Giovani e precarietà. I dati del rapporto Istat 2023

«Il 47,7% dei 18-34enni mostra segni di deprivazione individuale o collettiva»: questa è la situazione secondo il rapporto annuale presentato dall’Istituto italiano di statistica per il 2022.Una percentuale che corrisponde a un numero complessivo di 4milioni e 870mila italiani sotto i 34 anni di età. In Italia un giovane su due è in difficoltà per fattori che dipendono da salari bassi e un tasso di disoccupazione giovanile trai più alti in Unione europea.

Istat usa il concetto di “deprivazione” per comprendere tutti i fattori che negli ultimi vent’anni circa, soprattutto con la crisi del 2008, hanno portato al «mancato raggiungimento di una pluralità di fattori che agiscono nella determinazione del benessere»: scuola e mondo del lavoro, coesione sociale, salute, benessere soggettivo e territorio.

Ma le difficoltà dei giovani italiani nascono proprio dall’istruzione e dall’andamento del mercato del lavoro. Eppure, al momento la politica non sembra avere soluzioni per rimuovere gli ostacoli al benessere delle fasce più giovani della popolazione. Ostacoli che ancora troppo spesso dipendono da «diseguaglianze strutturali» che secondo il rapporto Istat «continuano a rappresentare un elemento determinante e discriminante nelle opportunità che definiscono il destino sociale delle persone».

Fattori che chi è al vertice del sistema continua a ignorare: nello stesso rapporto Istat si legge che l’Italia destina solo il 3,8% della spesa per la protezione sociale all’erogazione di prestazioni per famiglie e minori. Una percentuale esigua se si considera che il 46,6% della stessa è destinato ai bisogni delle fasce più anziane. Spesa, quest’ultima, che col tempo sembra poi destinata ad aumentare visto l’inverno demografico che il Paese si ritrova ad affrontare.

L’Istat fotografa una drammatica crisi del mercato del lavoro che continua anche ora che l’Italia si è lasciata la pandemia di Covid-19 alle spalle. Un «invecchiamento della forza lavoro» che al momento registra un’età media degli occupati intorno ai 44 anni tra nord e sud Italia.

Nell’arco di quasi vent’anni, ossia tra il 2004 e il 2022, la quota degli occupati nella fascia di età considerata dal rapporto annuale Istat, quella tra i 15 e i 34 anni, è calata addirittura dell’11%. Negli ultimi tre anni questo calo è andato peggiorando soprattutto per la crisi pandemica e la difficile ripresa dell’economia del lavoro.

Il rapporto annuale Istat rileva anche quali sarebbero i principali fattori che hanno fatto sì che in questi anni l’Italia registrasse un tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti in Europa. Se da un lato, infatti, i percorsi di studio si sono allungati, è anche vero che nel Paese mancano i giusti canali di accesso tra università e mondo del lavoro. Ma soprattutto, il mercato del lavoro italiano presenta «maggiori difficoltà di inserimento e di permanenza nel mercato del lavoro dei più giovani». Sale infatti la percentuale dei cosiddetti “Neet”, ovvero degli under 30 che non studiano e non lavorano.

Da un lato, quindi, la disoccupazione e l’aumento del costo del denaro; dall’altro, invece, il calo demografico e di conseguenza una minore spesa per le prestazioni sociali ai più giovani. E nel frattempo i giovani continuano a non trovare il giusto accesso al mondo del lavoro e quando lo fanno spesso sono sottopagati. Già ora una prima soluzione potrebbe essere anche l’investimento per l’accoglienza di migranti e per l’integrazione, fattore che invertirebbe le tendenze demografiche e rinnoverebbe il mondo del lavoro. Ma di questo ancora nessuno parla.

Carlo Comensoli
(10 agosto 2023)

 

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