Per analizzare il livello di integrazione nel mercato del lavoro di stranieri e di cittadini italiani per acquisizione l’Istat ha condotto una ricerca contenuta nella Rivelazione sulle forze di lavoro per l’anno 2021. Pubblicata il 3 febbraio 2023, l’indagine è stata effettuata su un campione di persone con età compressa tra i 15 e i 74 anni. A venire alla luce non solo il tasso di occupazione ma anche il grado di istruzione e l’adeguatezza del lavoro svolto rispetto alle competenze.
Stranieri e naturalizzati in Italia: lavoro motivo migrazione
Nel 2021 gli stranieri residenti Italia erano 3 milioni 961 mila:
- circa un quarto di cittadinanza romena;
- quasi un decimo (9,1%) albanese;
- l’8,8% con cittadinanza marocchina;
- il 4,9% ucraina;
- il 4,0% cinese;
- il 3,7% indiana;
- il 3,7% filippina;
- il 3,3% moldava;
- il 2,8% bangladese;
- il 2,3% quella peruviana.
I naturalizzati tra i 15 e i 74 anni, sempre nell’anno 2021, risultavano circa 1 milione di cui la metà proveniente da sei paesi Europei: Albania, Romania, Ucraina, Moldavia, Polonia, Russia; tre paesi sud americani: Brasile, Ecuador, Argentina; un paese africano il Marocco.
Forte la presenza delle donne (58,5%).
La maggior parte dei cittadini stranieri (il 56,3%) risulta essere migrata in Italia per motivi di lavoro e un ulteriore 40,3% per motivi familiari; tra i naturalizzati, invece, prevalgono i motivi familiari (55,3%). In entrambe le categorie il lavoro è la ragione della migrazione più ricorrente tra gli uomini (51,3% tra i naturalizzati e 71,1% tra gli stranieri), mentre i motivi familiari sono dominanti per le donne (64,6% e 53,4% rispettivamente). Evidenti, poi, le differenze per cittadinanza: i motivi di lavoro sono indicati dall’80% circa degli uomini bangladesi e indiani – le stesse cittadinanze che registrano le quote più basse tra le donne (12,3% e 9,1% rispettivamente) – mentre sono più diffusi, anche rispetto agli uomini, tra le donne di cittadinanza ucraina (74,5%) e filippina (66,9%).
Inserimento nel mondo lavorativo
Poiché il lavoro costituisce la ragione predominante del movimento migratorio per gli stranieri, la presenza di questi ultimi nel mondo lavorativo è molto alta. Solo a seguito della crisi generata dall’emergenza sanitaria Covid del 2020, il tasso di occupazione tra gli stranieri è stato inferiore a quello degli italiani, soprattutto a causa della diminuzione dell’occupazione femminile, maggiormente presente nei settori del terziario fortemente colpiti dalle restrizioni imposte. Tra i naturalizzati invece, che più spesso degli stranieri sono arrivati in Italia per motivazioni familiari, si rilevano un più basso tasso di occupazione e un più elevato tasso di inattività, dovuti soprattutto alla componente femminile. Per gli uomini i livelli e la dinamica dell’occupazione e dell’inattività sono invece più simili a quelli degli autoctoni che a quelli dei cittadini stranieri. Le differenze tra i diversi gruppi nazionali – rispetto all’età, al genere e al motivo della migrazione – si riflettono nei diversi livelli di partecipazione al mercato del lavoro: tassi di occupazione superiori al 60% e tassi di disoccupazione inferiori al 10% si osservano tra le cittadinanze filippina, peruviana, moldava, cinese e romena con modeste differenze tra uomini e donne; di contro forti divari di genere si riscontrano tra indiani e bangladesi, dove a tassi di occupazione molto elevati per la componente maschile si associano tassi altrettanto elevati di inattività per le donne.
Istruzione
Per quanto riguardo l’istruzione, gli stranieri sono mediamente meno istruiti dei naturalizzati. Sia per gli stranieri che per i naturalizzati le donne sono più istruite degli uomini, ma la differenza è particolarmente evidente tra gli stranieri: i maschi sono laureati nel 6,9% dei casi, contro il 12,8% delle donne straniere. Inoltre, per i titoli di studio conseguiti all’estero solo raramente viene richiesto e ottenuto il riconoscimento in Italia: in altre parole, l’inserimento degli stranieri nel mercato del lavoro molto spesso non passa per il titolo di studio conseguito. Oltre il 70% di chi ha conseguito il titolo all’estero non ritiene necessario procedere al riconoscimento (il 71,7% tra gli stranieri e il 65,4% tra i naturalizzati) l’elevato costo o la complessità della procedura sono le motivazioni addotte dal 30,4% dei laureati che non ha fatto richiesta di riconoscimento.
Adeguatezza del lavoro in relazione alle competenze
La quota di quanti ritengono di svolgere un lavoro poco qualificato rispetto alle proprie competenze tra gli occupati stranieri è quasi doppia rispetto agli italiani dalla nascita (19,2% contro 9,8%); i naturalizzati si posizionano nel mezzo, con un valore inferiore a quello degli stranieri ma più alto rispetto agli autoctoni. La differenza tra i gruppi è ancora più accentuata per le donne e per i laureati. Inoltre, al crescere dell’età aumenta la percezione di svolgere un lavoro poco qualificato. La condizione di svantaggio degli stranieri e dei naturalizzati riflette la segmentazione del mercato del lavoro italiano con una prevalenza di tali gruppi nei settori e nelle professioni dove è più presente il lavoro non qualificato. Gli stranieri e i naturalizzati, infatti, sono più spesso occupati nei settori a bassa qualificazione, in particolare quello dei servizi alle famiglie (rispettivamente il 18,5% e 6,5% contro l’1% degli italiani dalla nascita), dove circa un terzo degli occupati ritiene di svolgere un lavoro non adeguato alle proprie competenze. Viceversa solo il 7,9% degli stranieri svolge una professione qualificata, rispetto al 21,1% dei naturalizzati. Possedere un titolo di studio elevato, indipendentemente dal suo riconoscimento, non migliora l’allocazione degli stranieri nella struttura occupazionale: tra gli occupati stranieri laureati soltanto il 38,4% svolge una professione qualificata (contro il 61,5% dei naturalizzati). Tra le principali cittadinanze, la quota di occupati che ritengono di avere un impiego poco qualificato rispetto al proprio titolo di studio e competenze raggiunge i valori più elevati per quella ucraina (39,6%), moldava (26,3%), filippina (22,2%) e romena (22,2%); di contro, la collettività cinese è quella con la maggiore corrispondenza tra lavoro svolto e conoscenze professionali (solo il 5,2% ritiene di avere un impiego poco qualificato), anche in ragione dei più bassi livelli di istruzione e dell’elevata concentrazione nel lavoro autonomo. Va tuttavia sottolineato che ben il 31,1% degli stranieri non ha mai cercato un lavoro adeguato, quota che sale al 35,1% tra le donne e al 40,2 tra i diplomati. Per gli stranieri le difficoltà riscontrate nell’ottenere un lavoro adeguato sono rappresentate dalla scarsa conoscenza della lingua italiana (24,5%), in particolare tra gli uomini (28,3%), gli over50 e coloro con basso titolo di studio. Circa il 15% individua nella discriminazione per l’origine straniera la principale difficoltà, segnalata soprattutto da filippini, peruviani e indiani. I 15-34enni dichiarano più frequentemente difficoltà legate alla mancanza di requisiti formali (ad es. la cittadinanza italiana), che si aggiungono alla percezione di una generale mancanza di opportunità lavorative adeguate per i giovani.
Cleofe Nisi
(21 febbraio 2023)
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