“Wasi” significa “casa”: è in lingua quechua, uno degli idiomi dell’America Latina”, spiega Lucia Funicelli, responsabile di “Wasi – Sportello psicologico per donne migranti”, il progetto dell’Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo, realizzato attraverso la collaborazione tra le sedi di Roma e Milano. Wasi sono quattro lettere scelte con cura che, disposte in un solo anagramma, sono in grado di esprimere il significato dell’iniziativa senza trascurarne le origini.
Wasi: la nascita del progetto
Avviato ufficialmente nel gennaio 2020, Wasi ha una genesi recente. Il primo “test” del progetto risale al 2019, presso la comunità latino americana, grazie ad una collaborazione tra la Chiesa di Santa Maria della Luce a Roma, la Parrocchia di Santo Stefano Maggiore e la Chiesa del Carmine a Milano. Alla base dell’iniziativa c’è l’idea di accogliere; il risultato è la creazione di uno spazio protetto di ascolto e confronto destinato alle donne migranti, in cui poter dare voce ai disagi individuali; l’intento è quello di rispondere ad un bisogno sociale diffuso, sommerso e dichiarato allo stesso tempo: “quando ci contattano, spesso, è “solo per fare una chiacchierata”, racconta la Funicelli, “molte volte è difficile ammettere di avere un bisogno, viene vissuto come una debolezza”. In sostanza, “Wasi è un progetto che si adatta alla richiesta”, conclude Gaia Mormina, referente del progetto a Roma.
Wasi: psicologhe madrelingua in ascolto
Dall’altra parte dello schermo – che sia quello di un telefono, di un tablet o di un computer oppure, ora che è di nuovo possibile, proprio di fronte a qualsiasi donna migrante che voglia fare “solo di una chiacchierata” – ci sono delle psicologhe madrelingua in ascolto. Le lingue coperte vanno dallo spagnolo, al tagalog, dall’ucraino e al russo, al portoghese: l’intento è quello di unire alla competenza professionale la piena capacità di comprensione linguistica e soprattutto culturale. In questo contesto, all’attività di assistenza psicologica e di confronto individuale, si affiancano, ove possibile, i gruppi “AMA”, cioè gruppi di Auto Mutuo Aiuto in cui, partendo da uno spunto di riflessione in materia di disagi psicologici connessi alla migrazione, le partecipanti hanno poi la possibilità di condividere la propria esperienza individuale: “ci siamo accorte che questi incontri, pian piano, sono diventati un appuntamento atteso perché in questa occasione le donne hanno l’opportunità di conoscere le esperienze reciproche e di coltivare dei rapporti interpersonali tra loro”, spiega Orietta Huaman, psicologa che lavora al progetto.
Wasi: incontri informativi, corsi e prospettive future
Il progetto prevede lo svolgimento di incontri informativi online, finalizzati a rendere consapevoli le partecipanti di alcuni dei disagi psicologici spesso connessi alla migrazione, delle loro manifestazioni nonchè dei modi e dei servizi a cui è possibile accedere per affrontarli; ci sono poi corsi per acquisire e valorizzare professionalità e competenze tra cui quello per il conseguimento della patente, il corso di italiano o di inglese, ma anche “corsi che possono nutrire l’anima”, spiega la Fucinelli, come quello di scrittura creativa.
Ad oggi le donne che ricevono assistenza sono circa 250: per il futuro, l’obiettivo è quello di rendere lo sportello di ascolto un servizio continuativo con il coinvolgimento, sempre più ampio, delle famiglie di provenienza e dei leader delle comunità di appartenenza delle donne migranti: due pilastri fondamentali per rendere l’assistenza prestata davvero efficace.
Valeria Frascaro
(14 settembre 2021)
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