Conoscere per comprendere: il report 2020 di Caritas e Migrantes

Caritas e Migrantes presentano il Rapporto Immigrazione 2020, in foto la copertina del report

Caritas e Fondazione Migrantes hanno reso pubblico il nuovo Rapporto annuale sull’Immigrazione. Ormai giunto alla 29esima edizione, il report ha fotografato i dati sull’immigrazione nel mondo e in Italia con un focus dedicato al fenomeno durante l’emergenza Covid. La discussione del report di giovedì 8 ottobre è stata inaugurata dall’intervento di Mons. Francesco Soddu che, attraverso le parole della nuova enciclica di Papa Francesco, ha ricordato i quattro verbi da attuare per tutelare l’integrità di ogni essere umano e per permetterne la realizzazione personale: accogliere, proteggere, promuovere, integrare.

L’immigrazione nel mondo e in Europa

Il flusso migratorio internazionale è aumentato nell’ultimo anno, con 272 milioni di spostamenti in tutto il mondo. In particolare, in Europa i migranti residenti sono passati dai 75 milioni del 2015 agli 82 milioni e di questi circa il 50% è nato su territorio comunitario. Un numero in aumento che va sicuramente monitorato con particolare attenzione alle rotte delle quali si parla sempre meno come la Balcanica Occidentale, ha tenuto a sottolineare in conferenza Oreste Fortis di Caritas.

Nella rosa dei Paesi europei con il più alto numero di stranieri residenti ci sono Germania, Regno Unito e Francia. Le motivazioni degli spostamenti sono principalmente di tipo famigliare (28%), lavorativo (27%) e di studio (20%).

Una fotografia dell’Italia

Al quinto posto della classifica delle principali mete europee c’è l’Italia. La fotografia della Penisola mette in luce l’importanza della presenza straniera  in termini demografici. Negli ultimi anni c’è stata un progressivo calo di nascite, un importante diminuzione della popolazione residente e l’incidenza di un’età media decisamente anziana. La presenza straniera ha sempre rinforzato le presenze in Italia ma il trend, negli ultimi anni, è in calo. “L’apporto demografico degli stranieri è sempre meno cospicuo. In questo cogliamo un segnale negativo, di “non scelta” del nostro Paese. Gli stranieri non riescono più a trovare risposte adeguate in Italia” ha spiegato Manuela De Marco di Caritas.

I dati sui permessi di soggiorno validi sino al 1° gennaio di quest’anno sono 3.438,707. Secondo i dati del Ministero dell’Interno i più alti numeri di permessi di soggiorno sono stati rilasciati al Nord Italia (61,2%), a seguire il Centro (24,2%), con poco più del 10% il Sud e i restanti nelle Isole (3,9%). I principali paesi di provenienza sono Marocco con 434.169 titolari di permesso di soggiorno, l’Albania (428.332) e la Cina (318.003).

Le fasce d’età più presenti nel 2019 sono i minori fino ai 17 anni (809.779) e i 30-34 anni (395.826). I motivi degli spostamenti sono sempre di tipo famigliare (1.6657,591), lavorativo (1.430,506) e per motivi umanitari, asilo e sussidiaria (194.799). Sempre più bassi i numeri relativi ai motivi di studio e formazione che all’inizio del 2020 sono stati 52.004. 

Stranieri e lavoro in Italia, i numeri

Nonostante i numeri sul tasso occupazionale stiano dando segnali positivi ed in crescita, la qualità delle mansioni lavorative e la durata delle stesse per i migranti rimangono basse e stagionali. Il livello professionale richiesto rimane sempre basso. Una tendenza che potrebbe ripercuotersi sulle generazioni successive, sui più giovani.

Nel 2018 i lavoratori italiani occupati dai 15 anni in su sono stati 20.759,946. A questi si aggiungono gli 806.314 lavoratori stranieri comunitari e gli 1.648,688 extracomunitari. Nel 2019 si è verificato un lieve aumento degli occupati: gli italiani sono passati a 20.854,680, gli stranieri Ue a 820.764 e gli extra-Ue a 1.684,422.

Donne e lavoro

I dati ministeriali mettono in evidenza la significativa disparità occupazionale tra il tasso di occupazione femminile e maschile. Nel 2019, infatti, il tasso di inattività tra le donne straniere comunitarie è al 34,7% mentre tra le extracomunitarie è al 43,9%. Lo stesso Ministero specifica come le differenze si riscontrano tra le diverse comunità e a livello territoriale.

Se le percentuali sono alte alla voce “inattività” si alzano di molto nell’ambito della cura di familiari, malati, disabili e anziani. In numeri: le donne straniere comunitarie impiegate in queste mansioni sono il 39,1% e le donne extracomunitarie il 44,9%. In particolare, a proposito di differenze tra le diverse comunità, le donne egiziane inattive sono il 95,2%, le donne tunisine il 75,2%, poco meno le donne bangladesi al 72,2% e le donne pakistane al 70%.

In alcuni casi, la cura dei bambini può pregiudicare la presenza delle donne all’interno del mondo del lavoro; da una parte il costo dei servizi pubblici e privati per la gestione dei figli è sempre più alto, dall’altra viene meno il supporto dei parenti che, nel caso di alcune comunità straniere, non vivano in Italia.

Giada Stallone
(14 ottobre 2020)

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