Ad Abdulrazak Gurnah è stato assegnato il premio Nobel 2021 per la letteratura. Dei suoi dieci romanzi, in Italia sono stati pubblicati solamente tre libri, tutti editi da Garzanti. “Sulla riva del mare”, edito da Garzanti nel 2002, è il primo libro di Gurnah tradotto in italiano. La traduzione in questo caso è di Alberto Cristofori, mentre per i due libri successivi, la traduzione è opera di Laura Noulian. Abbastanza rapida è stata la pubblicazione in Italia de “Il disertore”, tradotto in italiano un anno dopo la sua uscita, avvenuta nel 2005. Il libro nel quale più si riconoscono le sue qualità di narratore è probabilmente “Paradiso” del 1994, edito da Garzanti nel 2007.
Gli effetti del neo-colonialismo nei libri di Gurnah
Nato nell’isola di Zanzibar (Tanzania) nel 1948, giunge in Inghilterra negli anni ’60, da rifugiato, e lì diventa insegnante e studioso di letteratura post-coloniale. Essendo arrivato in Gran Bretanga da adolescente, utilizza la lingua inglese nei suoi libri (benché la sua lingua madre sia lo swahil). I temi dei suoi romanzi sono incentrati sugli effetti del neo-colonialismo. A partire da “Paradiso”, nel quale si racconta delle vicende di un ragazzo, di nome Yosuf che viene venduto come schiavo dalla famiglia a un ricco mercante. Intorno alla storia personale di Yosuf si snoda quella del colonialismo europeo sul continente africano.
Abdulrazak Gurnah è stato premiato per via della “intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato nel divario tra culture e continenti”, così recita la motivazione dell’Accademia di Svezia.
Le traduzioni dei libri di scrittori non occidentali, insigniti del Nobel, delle case editrici italiane
Sono trascorsi trentacinque anni dall’ultimo premio Nobel alla letteratura assegnato a uno scrittore di colore. Era il 1986 e a ricevere il Nobel fu Wole Soyinka, nigeriano. Anche allora le traduzioni dei libri in italiano del futuro premio Nobel nigeriano fecero la loro comparsa dopo circa 15 anni dalla prima edizione in lingua originale. Il merito va a Jaca Book che nel 1979 pubblica “Gli interpreti” (pubblicato dall’editore Collins nel 1965), e la “Stagione dell’anomia” – datato sempre 1965 – che è dato alle stampe in italiano nel 1981.
Nel 1988 Nagib Mahfuz è invece il primo autore arabo a essere insignito del premio Nobel. “Notti delle mille e un notte”, uno dei racconti più apprezzati dello scrittore egiziano, una sorta di continuazione di una delle novelle più significative della letteratura araba “Le mille e una notte”, è tradotto in italiano solo 23 anni più tardi, ossia nel 2002 da Feltrinelli (la prima uscita in lingua araba risale al 1979). “Il vicolo del mortaio” che è forse il più celebre dei lavori di Mahfuz – la cui prima edizione origianale è datata addirittura 1947 – in Italia è tradotto per la prima volta nel 1989.
Nel 2003 è la volta di John Maxwell Coetzee, di cui Einaudi ha pubblicato svariate opere
Se come ricordato sopra sono passati trentacinque anni dall’ultimo premio Nobel alla letteratura di colore, ne sono trascorsi 18 dall’ultima volta che a ricevere il premio è stato uno scrittore di origine africana. Era il 2003 e si tratta di John Maxwell Coetzee. Anche egli, come Gurnah, ha trattato nei suoi romanzi del post-colonialismo. Ed è stato “in prima fila nel movimento anti-apartheid nella letteratura Afrikaner. La scelta di tradurre “Vergogna” in italiano è stata rapida, la prima edizione originale è del 1999, quella in italiano esce un anno più tardi da Einaudi. Prima che Coetzee ricevesse il premio Nobel. Lo stesso vale per “Aspettando i Barbari”: edizione originale del 1980, uscito in Italia nel 1983.
Mesogea, intervista alla responsabile della promozione e ufficio stampa Anita Magno
Sono due gli ostacoli principali delle case editrici riguardo alla pubblicazioni di libri stranieri. Il primo, spiega Anita Mango, è rappresentato dal costo delle traduzioni. La seconda dalla vendibilità del testo. “L’autore italiano è reperibile e può promuovere il libro. Mentre non possono essere reperibili autori che vivono dall’altra parte del mondo”.
Vi è poi un discorso culturale. Si tratta di “un difetto post-coloniale”, come lo definisce Mango: “pochi editori investono su autori stranieri. Anche se oggi, fortunatamente, sembra esserci maggiore attenzione rispetto al passato”.
Il problema per la traduzioni è rappresentato dal fatto che se non vi sono fino ora finanziamenti, è difficile per le piccole case editrici svolgere un lavoro specifico, effettuare cioè un lavoro di ricerca su uno specifico territorio e su un dato autore straniero.
Per quanto riguarda la scarsa attenzione delle case editrici italiane sui lavori di Abdulrazak Gurnah va anche detto che “nessuno sa quando un autore vince il Nobel. Si tratta di una scommessa, nulla più”spiega Anita Mango. “Mesogea ha investito sul filone tematico dell’Algeria. Si è trattato di un lavoro specifico. Non ha avuto un grande successo. Siamo riusciti a farlo solamente perché c’era una traduttrice francese nella nostra equipe. Altrimenti sarebbe stato impossibile sopportare costi così elevati per un lavoro che poi, sul paino economico, non ti ripaga”.
Per aumentare il numero di traduzioni di libri stranieri, in particolare quelli non occidentali, “si dovrebbero incentivare i finanziamenti, istituire un lavoro più capillare e attento. Le piccole case editrici lo fanno già”.
Vi è poi la tendenza a relegare ai margini le lingue minoritarie, o comunque non occidentali “non vengono finanziati i lavori per le lingue africane o asiatiche. Il solo istituto mediterraneo è il Teda che dà soldi per le traduzioni di libri in lingua turca. L’attenzione è rivolta alle lingue antiche o a quelle occidentali. Le lingua minoritarie come il marocchino o il curdo, ad esempio, non vengono prese in considerazione perché nessuno si può permettere di tradurle.”
Marco Marasà
(13/10/2021)
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