Al 1° gennaio 2021 sono 5 652 080 gli italiani residenti all’estero, cioè il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di residenti in Italia. Una percentuale quasi perfettamente sovrapponibile all’ 8,4% di stranieri residenti in Italia (Istat 2020), come da anni fatto emergere dal Rapporto Italiani nel Mondo a cura di Caritas Migrantes, giunto quest’anno alla XVIesima edizione. Il rapporto permette di guardare alla migrazione italiana all’estero come un fenomeno analizzabile attraverso le stesse categorie di cui si compone la trita narrazione mediatica di un’Italia invasa dai migranti.
Italiani migranti: chi sono?
La presenza di italiani all’estero ha registrato un aumento del 3% rispetto all’anno precedente, continuando ad accrescersi seppur a ritmo più sostenuto anche durante l’anno della pandemia e della chiusura dei confini. Non si tratta soltanto di giovani in cerca di occasioni di formazione e lavoro maggiormente qualificato che vanno a comporre quel fenomeno noto come “fuga di cervelli”, ma anche di persone in cerca di un lavoro anche non altamente qualificato – costruzioni, ristorazione ecc. – e spesso anche a tempo determinato, emblema dell’effetto della crisi socio-economica vissuta dall’Italia a partire dal 2008 e mai risolta, se non addirittura ulteriormente aggravata dall’emergenza Covid. Anche nel corso del 2020 sono stati molti gli italiani che sono diventati migranti economici a tutti gli effetti, dopo aver lasciato il proprio paese scegliendo di risiede all’estero alla ricerca di condizioni di vita migliori e dirigendosi prevalentemente in:
- 🇬🇧 Gran Bretagna (33.293)
- 🇩🇪 Germania (13.990)
- 🇫🇷 Francia (10.562)
- 🇨🇭 Svizzera (8.189)
- 🇧🇷 Brasile (7.077)
Si tratta per lo più di una mobilità composta da giovani uomini: il 42,8% dei 222.260 cittadini italiani iscritti all’AIRE nel corso del 2020 ha tra i 18 e i 34 anni, mentre il 23,1% ha tra i 35 e i 49 anni. Anche in questo caso si tratta di un dato perfettamente in linea con i numeri relativi agli stranieri che scelgono di risiedere nel nostro paese, la cui età media è inferiore di 11,5 anni rispetto a quella degli autoctoni.
Brexit: gli ostacoli burocratici per gli italiani oltremanica
L’andamento della mobilità – o meglio: migrazione – degli italiani all’estero ha seguito di pari passo le varie fasi della pandemia e delle conseguenti aperture e chiusure delle frontiere, facendo registrare una significativa riduzione dei flussi di marzo e aprile 2020 e una lenta ripresa culminata nel mese di ottobre. Un caso particolarmente emblematico è quello della Gran Bretagna che, dopo l’approvazione della Brexit, ha costretto molti cittadini italiani a confrontarsi con una selva di ostacoli burocratici per l’adempimento delle pratiche di ottenimento di quello che è diventato un permesso di soggiorno a tutti gli effetti, proprio come avviene ogni giorno nei numerosi Uffici Immigrazione nelle Questure italiane. Nonostante questo, tuttavia, nel corso di un’inchiesta condotta sugli italiani residenti nel Regno Unito dall’associazione Manifesto di Londra, il 44,4% degli intervistati dichiara di continuare a preferire di vivere in Gran Bretagna considerandola la propria nuova casa a tutti gli effetti. Chi vorrebbe tornare, invece, viene frenato da considerazioni legate al mondo del lavoro, sempre più incerto e meno remunerativo in Italia che oltremanica.
Da dove vengono e dove vanno gli italiani migranti
I circa 5,6 milioni di italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE provengono in proporzione abbastanza uniforme sia dal Nord che dal Sud Italia: se al primo posto troviamo la Sicilia, con oltre 798 000 iscrizioni, a seguire troviamo la Lombardia, con più di 561 000, la Campania con quasi 531 000, il Lazio con quasi 489 000, il Veneto con circa 479 000 e la Calabria con più 430 000.
Questi numeri vanno a nutrire alcune comunità di italiani all’estero particolarmente importanti per consistenza: si passa dalle comunità di antica data in America Latina, con l’Argentina che ospita la più grande comunità italiana all’estero (884 187 iscritti all’AIRE, il 15,6% del totale), ma anche in Europa, in particolare in Germania (801 082, 14,2%) e in Svizzera (639 508, 11,3%). Seguono gli italiani residenti in Brasile (poco più di 500 mila, 8,9%), Francia (circa 444 mila, 7,9%), Regno Unito (oltre 412 mila, 7,3%) e infine Stati Uniti (quasi 290 mila, 5,1%).
Nell’anno della pandemia, tuttavia, gli italiani che hanno spostato la propria residenza all’estero si sono diretti nel 78,7% dei casi nei paesi europei, quasi a trovare un compromesso tra l’esigenza di partire e quella di mantenere i legami con il proprio paese di origine, in un contesto così complesso e ricco di implicazioni – non soltanto lavorative – come quello originato dalla crisi sanitaria.
Silvia Proietti
(25 novembre 2021)
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