Ancora sul Memorandum Italia-Albania: le voci contrarie

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, nei giorni scorsi, un disegno di legge che ha lo scopo di ratificare il Protocollo d’intesa  per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria tra i governi di Italia e Albania, firmato da Giorgia Meloni ed Edi Rama lo scorso 6 novembre.
L’obiettivo di questo protocollo d’intesa, com’è ormai noto, prevede che in Albania vengano costruiti, a spese dell’Italia, due centri per trattenere fino a 3mila persone, provenienti dai Paesi cosiddetti “sicuri” e non rientranti nelle categorie dei migranti vulnerabili.
Dopo il via libera del Cdm la parola passerà al Parlamento, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nei giorni scorsi era intervenuto alla Camera per assicurare che il testo, firmato, sarebbe passato per il vaglio parlamentare, a differenza di quanto era apparso in un primo momento.

Memorandum Italia-Albania: i punti salienti del disegno di legge


Nel comunicato finale, rilasciato a fine seduta, sono state anticipate le disposizioni del disegno di legge:
• equiparazione delle aree previste dal Protocollo alle zone di frontiera o di transito (previste dal decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25) nelle quali si prevede l’espletamento delle procedure accelerate in frontiera. Tali aree sono assimilate rispettivamente agli hotspot e ai centri di permanenza per il rimpatrio di cui al Testo unico sull’immigrazione.
Nelle aree albanesi potranno essere condotti esclusivamente i migranti imbarcati su mezzi delle autorità italiane all’esterno del mare territoriale italiano o di altri Stati membri dell’Unione Europea. Nei confronti di tali migranti è sancita l’applicazione della disciplina italiana (e, quindi, europea) in materia di immigrazione. E’ stata inoltre individuata la competenza del Tribunale di Roma in merito ai contenziosi che si determineranno durante le procedure di asilo. Chi commette un reato all’interno delle strutture sarà giudicato secondo la legge italiana, a meno che non sia un reato ai danni di un cittadino dell’Albania o dello Stato albanese.
solo in casi eccezionali sarà possibile trasferire il migrante dalle strutture albanesi a strutture corrispondenti situate nel territorio italiano, su disposizione del responsabile italiano del centro.
•Nei confronti dei migranti presenti nelle strutture del Protocollo è garantito il rispetto di tutti i diritti previsti dalla disciplina generale (italiana ed europea) in materia.
•Per garantire l’immediata instaurazione del rapporto di difesa e assistenza tecnica, sono disciplinate le modalità con cui il migrante può rilasciare a distanza la procura speciale al difensore.
•Il gestore della struttura situata in territorio albanese ha la responsabilità di adottare tutte le misure necessarie a garantire il tempestivo e pieno esercizio del diritto di difesa del migrante, anche assicurando a quest’ultimo il diritto di conferire riservatamente con il suo difensore con modalità audiovisive. Lo scambio di documenti avverrà via pec ( posta elettronica certificata)  È anche previsto che il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale svolga le proprie funzioni nelle aree situate in territorio albanese.
All’interno si applicherà la giurisdizione italiana: le autorità di riferimento saranno Prefettura e Questura di Roma. Si prevedono 5 nuove apposite Sezioni della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Tribunale e Giudice di pace di Roma saranno competenti sui ricorsi dei migranti trattenuti e in caso di delitti interviene la magistratura romana senza necessità di rogatoria, con udienze a distanza e strutture ad hoc per l’eventuale custodia cautelare. E’ previsto che il migrante resti in Albania, anche se sottoposto a custodia cautelare in carcere.

Memorandum Italia-Albania: la risposta delTavolo Asilo e Immigrazione


Mentre si attende il testo definitivo del disegno di legge, crescono i dubbi sul provvedimenti e le voci che si oppongono al Memorandum.
Le associazioni e gli enti del TAI (Tavolo Asilo e Immigrazione), hanno presentato, nei giorni scorsi, un documento con il quale chiedono la revoca immediata dell’accordo tra il governo italiano e quello albanese. Il Tavolo Asilo, con i tanti soggetti operanti nel Terzo Settore che si occupano di immigrati, ha voluto  non solo rappresentare le criticità contenute nell’intesa, ma anche condannare i tentativi del governo, incurante delle normative europee e nazionali che tutelano i diritti umani, di esternalizzare la procedura di accoglienza dei migranti.
Nel documento si premette che questo piano di esternalizzazione non ha alcuna ragione di essere proposto in quanto i numeri del flusso delle migrazioni forzate sono stabili da diversi anni e non sono considerati “emergenza” per l’Italia, che nel 2022 era al 17-esimo posto tra i 27 Paesi UE per richiedenti asilo in proporzione al numero di abitanti (fonte Eurostat).
L’accordo, secondo il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury, è in contrasto con la direttiva 32 del 2013. “La norma stabilisce che l’esame deve essere effettuato all’interno dello Stato membro.” Analogamente Filippo Miraglia, Arci Immigrazione e Tavolo asilo e immigrazione, denuncia: «Le Convenzioni Internazionali e le Direttive Europee sono leggi di rango superiore e anche il governo Meloni deve rispettarle»
Si elencano poi quelli che il Tavolo ritiene i principali profili di illegittimità, tra i quali sembrano particolarmente degni di nota:
1. l’applicazione extraterritoriale di norme UE non è consentita dal diritto europeo. In Albania, Paese attualmente non facente parte dell’Unione Europea, non può trovare applicazione il diritto dell’Unione Europea, come valutato preliminarmente dalla stessa Commissione europea.
2. Nel testo del Protocollo non c’è menzione né dell’esclusione delle persone minori e vulnerabili dal trasferimento in Albania, né delle procedure per il corretto accertamento dell’età e la tempestiva individuazione e presa in carico delle vulnerabilità prima dell’arrivo o all’interno dei centri. Preme ricordare che il personale delle navi non può operare valutazioni allo scopo di autorizzare sbarchi selettivi.
3. alle persone condotte nei centri sarebbe impedito di uscire (art. 6.5 del protocollo), subendo di fatto un regime di detenzione automatica e prolungata, senza una chiara base legale.
4. è evidente che non è garantito il diritto di difesa stante l’impossibilità per le persone trattenute di beneficiare dell’assistenza di un legale, se non a distanza.
5. Non si comprende come si potrà determinare la competenza del giudice che dovrà convalidare il trattenimento, né come sarà possibile per i trattenuti, in caso di diniego di una domanda di protezione internazionale, presentare tempestivamente ricorso.
6. Non è inoltre chiaro cosa succederà ai richiedenti asilo che non ottengano risposta entro i 28 giorni previsti dalla procedura accelerata.
7. L’attività di monitoraggio e verifica delle attività interne da parte di enti indipendenti, ma anche di parlamentari e di altri soggetti qualificati, sarà naturalmente più complessa .
8. Non è chiaro l’impegno di spesa da parte dello Governo Italiano, che pure si preannuncia ingente. È evidente come la gestione e la messa in opera di un centro che dovrà essere interamente realizzato su suolo albanese avrà costi molto superiori a quelli che servirebbero per sostenere uno stesso ampliamento del sistema d’accoglienza in Italia.

“In conclusione – riporta il documento – “l’accordo Italia-Albania, così come delineato, si pone in contrasto con la normativa nazionale, internazionale ed europea, e comporta il rischio di gravi violazioni dei diritti umani. Le persone soccorse dalle autorità italiane sono sotto la giurisdizione italiana già quando sono fatte salire sulla nave italiana e non possono essere trasferite in un altro Stato prima che la loro richiesta d’asilo e le situazioni individuali siano esaminate. L’accordo getta le basi per la violazione del principio di non respingimento e per l’attuazione di pratiche di detenzione illegittima. Per questo, ne chiediamo la revoca immediata, sollecitando il governo italiano a rispettare i propri obblighi di diritto internazionale in materia di non respingimento e di garanzia del diritto d’asilo.”


Il Memorandum Italia-Albania: le voci degli esperti


Analogamente, diversi osservatori ed esperti del fenomeno migratorio sostengono che il memorandum potrebbe violare il diritto di asilo e di difesa: gli Stati dell’Unione europea non possono gestire le procedure di identificazione, asilo, e rimpatrio al di fuori dell’Unione europea ma, se anche fosse possibile, le norme prevedono una serie di garanzie, il cui pieno rispetto è difficile da immaginare oltre confine.
Come è stato fatto notare dal Consiglio Europeo per i rifugiati e gli Esiliati, Ecre, “Sempre più dubbi sulla legalità dell’accordo Italia-Albania sulla migrazione” rimane centrale il fatto che il soccorso in mare comprende il trasporto e lo sbarco nel luogo più vicino e sicuro. Al momento non è chiaro se l’Albania possa essere considerata un luogo sicuro, ad esempio per la tratta di esseri umani e nemmeno se il trasporto di persone soccorse in mare per trattenerle in luoghi di detenzione, possa essere considerato in linea con il diritto.
Tuttavia, la valutazione preliminare dei servizi giuridici della Commissione Europea è che l’accordo tra Italia e Albania per la gestione dei flussi migratori non violerebbe il diritto della Ue in quanto ne è al di fuori, mentre la commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, mette in evidenza che il protocollo d’intesa tra Italia e Albania solleva una serie di importanti interrogativi sull’impatto di soluzioni rapide a sfide complesse e sui rischi dell’esternalizzazione delle procedure d’asilo.
Secondo Fulvio Vassallo Paleologo, di Adif, Associazione Diritti e Frontiere, componente anche della campagna LasciateCientrare,  “L’accordo Italia-Albania: un altro patto illegale, un altro tassello della propaganda del governo” il Memorandum sottoscritto dal governo è un progetto impraticabile e privo di basi legali per i tempi previsti per le procedure nei centri di detenzione e anche per la mancanza di accordi di riammissione tra l’Albania e molti paesi di origine dei naufraghi che, dopo essere soccorsi in mare, dovranno affrontare, in stato di detenzione, procedure ”accelerate” per il riconoscimento di uno status di protezione, ed una possibile deportazione, senza potere fare valere i diritti di difesa e le garanzie della libertà personale previsti dalla Costituzione italiana e dalle norme sovranazionali dettate dalle Nazioni Unite. Per Fulvio Vassallo Paleologo inoltre, il governo italiano non può creare una evidente disparità di trattamento tra persone soccorse nel Mediterraneo da navi civili e altre soccorse da navi militari, che per questa sola ragione verrebbero esposte a procedure accelerate in territorio extra-UE, a differenza di quelle sbarcate in Italia, soprattutto se si tratta di persone che non provengono da paesi terzi sicuri, per le quali in Italia si prevedono procedure ordinarie e sistemi di prima e seconda accoglienza”. ” E saranno tutte da verificare quali saranno le conseguenze per il traballante governo albanese di un Memorandum d’intesa che rischia di produrre migliaia di persone costrette alla clandestinità in territorio albanese, quando al termine dei trenta giorni di detenzione previsti non potranno essere rimpatriati.” L’opposizione albanese ha intanto presentato due ricorsi alla Corte Costituzionale per sospendere il protocollo.
“Un ennesimo esempio di come gli accordi tra governi possano agevolare le bande criminali che in Albania sono sempre più attive e che potrebbero lucrare sulla clandestinità” .
Christopher Hein, professore di Diritto e Politiche di immigrazione e asilo dell’Università Luiss di Roma, nell’articolo “L’accordo Italia-Albania, in un’Europa sempre più chiusa, rischia di diventare un modello”  afferma che l’accordo con l’Albania “non può funzionare” ma è una misura in linea con le tendenze politiche di vari paesi europei: “Si cercano paesi esterni all’Unione che accettino i profughi pagando”. E ancora “abbiamo una tendenza all’interno dell’Unione Europea che può indurre molti, invece che ad opporsi a un’iniziativa come quella del governo italiano, addirittura a guardarla con positività.”, riflette il docente, “Gli obiettivi dichiarati di questo protocollo sono tre. Il primo contrastare il traffico di esseri umani. Il secondo, prevenire gli arrivi irregolari e il terzo rimpatriare le persone che non sono riconosciute per la protezione con più facilità.In questo accordo io non vedo la risoluzione di nessuno di questi tre obiettivi. La tendenza è questa: uno Stato membro dell’Unione europea utilizza, diciamo, la generosità di un altro Stato non membro dell’Unione europea per risolvere un problema dell’immigrazione e dell’asilo nel proprio territorio.” Si ritiene, invece, insieme all’avvocato Fulvio Vassallo Paleologo che il governo italiano dovrebbe sollecitare l’attuazione dell’accordo raggiunto in data 4 ottobre 2023 tra i 27 Paesi europei sul testo chiave del regolamento delle crisi dei migranti, anche se avverso l’intesa raggiunta a Bruxelles si sono espresse Polonia e Ungheria, mentre Austria, Repubblica ceca e Slovacchia si sono astenute.
Infatti, secondo la logica di fondo del nuovo patto UE, che è improntato alla solidarietà obbligatoria, lo Stato di primo arrivo rimane tenuto a identificare il migrante e raccoglierne la richiesta di asilo; però, in caso di flussi massicci che ne mettono a dura prova le capacità operative, il Paese può chiedere ai partners europei di accettare dei ricollocamenti o, in alternativa, di versare un contributo finanziario, dare altra assistenza di natura logistica o ancora di farsi carico dell’esame delle domande di protezione internazionale.


Memorandum Italia-Albania: L’Europa riorganizza la gestione dei migranti e il diritto d’asilo 

In realtà, bisogna prendere atto che l’Europa sta già attuando una riforma del sistema comune europeo d’asilo. Illuminante, in proposito, la lettura del testo di Cecilia Siccardi sulla rivista Diritti Comparati , “La riforma del sistema comune europeo d’asilo: prospettive e criticità”.
Il Patto della Ue sull’Immigrazione e il diritto di asilo sta proponendo una revisione delle procedure per l’ingresso nell’Unione europea che favorirà l’esternalizzazione delle frontiere. Il Consiglio della Commissione Europea renderà obbligatoria la nuova “procedura di frontiera” secondo la quale non sarà più permesso alle persone soggette alla procedura d’asilo alla frontiera di entrare nel territorio dello Stato membro, con la conseguenza che si costruiranno centri di detenzione di massa in luoghi come le isole greche, le Isole Canarie o Lampedusa in Italia. Il Parlamento Europeo chiede garanzie più sicure per definire un Paese terzo “sicuro”, il Consiglio ritiene sia sufficiente l’esistenza di un accordo tra l’Ue e il Paese terzo. Questo il futuro, non certo roseo, che si prospetta.

                                                                                                          Nadia Luminati
                                                                                                         (9 dicembre 2023)


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