CinemArena nato in seguito al progetto pilota realizzato da Elisabetta Antognoni e Nello Ferrieri di Cinemovel nel 2001 in Mozambico è tornato a far vivere la magia del grande cinema in Africa per accompagnare campagne sanitarie e sociali. Nel corso dell’edizione 2018-2019 le proiezioni itineranti nel continente africano sono state affiancate da uno studio antropologico attraverso cinque Paesi sulla rappresentazione sociale dei flussi migratori nell’area sub-sahariana. Il 14 luglio, in occasione della mostra fotografica “Cooperazione italiana: 20 anni di CinemArena. La magia del cinema al servizio dell’aiuto allo sviluppo”, negli spazi del museo Maxxi, i referenti AICS – Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo, i ricercatori e membri dell’Oim hanno avuto occasione di commentarne i risultati.
Obiettivi della ricerca: perchè partire, tornare o rimanere?
“Uno studio importante condotto con una metodologia molto innovativa” ha premesso Simonetta Di Cori, Responsabile dell’iniziativa CinemArena e membro dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Quando nel 2018 la carovana di camion attrezzati del CinemArena ha attraversato Senegal, Costa d’Avorio, Guinea, Gambia e Nigeria per raggiungere 200 villaggi e 75.000 persone, il gruppo di ricerca composto da Carla Collicelli (Cnr), Paolo Santurri e Raffaele Cassa (Cordes), Ugo Melchionda e Andrea Di Leo, ha avuto la possibilità di creare i primi contatti con la comunità per le interviste. Alle interviste sono stati sottoposti sia stakeholder o testimoni previlegiati, ossia rappresentanti di istituzioni nazionali, dell’UE, organizzazioni internazionali, ONG, ricercatori e docenti universitari, sia abitanti dei villaggi. Obiettivo della ricerca è stato analizzare in una dimensione socio-antropologica il fenomeno dei flussi irregolari, con particolare attenzione alla rappresentazione che la popolazione del continente sub-sahariano ha del viaggio, della destinazione, della terra d’origine, del ritorno.
I risultati, ovvero cosa si sa sulla migrazione
“É opinione condivisa, soprattutto tra i giovani, che il viaggio sia una tappa fondamentale della propria vita” ha commentato Carla Colicelli, coordinatrice del gruppo di ricerca. “Inoltre, i migranti sembrano non sapere dove sia l’Italia, l’Europa e quale sia la lunghezza del viaggio”. Sul totale dei cinque Paesi nei quali sono state condotte le interviste il 42,9% non ha idea di quanto possa durare, mentre il 7,3% pensa possa trattarsi di anni. Rispetto alla conoscenza del Paese di destinazione, in particolare l’Italia, il 74% dell’intero campione non sa dove si trovi.
Dalle interviste con gli abitanti dei villaggi è anche emersa una generale preoccupazione per il futuro dei più giovani e del proprio Paese, dal momento in cui le partenze hanno un’incidenza sulla situazione demografica. Quasi il 70% ha dichiarato di aver pensato di emigrare e l’80% conosce uno o più persone che hanno intrapreso il viaggio. È stata individuata una particolare forma di ambivalenza rispetto alla figura del migrante, eroico nella partenza e fallimentare nel caso di un ritorno. In percentuale, il 30,7% dei migranti sono considerati eroi mentre il 33,8% dei falliti.
Sulle difficoltà del viaggio ci sono alte percentuali di individui consapevoli di poter incorrere in reclusione e maltrattamenti, di soffrire la mancanza di cibo e acqua o di contrarre malattie, di incorrere in un naufragio; al contrario le percentuali di consapevolezza sono più basse, globalmente, sulla possibilità di esaurire il denaro, sui possibili respingimenti e su incidenti generici.
Prospettive per il futuro
Alla luce dei risultati emersi sia dalla ricerca che dalla letteratura sul tema le soluzioni possibili, sulle quali si dicono d’accordo anche gli interventi durante la conferenza, potrebbero essere tre:
- La prima è quella nota come “piano Marshall per l’Africa” secondo la quale è necessario che si crei una sinergia mondiale affinchè il continente africano possa svilupparsi. Questo secondo un piano di obiettivi, iniziative e finanziamenti al passo con i tempi.
- La seconda mira al rafforzamento dei governi locali, con un lavoro politico e istituzionale sulla classe dirigente, sull’imprenditoria e pubblica amministrazione.
- Infine, la terza che affonda le radici in una prospettiva socio-antropologica e che mira a far sì che la popolazione inizi ad amare il proprio Paese e a trovare in loco una prospettiva di vita.
Per approfondire la ricerca.
Giada Stallone
(20 luglio 2021)
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