Aborto, un diritto in bilico dagli USA all’Italia

I diritti acquisiti non sono mai intoccabili e la triste prova è il salto indietro di cinquant’anni che la Corte Suprema americana si appresta a compiere, andando a rigettare la storica sentenza Roe contro Wade, con la quale quarantanove anni fa era stata legalizzata negli Usa la pratica dell’interruzione di gravidanza, affermando che lo Stato “non può intervenire sulle decisioni più intime”. Se convalidata la bozza della sentenza porterebbe alla proibizione dell’aborto a livello federale, passando la decisione in materia ai singoli Stati. Questo, in mancanza di una legge federale, diventerebbe una materia completamente soggetta alle scelte politiche dei singoli stati, per cui negli anni il diritto all’aborto potrebbe cambiare in continuazione da stato a stato in base agli orientamenti dei governi locali, una situazione critica che sta facendo dibattere ampiamente l’opinione pubblica. In questi giorni anche il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, senza collegarsi direttamente a quello che sta accadendo in America, ha lanciato su Twitter un appello a favore del diritto all’aborto: “Limitarne l’accesso non riduce il numero di procedure, ma porta donne e ragazze a ricorrere a procedure pericolose”.

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Il diritto all’aborto in Italia

L’aborto è stato legalizzato in Italia nel 1978, dalla Legge 194 e confermato con referendum nel 1981. Questa legge ha legalizzato il processo fino alla dodicesima settimana di gravidanza, su richiesta della donna e, oltre tale periodo, su consiglio del medico, se la gravidanza fosse pericolosa per la vita della donna. All’inizio era consentito solo il cosiddetto aborto chirurgico. Solo nel 2009, una legislazione aggiuntiva ha consentito l’aborto medico utilizzando due farmaci: il mifepristone e la prostaglandina. Oggi, l’aborto chirurgico rimane il metodo principale nel Paese, rappresentando l’80% dei casi. L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia rientra nei cosiddetti LEA, i livelli essenziali di assistenza: cioè nei servizi e nelle prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a offrire, sempre. Tuttavia, come frutto dell’articolo 9 della citata legge, ove si stabilisce che per il personale sanitario non vige l’obbligo di partecipare agli interventi di interruzione della gravidanza quando, previa dichiarazione, viene fatta obiezione di coscienza per motivi religiosi o personali, si determinata un dato allarmante circa la difficoltà per le donne di accedere al servizio e trovare pertanto una corrispondenza al diritto. Per quanto riguarda l’obiezione di coscienza, i dati aggiornati al 2019 riportano una lieve riduzione della percentuale dei ginecologi obiettori, che nel 2019 erano il 67% del totale, a fronte del 69% nel 2018. Rispetto alla clandestinità abortiva, le stime del Ministero, perché di stime si tratta, parlano di un numero compreso tra i 10mila e i 13mila e di un fenomeno stabile nel tempo soprattutto tra le donne di origine straniera presenti sul territorio nazionale.

Le donne migranti e l’aborto: i dati italiani

Il processo di femminilizzazione delle migrazioni che, sta attraversando da anni anche il nostro paese, caratterizza in maniera prevalente la popolazione straniera residente (51,9% del totale) e per alcune nazionalità in modo ancora più marcato, sfiorando l’80% fra i soggiornanti provenienti dall’Ucraina, dalla Georgia e da diversi Paesi dell’Est Europa, si legge nel dossier Caritas Migrantes. Secondo i dati Istat, aggiornati a maggio 2022, la popolazione straniera residente nella città di Roma è di 521 248 di cui 272 187 femmine e 249 061 maschi. Come conseguenza dell’aumento della popolazione immigrata negli ultimi 20 anni, si è osservato anche un incremento del numero di Interruzioni Volontarie di Gravidanza (IVG) effettuate da donne straniere. Una parte consistente delle donne non è in grado di identificare il periodo fertile, conosce superficialmente i metodi per la procreazione responsabile e li utilizza in modo improprio. L’area delle scelte riproduttive fa registrare una significativa differenza tra donne italiane e straniere in tema di salute e riproduttività. Infatti, nonostante il nostro ordinamento nazionale disponga di un insieme di leggi che tutelano il diritto alle cure sanitarie per le persone, indipendentemente dal loro status giuridico e dal loro status socioeconomico, permangono ancora oggi in Italia diverse barriere che rendono difficoltoso di fatto l’accesso ai servizi socioassistenziali e quindi alla loro fruibilità.

Fonte: Report Ministero della Salute 2019

A partire dal 1979 l’Istituto nazionale di statistica, a seguito dell’entrata in vigore della legge numero 194/78, ha avviato, in accordo con le Regioni ed il Ministero della sanità, la rilevazione dei casi di interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). Sui report aggiornati ai primi dati del 2020 sul sito del Ministero della Sanità si vede come dopo un aumento importante nel tempo, fino al 2018, le IVG tra le donne straniere si sono stabilizzate e negli ultimi anni hanno mostrato una tendenza alla diminuzione. Nel 2019 le IVG effettuate da donne straniere rappresentano il 29,2% di tutte le IVG (valore inferiore al 30,3% rilevato nel 2018). Il tasso di abortività delle donne straniere mostra una tendenza alla diminuzione (14,0 per 1.000 donne nel 2018, ultimo dato disponibile; 14,1 per 1.000 nel 2017; 15,5 nel 2016; 15,7 nel 2015 e 17,2 nel 2014). Le cittadine straniere permangono, comunque, una popolazione a maggior rischio di abortire rispetto alle italiane: per tutte le classi di età le straniere hanno tassi di abortività più elevati delle italiane di 2-3 volte. Al 2019, nel Lazio sono state registrate 7736 interruzioni volontarie di gravidanze tra le donne straniere residenti un dato molto più alto rispetto alle 5217 delle donne con cittadinanza italiana che sono nella totalità molto più numerose.

Maryam e la ricerca della non obiezione

Maryam (nome di fantasia), ha effettuato l’interruzione volontaria di gravidanza presso uno dei pochissimi presidi pubblici di Roma dove si è accolti, a via Garigliano 55 al Sant’Anna. È arrivata grazie ad un’amica che le ha fornito l’indirizzo poiché si era sottoposta anche lei all’intervento e ci era andata tramite il consultorio, la sua amica, racconta Maryam, non parla italiano e al consultorio ha parlato con una mediatrice (Samifo). La decisione di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza Maryam dice essere stata per lei necessaria, ha 25 anni, lavora come collaboratrice fissa in una casa e vede il compagno solamente il sabato e la domenica. Racconta di come a causa del lavoro e della necessità di lavorare in modo così serrato non possono avere una casa e costruire un futuro. Infatti, se avesse deciso di tenere il bambino avrebbe perso il lavoro cosa che non può permettersi perché di bimbo ne ha un altro nel suo paese di origine, la Romania. “Il consultorio mi ha preso appuntamento al Sant’Anna di Roma ed è stata una fortuna. È vero che c’è da aspettare, ma le infermiere della day surgery sono state da subito estremamente gentili e comprensive. La dottoressa che si è occupata di me è stata molto professionale e scrupolosa. Nel frattempo, ho avuto modo di stare con le altre donne che erano lì per assumere l’RU (per l’interruzione farmacologica) e lei è stata molto chiara e professionale anche con loro nello spiegare come funzionasse questa tipologia di IVG e nel fare la prima somministrazione. Io ho optato per l’interruzione chirurgica quindi ho avuto anche il consulto con anestesista. Dopo l’intervento il dolore era simile a quello mestruale, è durato un giorno, ma ho avuto perdite per un paio di settimane. Il luogo è pulitissimo, il personale gentile e disponibile sempre, il reparto è ben organizzato, mi sono sentita a mio agio nonostante il difficile momento. Tutti cercano di dare le migliori informazioni per affrontare la situazione con tranquillità, per quanto più possibile. Insomma, mi sono sentita serena e credo che questo sia importante per qualsiasi paziente che entri in un ospedale.”.

Come accedere al servizio

L’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) è consentita dalla legge 194/78 entro i primi novanta giorni, periodo che viene calcolato dalla data delle ultime mestruazioni. Dal 2009 è possibile abortire anche con metodo farmacologico (RU486): la pillola abortiva, però, può essere somministrata non oltre la settima settimana di gravidanza.

Per ottenere il certificato per l’IVG ci si può recare gratuitamente presso i consultori familiari pubblici, presso un ospedale con servizio IVG, oppure presso un medico a scelta.

Il medico rilascia un certificato, che deve essere firmato anche dalla donna, con l’invito a “soprassedere” per sette giorni. Trascorso questo tempo, ci si può rivolgere a un ospedale pubblico o convenzionato per richiedere l’interruzione di gravidanza. In caso di urgenza, il medico può rilasciare un certificato che permette di rivolgersi all’ospedale senza che siano trascorsi i sette giorni. Può essere il consultorio stesso a prendere appuntamento con l’ospedale ovvero si può procedere in autonomia se i presidi ospedalieri lo prevedono.

Documenti necessari per accedere al servizio

Tutti i documenti devono essere in originale. L’assenza di uno dei documenti non permette di accedere al servizio.

  • Documento di riconoscimento in corso di validità
  • Tesserino d’iscrizione al Servizio Sanitario Regionale
  • Per le donne straniere il codice regionale, STP, ENI (la legge prevede che si possa interrompere la gravidanza anche se non si ha il permesso di soggiorno)

Eventualmente:

  • βhcg sierico
  • in caso di gravidanza iniziale, al fine di velocizzare il percorso RU486 (interruzione farmacologica), si consiglia di portare emocromo
  • Certificazione per IVG

Dove andare per un’interruzione volontaria della gravidanza

Sant’Anna – via Garigliano 55
Modalità di accesso: tramite prenotazione da parte del Consultorio, o anche direttamente previa prenotazione.
Tel. 06 7730.2662 dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 14.00.
Si eseguono:

  • IVG farmacologiche e trattamento farmacologico dell’aborto spontaneo in ricovero di Day Hospital entro la 9a settimana di amenorrea;
  • IVG farmacologiche e trattamento farmacologico dell’aborto spontaneo in regime ambulatoriale entro la 7a settimana di amenorrea;
  • IVG chirurgica e trattamento chirurgico dell’aborto spontaneo in regime di Day Hospital entro la 14a settimana di amenorrea.

Ospedale San Filippo Neri – via Giovanni Martinotti, 20, Padiglione A, primo piano
Modalità di accesso: tramite prenotazione da parte del Consultorio, o anche direttamente previa prenotazione telefonica.
Tel. 06 3306.2424 dal lunedì al venerdì dalle ore 8.00 alle ore 14.00.
Si eseguono:

  • IVG farmacologiche e trattamento farmacologico dell’aborto spontaneo in ricovero di Day Hospital entro la 9a settimana di amenorrea;
  • IVG farmacologiche e trattamento farmacologico dell’aborto spontaneo in regime ambulatoriale entro la 7a settimana di amenorrea;
  • IVG chirurgica e trattamento chirurgico dell’aborto spontaneo in regime di Day Hospital entro la 14a settimana di amenorrea;
  • IVG farmacologica oltre la 14a settimana di amenorrea (cosiddetti “aborti terapeutici”)

San Camillo-Forlanini – Circonvallazione Gianicolense, 87, Padiglione Sala -1
Tel. 06 58704474 dal lunedì al venerdì dalle ore 8.00 alle ore 14.00.
Modalità di accesso: tramite prenotazione da parte del Consultorio, o anche direttamente previa prenotazione.
Si eseguono:

  • IVG farmacologiche e trattamento farmacologico dell’aborto interno in regime di Day Hospital entro la 12a settimana di amenorrea;
  • IVG farmacologiche e trattamento farmacologico dell’aborto spontaneo in regime ambulatoriale entro la 7a settimana di amenorrea;
  • IVG chirurgica e trattamento chirurgico dell’aborto spontaneo in regime di Day Hospital entro la 12a settimana di amenorrea;
  • IVG farmacologica oltre la 14a settimana di amenorrea (cosiddetti “aborti terapeutici”)

Elisa Galli
(12 maggio 2022)

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