Russofobia: l’impatto della guerra sulla comunità russa in Italia

Russofobia: è questa l’altra faccia della solidarietà al popolo ucraino vittima dell’invasione russa? Dal 24 febbraio, giorno in cui bombardamenti del governo di Mosca sul territorio ucraino hanno segnato l’inizio del conflitto, l’opinione pubblica mondiale ha giustamente condannato con forza quella che nei fatti è stata una gravissima violazione del diritto internazionale e l’avvio di una nuova catena di morti e sofferenze dopo i complessi anni della pandemia.
La condanna dell’invasione russa, tuttavia, prendendo a pretesto la strategia dell’isolamento politico-economico messa in campo dalla comunità internazionale contro il governo di Putin, è sfociata spesso in episodi di intolleranza verso intellettuali, sportivi e figure pubbliche di origine russa.

russofobia
È giusto o sbagliato parlare di russofobia? A partire dal 24 febbraio non sono mancati, in Italia e nel mondo, episodi di indiscriminata proscrizione verso tutto ciò che rimanda al mondo russo come risposta all’invasione dell’Ucraina. Foto Pexel

Russofobia: le tappe del processo

Combattere l’identificazione di un intero popolo con il suo governo, specie se colpevole di azioni particolarmente efferate, è impresa ardua che richiede molti sforzi e anche molto tempo. Lo sa bene il popolo tedesco alle prese con la complessa gestione dell’eredità nazista. Avremmo dovuto saperlo anche noi che abbiamo assistito agli anni dell’islamofobia imperante del post 11 settembre 2001 e al difficile, e ancora per molti versi disatteso, smantellamento dell’equazione musulmano=terrorista. Ciò non è bastato tuttavia ad evitare il verificarsi di episodi di intolleranza verso ciò che nel discorso pubblico internazionale, a vari livelli e sotto vari aspetti, si tinge di russo. Complice in questo caso la cancel culture e l’atteggiamento mentale che ne è alla base, dagli USA negli ultimi anni propagatasi lungo le rotte dei social in tutto il mondo, che crea sempre nuove polarizzazioni e manicheismi all’ordine del giorno. Ripercorriamo alcune tappe:

  • Il 26 febbrio viene annullata la mostra del fotografo russo Aleksander Gronsky che si sarebbe dovuta tenere all’interno del festival Fotografia Europea di Reggio Emilia a causa dello scoppio della guerra.
  • il 1° marzo Paolo Nori, scrittore e docente universitario, legge in diretta Instagram la lettera con cui l’Università Milano Bicocca gli comunica la cancellazione del corso che avrebbe dovuto tenere sullo scrittore russo Fëdor Dostoevskij “per evitare ogni forma di polemica, soprattutto interna, in quanto momento dì forte tensione” (la stessa università ha successivamente tentato un imbarazzante dietro front, proponendo di associare a Dostoevskij un autore ucraino. Giova ricordare che lo scrittore in questione, oltre ad essere uno dei vertici della letteratura mondiale, è morto nel 1881: sarebbe pertanto quantomeno azzardato tacciarlo di filoputinismo. Sembra purtroppo che anche e soprattutto la decenza, non ce ne voglia Ugo Foscolo, fugga i sepolcri).
  • In molti bar americani impazza la moda di ribattezzare e “derussificare” i nomi di celebri cocktail rimandanti al mondo russo: Moscow Mule diventa così Kiev Mule, White Russian e Black Russian rispettivamente White Ukrainian e Black Ukrainian.
  • All’aula Karl Marx dell’Università della Florida, in considerazione della situazione ucraina, viene imposto il cambio di nome (qui l’associazione si fa ancora più macchinosa: Karl Marx, noto filosofo ed economista tedesco e padre del comunismo, diventa bersaglio polemico unicamente perché l’Unione Sovietica, dalla cui dissoluzione sarebbe poi sorta l’attuale Federazione Russa, era basata sull’applicazione dei principi del marxismo-leninismo. Lavoro da professionisti, verrebbe da commentare).

Russi all’estero e comunità russofona in Italia

Ma come vive questo clima la comunità russa all’estero? La russofobia è veramente un fenomeno pervasivo che condiziona la vita dei cittadini russi in Italia?
Più che di comunità russa in Italia parlerei di comunità russofona, che comprende oltre ai russi propriamente detti, per esempio, anche ucraini e bielorussi” spiega Valeriya, storica dell’arte di origine russa, arrivata in Italia nel 2014 per seguire un percorso accademico a Roma, da allora sua città adottiva. “Fino allo scoppio del conflitto c’era una sostanziale omogeneità tra le varie popolazioni appartenenti all’ex Unione Sovietica traferitesi all’estero e, in questo caso specifico, a Roma. Dopo il 24 febbraio, tuttavia, l’unità di questo gruppo si è incrinata a causa degli attriti fra persone appartenenti alle diverse nazionalità. Conosco molti casi di rapporti amichevoli improvvisamente sciolti tra cittadini bielorussi e ucraini. Io personalmente non ho vissuto episodi di intolleranza. Anzi, molti miei conoscenti mi hanno offerto supporto e vicinanza perché temevano le ripercussioni delle sanzioni economiche sulla mia famiglia rimasta in Russia.”

Per Valeriya il sospetto e spesso l’ostilità nutrita verso la Russia in questo momento è un fenomeno, se non giustificabile, quantomeno comprensibile. “Io non parlerei di vera e propria russofobia, ma di una reazione abbastanza prevedibile in questa nostra epoca social alla prepotenza del governo russo. Si tratta di attacchi e talvolta anche aggressioni dettati dall’emozione del momento. Sono le classiche reazioni di pancia che troviamo ogni giorno sui social network, in questo caso anche cavalcate dalla propaganda russa che giunge perfino all’estero. Basti pensare ai tweet dell’Ambasciata Russa in Italia, inserita pienamente in questa partita”.

Un tweet dell’Ambasciata Russa in Italia del 26 marzo 2022

Credo anche che la scelta compiuta da grandi società o catene di negozi di abbandonare il mercato russo sia più che altro un’operazione di immagine e di marketing che il frutto di una vera ostilità nei confronti del popolo russo. Si tratta di una moda come tante, destinata a scemare nel tempo e che spesso fa soltanto il gioco proprio della propaganda russa.”

Rinnovare dall’estero l’immagine della Russia

Di fronte al precipitare degli eventi Valeriya ha deciso di fare la sua parte. “Quando il governo russo ha invaso l’Ucraina ho cercato di attivarmi per quanto fosse possibile e mi sono messa in contatto con uno dei tanti punti di raccolta di donazioni per il popolo ucraino collegati alla chiesa ortodossa di Santa Sofia. Ho iniziato soprattutto ad interrogarmi sul mio essere russa: mi chiedo spesso quanto sia giusto provare vergogna e quanto debba giustificarmi.

Io penso che tutti noi russi che viviamo all’estero siamo chiamati a lavorare per migliorare l’immagine della Russia. Questo compito spetta principalmente a noi proprio perché possiamo valutare gli eventi fuori dai vincoli della censura e della propaganda. Credo infatti che sia abbastanza difficile che si smuova qualcosa all’interno dei confini della Russia, quando anche soltanto partecipare a una protesta pacifista può avere ripercussioni importanti sulla tua vita e sul futuro della tua famiglia.

Io stessa mi rimprovero di aver approfittato poco di questa mia posizione di privilegio di russa all’estero: avrei potuto impegnarmi di più ad informare la mia famiglia su come stanno effettivamente le cose. Ora non possiamo più permetterci di temporeggiare”.

Silvia Proietti
(13 aprile 2022)

Leggi anche: