Osservatorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio è il nuovo nome del rapporto che da ormai 16 edizioni racconta l’immigrazione nella Capitale e, da quest’anno, anche nel Lazio. Realizzato dal Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con l’Istituto di Studi Politici San Pio V, è stato presentato online martedì 15 giugno alle ore 16 sul canale Youtube e sul sito IDOS.
Gli stranieri residenti a Roma e nel Lazio
Cinquant’anni fa l’Italia è diventata terra di immigrazione e fin da subito Roma è diventata polo attrattivo di primo piano per gli stranieri che decidevano di stabilirsi nel paese, una tendenza che si è mantenuta stabile nel tempo e che negli ultimi anni si è allargata all’intera regione. “Ad oggi sono 509 000 gli stranieri residenti a Roma, cifra che negli anni ’80 riguardava l’Italia intera” spiega Paolo de Nardis presidente dell’Istituto di Studi Politici S. Pio V “Si tratta di una situazione che sta mutando negli ultimi anni, con l’intera Regione Lazio diventata polo di attrazione per gli stranieri”.
Secondo i dati ISTAT riportati da IDOS nel 2019 sono stati registrati 629 171 stranieri residenti nel Lazio, il 10,9% della popolazione, mentre ammonta allo 8,7% della popolazione il numero dei laziali residenti all’estero. L’incremento annuo di stranieri residenti relativo all’area metropolitana di Roma è stato molto basso (+0,3%) a fronte di alcune province, come quella di Latina, che registrano un tasso di incremento molto più alto, + 6,5%. La città metropolitana di Roma continua ad accogliere l’80,9% del totale degli stranieri residenti nella regione sebbene, tuttavia, il tasso di incremento complessivo sia il più basso registrato da otto anni a questa parte.
La comunità maggiormente rappresentata nella regione è quella romena, cui è dedicato un capitolo del volume curato dalla Redazione Piuculture, che da più di dieci anni racconta la vita della comunità romena nella Capitale.
Permessi di soggiorno e accoglienza
Nell’ultimo anno si sono registrate nel Lazio 9 200 nuove acquisizioni di cittadinanza, il 7,3% del dato nazionale; ben il 16,1% dei nuovi nati nell’anno nella regione è figlio di almeno un genitore straniero, il 23,4% di coppie miste: si tratta di timidi segnali di integrazione.
I titolari di permessi di soggiorno erogati nel corso dell’anno sono calati di circa 11 000 unità, -2,8% rispetto all’anno precedente, e ammontano complessivamente a 404 041. Nella provincia di Viterbo sono cresciuti i permessi di soggiorno a scadenza, in controtendenza rispetto al dato regionale, che vede un lieve incremento dei permessi di lungo periodo (+0,7%). Solo la comunità bangladese registra a livello regionale un significativo incremento di rilascio di permessi di soggiorno, +10,9%, dovuti quasi sempre a ricongiungimenti familiari.
Per quanto riguarda l’accoglienza, a fine 2020 sono state soltanto 7 491 le persone inserite in un percorso SAI o CAS, numero sensibilemente calato rispetto agli anni precedenti a causa degli effetti dei decreti sicurezza. Nel Lazio sono attivi 43 progetti SAI, diffusi uniformemente su tutto il territorio regionale. I 386 CAS presenti sul territorio, invece, sono per buona parte concentrati nella provincia di Frosinone che ospita ben il 39% del totale regionale.
Scuola, salute, lavoro
Sono tre gli ambiti, messi ulteriormente a dura prova dalla pandemia, su cui maggiormente si misura il grado di integrazione degli stranieri in un territorio: scuola, salute, lavoro. L’intervento del terzo settore in questi settori è stato ancor più determinante in questo ultimo anno, seppure alle prese con nuove e accresciute difficoltà, legate principalmente alla chiusura di sportelli e alla brusca interruzione delle relazioni di prossimità instaurate prima della pandemia.
Nell’ambito dell’insegnamento dell’italiano a stranieri nei corsi per migranti adulti erogati sul territorio regionale la pandemia ha avuto un duplice effetto. “Ogni anno raggiungiamo nel Lazio circa 11 000 migranti adulti che si iscrivono ai nostri corsi di italiano” racconta Paola Piva, presidente di Rete Scuolemigranti “ma quest’anno si sono raggiunti a fatica i 4 000 utenti: una perdita notevole. La modalità che abbiamo utilizzato principalmente è quella dei corsi al telefonino, con un rapporto 1 a 1 tra docente e apprendente, che hanno tuttavia consentito di raggiungere fasce di utenti dapprima difficili da intercettare, come i rider o i lavoratori domestici”.
A livello di inclusione scolastica degli alunni stranieri l’anno della pandemia ha acuito difficoltà già sperimentate negli anni precedenti, come respingimenti scolastici e difficoltà di iscrizione per gli alunni neoarrivati. “Tuttavia proprio quest’anno le scuole sembrano aver riconosciuto in maniera più evidente il ruolo di fondamentale importanza che le associazioni del privato sociale svolgono per risolvere alcune criticità, come quelle relative agli alunni stranieri nelle scuole italiane”, continua Paola Piva. Questa è da dieci anni la missione dell’associazione Piuculture, raccontata anche all’interno del rapporto, che opera attraverso laboratori linguistici di italiano L2 in 7 istituti comprensivi e 20 scuole sul territorio del II Municipio, quest’anno arricchita e potenziata dal progetto Italy School Bus.
Il tema della tutela della salute dei cittadini stranieri, invece, dopo un’iniziale fase di stallo e di silenzio istituzionale, grazie all’impegno delle associazioni del terzo settore impegnate nel campo dell’immigrazione, ha registrato in questi ultimi giorni un’accelerata. Sembra infatti sia in fase di risoluzione il problema della vaccinazione anti-Covid dei cittadini non titolari di tessera sanitaria, nella maggior parte dei casi di origine straniera.
Sul piano del lavoro per i cittadini stranieri il 2020 non ha fatto registrare sostanziali passi in avanti: il flop delle regolarizzazioni previste dal D.L. 34 del 2020, meglio noto come Decreto Rilancio, si affianca a misure di promozione dei lavoratori stranieri qualificati, come la Blue Card UE, introdotta da anni e nei fatti rimasta inapplicata.
Silvia Proietti
(16 giugno 2021)
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