Crediamo davvero che tutte le vite umane abbiano pari valore e dignità? O l’apatia morale ci ha resi più indifferenti ed egoisti?
Nei giorni scorsi due eventi hanno fatto entrare in confusione la ragione.
Da una parte, la Giornata della Memoria, accompagnata dalla “amarezza” della sen. Liliana Segre per lo scolorire della memoria e da quel “mai più” detto dal Presidente Mattarella che, riportato all’oggi, significa non permettere “il tacito consenso” a forme di razzismo e discriminazione, che si nutrono di indifferenza, ignoranza e apatia morale.
Dall’altra, l’incontro a Stoccolma il 26 gennaio dei ministri della Giustizia e degli Interni della UE, in preparazione del Consiglio Europeo che si terrà a febbraio; tra i temi trattati, l’immigrazione. Questo l’orientamento emerso: intensificare con altri fondi i rimpatri e rafforzare le frontiere anche erigendo muri e aumentando i “supporti” a Libia, Tunisia e Egitto. La solidarietà è stata evocata solo nel richiamo della von der Leyen alla equa redistribuzione dei migranti tra i Paesi membri. In funzione dei rimpatri il ministro Piantedosi ha proposto “un terzo modello”: “operazioni di ritorno” accompagnate da “progettualità di reintegrazione”.
I due eventi vanno in direzioni opposte. Il primo, la commemorazione della Shoah (che significa catastrofe) si appella a istituzioni e a ogni essere umano affinché tengano vivi i principi della Costituzione e contrastino indifferenza e apatia morale di fronte a manifestazioni di violenza e discriminazione; è quindi una sollecitazione alle coscienze e al senso di responsabilità. Il secondo, l’incontro informale dei ministri europei, rivela la volontà di non affrontare seriamente il fenomeno immigrazione, legittimando la resa di fronte alla complessità del mondo globale.
Apatia morale e inadeguatezza della politica
‘Abbiamo altro a cui pensare’: questo sembra il leit motiv dei ministri europei; ci limitiamo a fronteggiare l’emergenza dei troppi migranti che arrivano, tenendone fuori il più possibile. Certo, il Diritto internazionale ci obbliga a soccorrere in mare e accogliere i profughi con documentazioni adeguate, ma gli altri li riportiamo a casa loro. La formula del “terzo modello” di Piantedosi odora di ipocrisia: perché il nostro e gli altri ministri europei non spostano la loro attenzione e creatività sulle cause dell’emigrazione (fame, guerre, ambiente), sforzandosi di individuare un percorso di “progettualità” e misure adeguate? La cooperazione non è a questo che dovrebbe servire: investire nei Paesi poveri? Perché non andare a vedere cos’è che non funziona in quell’ambito? Tutti compiti complessi e impegnativi. Fa riflettere, inoltre, che l’unico tema su cui il nostro Governo non ha avuto ripensamenti e fatto marce indietro è l’immigrazione.
Più cultura e conoscenza contro l’inerzia
Le migrazioni sono indubbiamente un fenomeno complesso, proprio come il nostro mondo globale, e l’Europa, Paese più Paese meno, non sembra voler andare nella direzione di governarlo. Perché? I nostri strumenti culturali hanno prodotto in questi anni analisi e proposte (V. per esempio Allievi, Immigrazione, cambiare tutto, 2018), ma la politica non è stata in grado di utilizzare questi contributi.
Sta di fatto comunque che, pur ricorrendo alla violenza, questa non fermerà gli uomini che fuggono dalla disperazione. “Vedi, la migrazione è come l’acqua. Blocchi un punto e comincerà a sgocciolare da un’altra parte” – è l’affermazione di un siriano bloccato nel terribile game lungo la rotta balcanica, raccolta insieme ad altre testimonianze nel reportage di Albinati e D’Aloja Vite in sospeso. Migranti e rifugiati alle frontiere d’Europa, 2022.
Luciana Scarcia
(29 gennaio 2023)
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