È stato pubblicato l’Osservatorio sugli stranieri con i dati INPS relativi al 2020, che aiuta a far luce sull’evoluzione della presenza straniera in Italia a livello numerico, di forza lavoro e di capacità a concorre al piano economico del paese. Nell’anno 2020, secondo i dati INPS, sono 3.760.421 i cittadini stranieri, comunitari e non, presenti nelle banche dati, di cui:
– 3.192.588 (84,9%) sono lavoratori attivi,
– 266.924 (7,1%) pensionati,
– 300.909 (8,0%) percettori di prestazioni a sostegno del reddito.
Il 69,0%, pari a 2.594.210 stranieri, proviene da Paesi extra UE, 298.627 (7,9%) da Paesi UE15 e 867.584 (il 23,1%) da altri Paesi UE.
Dati INPS 2020
I lavoratori Romeni con 711.736 presenze sono i più numerosi, rappresentano il 18,9% di tutti gli stranieri regolarmente presenti in Italia. Seguono nell’ordine:
– i lavoratori albanesi, 351.225, pari al 9,3%,
– i marocchini, 285.534, il 7,6%,
– i cinesi,208.549, il 5,5%,
– gli ucraini, 174.237, il 4,6%
– i filippini, 123.866, il 3,3%.
Le sei nazionalità considerate totalizzano circa la metà della presenza complessiva degli stranieri conosciuti all’INPS (49,3%).
Prevalenza di genere a seconda delle comunità:
Tra i cittadini stranieri prevale il genere maschile (55,5%), soprattutto per Pakistan (95,1%), Bangladesh (94,2%), Egitto (92,8%), Senegal (86,2%), India (82,2%) e Marocco (72,6%). La presenza delle donne prevale invece tra i lavoratori provenienti da Ucraina, Moldova, Perù e Filippine.
Per quanto riguarda l’età, quasi la metà dei non comunitari ha meno di 39 anni (44,9%), contro il 33,9% dei comunitari; il 45,4% ha tra i 40 e i 59 anni (contro il 51,9% dei comunitari) e solo il 9,7% ha più di 60 anni (contro il 14,2% dei comunitari).
Le prospettive italiane
La significativa riduzione della popolazione italiana ha un potenziale effetto distruttivo sull’apparato sociale e socioeconomico. La riduzione demografica si traduce in una diminuzione:
– di potenziali lavoratori,
– di produzione,
– di tasse,
– di consumi,
tutti fattori che concorrono alla determinazione del PIL e delle condizioni di vita di ogni cittadino. Secondo i dati ISTAT attuali, i cittadini italiani sono 59,3 milioni, compresi 6 milioni di stranieri divenuti cittadini o regolari, dieci anni fa erano 60 milioni, proseguendo con questo ritmo, afferma l’istituto statistico, nel 2030 si arriverà a contare 58 milioni di abitanti e in un futuro prossimo (2070) 47 milioni.
Numeri preoccupanti che simboleggiano l’incapacità dell’Italia di far fronte alla consistente tendenza del calo demografico. Mentre la popolazione italiana in età da lavoro (fascia 20-49) diminuisce, i cittadini stranieri della stessa età aumentano sensibilmente (dossier IDOS 2020), un incremento che potrebbe concorrere e alla salvezza sociale ed economica del paese.
Invece anche a causa della pandemia i lavoratori nati all’estero sono stati i più colpiti dalla perdita di posti rispetto ai cittadini italiani, perché spesso soggetti con contratti meno tutelati e di conseguenza più precari.
Inoltre, nel mondo, gli stranieri coprono il 25% del lavoro nel settore dell’ospitalità, uno tra i più colpiti dalla pandemia (dati UE).
Gli stranieri, spesso occupati in nero, come i braccianti, le badanti, i collaboratori domestici, svolgono mestieri necessari al benessere del paese e dei singoli individui, lavori che 1 italiano su 3 rifiuta di svolgere.
I dati INPS non includono tutti questi lavoratori e soprattutto raramente includono i “pensionati” di questi settori che alla pensione non avranno mai accesso.
Ci dovremmo chiedere come farebbe la nostra società e la nostra economia a prosperare senza i lavoratori di origine straniera, una risorsa umana, ma anche demografica ed economica.
Elisa Galli
(16 dicembre 2021)
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