno organizzato da Corrente Rosa alla Casa Internazionale della Donna su “Donne in Iran al tempo di Trump, diritti, politica, impresa” insieme all’ex ambasciatore  italiano a Tehran, Luca Giansanti,  all’amministratore delegato di Quarkup group,  Luca Miraglia, a Daniela Colombo, esperta internazionale di Diritti umani, alla giornalista Luciana Borsatti che all’Iran di Trump ha dedicato il suo ultimo libro, e a Tiziana Buccico, ex dirigente della scuola italiana di Tehran Piero della Valle. A lei, donna in prima linea sul “fronte iraniano”,  abbiamo chiesto una fotografia aggiornata del suo paese da un punto di vista femminile, mentre si vive  un momento di crisi economica molto grave in seguito alla disdetta dell’accordo sul nucleare da parte degli Usa che ha riportato indietro le lancette dell’orologio e compromesso l’apertura ai mercati europei verso cui l’Iran sembrava si stesse faticosamente indirizzando con il presidente moderato Rohani rieletto alle elezioni del 2017.“In questi ultimi 15 anni – dice la Khansari – le donne si sono laureate con una percentuale del 60 per cento, superando il numero complessivo  degli uomini. Ma nell’anno passato solo il 16 per cento di loro ha trovato lavoro”.Come mai?“Perché il lavoro , attualmente, non c’è in Iran, né per le donne, né per gli uomini”.Lei ha scelto di restare anche se poteva partire e andare in America, in Europa e in qualsiasi altra parte del mondo a fare il suo lavoro perché?“Perché il mio è un paese dove c’è stata la prima donna e musulmana a ricevere nel 2003 il premio Nobel per la pace, l’avvocato e pacifista,  Shirin Ebadi. Perché l’Iran è un paese pieno di contraddizioni ma è anche molto diverso da come viene raccontato, attraverso i media, in Occidente e perché se ce ne andiamo tutti, lasceremo il campo alle forze più oscurantiste del paese”.Lei non ha mai avuto problemi a rappresentare un ruolo apicale all’interno dell’azienda di famiglia?“Il settore della costruzioni è pieno di uomini. Percepisco sempre una dose di stupore nei confronti di una giovane donna, per giunta iraniana, negli incontri di lavoro. Ma io non ho mai avuto problemi perché nella mia famiglia la regola è sempre stata quella dell’uguaglianza di genere. Se è la famiglia a sostenerti, anche  la società in Iran, alla fine ti accetta e non ti ostacola.  Per lavoro viaggio in mezzo mondo e ho pernottato da sola  in ogni più piccolo posto sperduto dell’Iran. Ho spesso incontrato altre donne che erano lì per lavoro, supportate dalle loro famiglie. Ma questa è una realtà che si conosce poco”.Ce ne vuole parlare?“Per esempio le donne secondo le leggi islamiche non possono svolgere l’attività di agente immobiliare. Ma di donne agenti immobiliari è piena Tehran, solo che sugli atti ufficiali compare la firma del marito, del tutto estraneo, magari, all’attività della moglie. Molti sono i lavori “proibiti” per le donne: dal pompiere, al pony express, al giudice, alla carriera all’interno dell’esercito. Fino al divieto di suonare strumenti e cantare in pubblico su un palcoscenico.  Ma se venite a Tehran avrete l’opportunità di sentire gruppi musicali dove all’interno si esibiscono le donne.  Io stessa ho assistito di recente a un concerto al femminile anche a Qom, città santa per eccellenza. Il fatto è che si può trovare il modo per aggirare alcuni divieti”.Dalla maggior parte della popolazione  o solo da quella più avanzata?“Credo che gli iraniani possano essere distinti in 3 segmenti: gli estremisti religiosi che si rifanno alle regole dettate durante la rivoluzione islamica; i tradizionalisti che considerano la tradizione, le dicerie le superstizioni  e la religione molto importanti per prendere le loro decisioni anche nella vita lavorativa, e sono una buona parte, e poi quelli che potremmo definire laici i quali non prendono decisioni secondo la propria fede religiosa, ma secondo quello che reputano giusto e in sintonia con la realizzazione di una nuova struttura della società iraniana”.Non pensa che quest’ultimo gruppo, il più avanzato della società, dovrebbe avere la forza di combattere, anche manifestando per la strada, per sostenere il processo di democratizzazione e apertura del paese, contro il regime? In caso contrario, non si lascerebbe ai più oscurantisti lo spazio di guidare la protesta, determinando una situazione economica sempre più grave e un ritorno alla politica di chiusura? “La maggior parte delle persone che hanno mantenuto le loro attività e vivono ancora in Iran, senza essere iraniani immigrati, non amano la guerra e non vogliono sicuramente un’altra rivoluzione: ciò che le persone cercano sono decisioni migliori da parte del governo per portare cambiamenti in positivo nelle loro vite. Quindi perché la gente dovrebbe andare in piazza e combattere contro il regime? Le manifestazioni di strada non potrebbero aiutarci a migliorare le cose quando il problema è altrove”. Cosa serve allora per assecondare il processo di cambiamento in atto in questa parte della società? Lei crede che l’Europa potrà venirvi in aiuto? Il tentativo di Macron di trattare con Trump è fallito, e quelle annunciate dai  paesi europei per ora sembrano più buone intenzioni che azioni concrete…. “Negli ultimi tre anni dopo la firma dell’accordo sul nucleare in realtà non è successo niente. Nelle grandi industrie nessun vero contratto è stato firmato perché dai paesi europei non è stata portata nessuna vera lettera di credito, ma anche in questa situazione, noi abbiamo cercato di avviare nuovi business nella speranza di promuovere nei fatti il cambiamento e che il problema politico potesse nel frattempo essere risolto.  Ora in meno di un anno siamo di fronte a un collasso, tanto più grave e doloroso in quanto è stato preceduto da quella grande speranza”.