Il Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso 2023-2025, pubblicato il 22 dicembre scorso in Gazzetta Ufficiale, è stato predisposto per contrastare trasversalmente il fenomeno del lavoro sommerso nei vari settori economici interessati.
Redatto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con il Commissario Straordinario di ANPAL, rappresentanti del Ministero dell’Interno e di associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, enti di ricerca e altre Istituzioni, rappresenta il raggiungimento di uno degli obiettivi previsti nella Missione 5, “Inclusione e coesione”, del PNRR.
Il lavoro sommerso: caratteristiche e tendenze
Tre sono i pilastri su cui poggia il nuovo Piano nazionale:
- la trasversalità delle azioni, con cui dare una risposta comune alle istanze emerse per singoli settori lavorativi – come nel caso del “Piano Caporalato” 2020-2022;
- la realizzazione di misure dirette (implementazione dell’attività dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro) e indirette (modifiche legislative, per esempio, al Testo Unico Immigrazione per affrontare le connessioni tra fenomeno migratorio e irregolarità occupazionale) al fine di trasformare il lavoro sommerso in lavoro regolare;
- l’ampliamento della banca dati relativa al fenomeno del lavoro sommerso in Italia derivante da una pluralità di fonti (ISTAT, INPS, INAIL, MLPS), implementando le funzionalità del già attivo Portale Nazionale Lavoro Sommerso (PNS).
Nel caso di alcuni settori particolarmente esposti al fenomeno del lavoro sommerso, come il lavoro domestico che ha un tasso di irregolarità del 53,2%, il Piano nazionale prevede una linea d’azione specifica, con misure volte a ridurre l’informalità delle prestazioni lavorative e capaci di rendere economicamente attrattiva la stipula di contratti regolarmente registrati.
Essendo un fenomeno sfuggente a tempestive rilevazioni statistiche e che raccoglie in sé una quantità molto ampia di casistiche – dal lavoro grigio fino al lavoro nero e al caporalato –, sul lavoro sommerso sono a disposizione dati ricavabili da diverse fonti che vanno costantemente integrati per costruire un quadro quanto più possibile esaustivo.
I dati ISTAT sull’occupazione pubblicati annualmente consentono di ricavare il tasso di irregolarità, cioè la stima dei lavoratori irregolari per i settori più interessati dal fenomeno – agricoltura, industria, costruzioni e servizi – e per il totale dell’economia.
Quattro sono le fasi che si possono individuare dalla lettura del grafico:
- la prima fase (1995-2003) ha un andamento discendente grazie soprattutto al brusco calo dal 2001 al 2003, dovuto alla sanatoria degli immigrati irregolari e a conferma dell’incidenza della componente straniera sul lavoro sommerso;
- nella seconda fase (2003-2011) il tasso di irregolarità è stabile intorno al 12,3-12,4%;
- nella terza fase (2012-2015), negli anni della crisi dei “Debiti Sovrani”, il tasso riprende a salire fino a raggiungere un massimo del 13,5%.
- nella quarta fase (2015-2020) il tasso scende nuovamente al 12% del 2019 con un’ulteriore riduzione nel 2020, ultimo dato disponibile, anche per effetto delle misure di contenimento per la pandemia che in buona parte dell’anno hanno consentito solo a chi aveva un lavoro regolare di recarsi al lavoro.
Un fenomeno niente affatto uniforme
Il fenomeno del lavoro sommerso non è uniforme su tutto il territorio italiano. Se è vero che i lavoratori irregolari sono in genere poco istruiti, giovani, donne e immigrati extra-UE, la loro distribuzione geografica varia dal 10% dell’Italia settentrionale al picco superiore al 20% registrato in Calabria.
Il tasso di irregolarità, che si attesta al 12% sul totale dei lavoratori, non colpisce in maniera uniforme tutti i settori lavorativi: l’ambito dei lavori domestici è quello che registra senza dubbio il valore più alto, 53,2%, seguito da agricoltura, 24,4%, alloggio e ristorazione, 15,3%, e costruzioni, 14,8%.
L’irregolarità nel settore dei lavori domestici
Sono 781 900 circa i lavoratori irregolari nel settore domestico, di cui circa il 90% sono donne e circa il 70% stranieri, sia regolari che irregolari. Si tratta di cifre che evidenziano in tutta evidenza l’ampiezza del fenomeno, su cui scarsa efficacia hanno avuto le Regolarizzazioni del 2020 (D.L. n. 34/2020), esplicitamente destinate anche ai lavoratori domestici stranieri.
Per affrontare l’irregolarità nel lavoro domestico, data la peculiarità di questa occupazione che si svolge principalmente in abitazioni private e la natura del rapporto che si viene ad instaurare con gli stessi datori di lavoro, le normali attività ispettive risultano poco efficaci.
La linea d’azione elaborata nel Piano nazionale per fronteggiare questo specifico fenomeno prevede:
- lo sviluppo di un portale online INPS dedicato alla registrazione e alla gestione dei rapporti di lavoro domestico, per ridurre l’informalità nella fase di incontro tra domanda e offerta di lavoro;
- misure volte a favorire un utilizzo più mirato dell’indennità di accompagnamento, che attualmente viene erogata al beneficiario senza alcun vincolo di utilizzo;
- l’introduzione di un bonus, parametrato all’ISEE familiare, volto a coprire parte del costo complessivo del lavoro sostenuto per i lavoratori domestici (l’attuale sistema fiscale, invece, consente la deduzione fiscale dei soli contributi sociali pagati a colf e badanti fino a un massimo di 1.549,36 l’anno);
- il ripristino, limitatamente a datori di lavoro che siano cittadini privati e famiglie, dell’utilizzo dei voucher o buoni lavoro.
Non bisogna tuttavia dimenticare che in Italia è proprio l’insufficiente erogazione di servizi relativi a prestazioni sociali e assistenziali alle famiglie ad alimentare il ricorso al lavoro sommerso in questo settore. Per questo motivo è chiaro che il Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso 2023-2025 può trovare concreta attuazione soltanto all’interno di un quadro coerente di politica sociale promosso dal Governo.
Silvia Proietti
(10 gennaio 2023)
Leggi anche: