“ Diaspore Resistenti”la diaspora iraniana: Intervista a Leila Karami.

Il progetto “Diaspore Resistenti” si è concluso con una conferenza a fine dicembre che si è tenuta alla Casa Internazionale delle Donne a Roma. Un progetto nato in collaborazione con Radio Bullets e Wilpf Italia (Lega Internazionale di donne per la Pace e Libertà), svoltosi da maggio a dicembre 2023, che ha inteso parlare di diaspore ponendo al centro del discorso il ruolo delle donne e, in particolare  il confronto tra donne appartenenti alle diaspore dell’Afghanistan, dell’Iran, della Palestina e dell’Ucraina, lontane dai loro paesi a causa di guerre e di persecuzioni di genere nei loro paesi.
Da questi incontri sono emerse le difficoltà personali e comunitarie di donne che fuggono da situazioni difficili se non disperate e, al contempo, l’impegno comune di continuare ad esercitare una pressione sulle istituzioni, per allertarle sulla disfunzione del sistema di accoglienza nonché per esortarle a considerare le istanze delle diaspore nel contesto delle relazioni internazionali.

“Diaspore Resistenti”: Leila Karami e la diaspora iraniana



Leila Karami, è iraniana di nascita ma italiana di adozione, ha conseguito il dottorato di ricerca in Civiltà islamica, Storia e Filologia. Attualmente insegna presso le Università Ca’ Foscari di Venezia e La Sapienza di Roma. Si occupa di Letteratura persiana contemporanea con particolare attenzione ai diari di viaggio tra Settecento e Ottocento, di questioni di genere e di teologia femminile islamica. 
La Professoressa Laila Karami è intervenuta, nel corso del convegno, sul tema della diaspora iraniana ed ha tratteggiato un profilo storico e al tempo stesso antropologico del fenomeno che ha interessato, in diversi momenti, il suo Paese.
Piùculture l’ha intervistata, per approfondire ed evidenziare le differenze e le caratteristiche di una diaspora ritornata, dopo anni, di nuovo tristemente all’attenzione della cronaca, a seguito dei terribili eventi accaduti dal 2022 in poi, dopo la morte della giovane Masha Amini e la nascita del movimento femminile “Donna, Vita e Libertà”.


“Diaspore Resistenti”: l’intervista a Leila Karami


•La diaspora italiana iraniana ed in particolare quella femminile, si è ingrandita dopo il settembre 2022, con l’uccisione della giovane Mahsa Amini e l’inizio della protesta delle donne in Iran?
“Ogni grande manifestazione in Iran comporta la fuga di giovani che numericamente varia in base alla repressione del governo e all’intensità e durata delle manifestazioni. Mancano, però, veri e propri sondaggi su genere e numero di chi è uscito dall’Iran a partire da settembre 2022 ad oggi.

•La diaspora ha cambiato connotazione? Gli iraniani arrivati in Italia dopo il 1979, a seguito dell’occupazione del potere da parte di Khomeini, erano molto diversi dagli attuali?
“Subito dopo la Rivoluzione Iraniana del ’79 sono fuggiti all’estero i funzionari (militari e non) vicini allo scià e un’intellighenzia che ha letto in anticipo la natura di un eventuale classe religiosa al potere, seguiti, poi, dai principali membri dei gruppi politici non-islamici. Questi hanno lasciato l’Iran perché, con la formazione della Repubblica Islamica e l’insediamento della classe religiosa al potere, sono stati esclusi dai ruoli decisionali e rischiavano di essere accusati di reati contro la rivoluzione, quando non venivano messi in prigione. Gli anni della guerra con l’Iraq (’80-’88), inoltre, sono stati duri sia sul piano sociale che economico ma, ironia della sorte, il governo si è consolidato in molti settori. Negli anni ’90 si sono rifugiati all’estero molti intellettuali (ma non è stata una vera e propria emorragia). Nel frattempo, in Iran venivano formati piccoli gruppi di attivisti prevalentemente femminili, ONG, associazioni di avvocate, intellettuali, ecc. In questo contesto si è registrato un avvicinamento tra l’ala femminile religiosa e i gruppi laici sui temi riguardanti le donne. La presidenza di Ahmadinejad nel 2005, però, ha cambiato lo scenario. In particolare, le elezioni del suo secondo mandato, nel 2009, hanno causato una fuga massiccia dal paese di attivisti e attiviste, oltre che di cervelli. Purtroppo, le attiviste rimaste in Iran sono state costrette prima al semi-silenzio poi al silenzio totale oppure hanno agito in piccolissimi gruppi riunendosi in case private. Dal 2017 al 2022, massicce, ma geograficamente distanti, manifestazioni hanno portato molte iraniane all’estero. Gli eventi post uccisione di Mahsa Amini, pur essendo in linea con quelli precedenti, hanno alcune particolarità: mesi di manifestazioni con coinvolgimento di gruppi etnici e religiosi diversi, anche di aree geografiche distanti; l’interessamento delle giovanissime, gli slogan marcatamente antigovernativi e contro la classe religiosa, lo sciopero degli operai delle grandi fabbriche, una presa di posizione (nelle prime fasi delle manifestazioni) della classe religiosa tradizionale contro le repressioni, le grandi proteste degli iraniani all’estero in segno di solidarietà con i giovani iraniani, sono solo alcuni esempi.”

•Come vivono le giovani iraniane in Italia e in particolare a Roma? Quali difficoltà incontrano? Sono organizzate e collegate con le attiviste in Iran?
“Credo che le giovani iraniane arrivate a Roma vivano con le stesse difficoltà di qualsiasi giovane arrivata in Italia dai paesi mediorientali. Va detto che c’è solidarietà tra gli iraniani, almeno nelle prime fasi del loro arrivo.”
“A seguito delle repressioni iniziate dopo il 2009 non ci sono organizzazioni femminili o femministe che operano alla luce del sole. Allo stato attuale delle cose mancano leader e gruppi o circoli per ragionare e dialogare con la classe politica sui temi comuni. Alcune donne iraniane grazie ad una maggiore visibilità diventano voci di denuncia e mantengono viva la speranza ma, purtroppo, ora sono in carcere. L’attivismo della diaspora, che può diventare una forza accanto alle donne iraniane, puntando sulla consapevolezza delle questioni che riguardano le donne, spesso si dirama in gruppi minori di anime e orientamento politico diversi e/o in marcati individualismi. A mio modo di vedere, un ‘attivismo’ di questo tipo cessa di essere solidale con le donne in Iran e non incisivo contro la repressione del governo.”

•Cosa pensa che l’Italia potrebbe fare per sostenerle, non solo a livello governativo ma anche come associazioni umanitarie presenti sul territorio?
“Le vicende degli ultimi due decenni dimostrano che le pressioni sugli attuali governanti iraniani da parte dei paesi occidentali sono ambigue. Da una parte questi chiedono all’Iran maggiore libertà e democrazia per gli iraniani, dall’altra parte stipulano con esso accordi economici. Gli iraniani devono raggiungere una profonda consapevolezza circa la necessità di separare la religione dagli affari dello stato e di quanto una religione dogmatica abbia scarsi benefici per la società.”

•Quale futuro immagina che si prospetti per le donne iraniane rimaste in patria?
“Una storica iraniana, Banafshe Hejazi, sostiene che “negli anni pre rivoluzione del ’79 le donne che partecipavano ai movimenti politici acquistavano consapevolezza in contesti patriarcali, per questo motivo la questione femminile, in mezzo a fattori considerati più importanti, come la lotta contro l’imperialismo e la dittatura monarchica, si rimpiccioliva fino a ridursi a cosa di poco conto. Nella dialettica tra temi fondamentali e temi marginali la lotta contro la discriminazione sessuale apparteneva ai secondi, con l’illusione che cambiando le fondamenta, ogni altra cosa, specie la condizione delle donne, automaticamente si sarebbe risolta”. Questa retorica di matrice comunista è fallita. Il mio augurio è che noi donne iraniane impariamo dalla storia, avendo ben chiaro che la lotta costante e consapevole per i diritti non debba essere delegata a un sistema politico.”

Tra i lavori più significativi di Leila Karami: Il protagonismo delle donne in terra d’islam. Appunti per una lettura storico-politica (con B. Scarcia Amoretti, Roma 2015); con M. Ferrara, Madri d’Oriente fra tradizione e dissenso (Milano 2020); con R. Rossi, Donne violate. Forme della violenza nelle tradizioni giuridiche e religiose tra Medio Oriente e Sud Asia (Firenze 2021).
Ha curato e tradotto l’antologia, Anche questa è Tehran, credetemi! (Fasano 2016).


Nadia Luminati
(5 gennaio 2024)

Leggi anche:

Summit delle diaspore: la strada della cooperazione continua.

Diaspore, le comunità di immigrati per l’inclusione e il co-sviluppo

Summit delle Diaspore: valorizzare la partecipazione.