Il 10 aprile il Patto Europeo Migrazione e Asilo è stato approvato dal Parlamento. Chi si occupa di integrazione e di diritti ritiene che i dieci testi, volti a riformare la politica europea in materia di immigrazione e asilo, presentino soluzioni che violano i diritti umani e la dignità delle persone perché prevedono come unica soluzione, agli inevitabili processi migratori che caratterizzano quest’epoca storica, l’ inasprimento dei respingimenti e la creazione di muri e frontiere sempre più invalicabili a migranti e richiedenti asilo. L’unica ad essere tutelata sembra essere l’Europa, un’Europa però sempre più lontana dai valori fondamentali sui quali è stata creata.
Road Map per il Diritto d’Asilo e la libertà di Movimento: call to action
Con l’intento non solo di denunciare ma di ragionare su alternative concrete al Patto Europeo appena approvato, analizzandone le criticità ed immaginando soluzioni diverse, lo scorso giugno è stata lanciata una Road Map per il Diritto d’Asilo e la libertà di Movimento, una call to action alla quale hanno risposto nove organizzazioni a livello nazionale: Forum Nazionale Cambiare l’Ordine delle Cose, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza CNCA, Italy Must Act, Mediterranea Saving Humans, Re.Co.Sol, Refugees Welcome Italia, Rete Europa Asilo, Rivolti ai Balcani, Stop Border Violence. L’obiettivo è stato di ascoltare le voci e le competenze di chi si occupa, in prima linea, di immigrazione e diritti, con assemblee ed incontri dal basso che nei mesi hanno toccato una quindicina di città e coinvolto centinaia di cittadini. I contenuti saranno presentati ai candidati italiani alle prossime elezioni parlamentari europee nel corso di un’assemblea pubblica di discussione e confronto che si terrà a Bologna il 4 maggio.
“Tutto è nato perché volevamo contrastare la politica europea, il cosiddetto Patto delle Migrazioni e Asilo, che purtroppo è stato approvato ieri”, racconta Giovanna Cavallo del Forum Nazionale Cambiare l’Ordine delle Cose, promotore dell’iniziativa. “È un patto scellerato, scandaloso, che presenta una dimensione politica che non corrisponde a quella dell’Europa. Noi contestiamo questo Patto ma non contestiamo l’Europa, perché crediamo fermamente nell’Unione Europea e nei suoi valori di solidarietà, di vicinanza, di accoglienza”. Cavallo continua spiegando: “il Patto europeo è composto, tra l’altro, da cinque regolamenti che prevedono sostanzialmente una detenzione generalizzata per il solo fatto di cercare protezione internazionale sulle nostre coste e alle nostre frontiere. Prevedono la necessità di contenere, trattenere e respingere i flussi migratori che si muovano verso l’Europa. Prevedono che questo meccanismo venga fatto il più lontano possibile dalle frontiere. Prevedono un respingimento forzato verso paesi terzi di origine e non. Prevedono un meccanismo di solidarietà finta. […] l’Italia rimarrà da sola a dover gestire le migrazioni per conto dell’Europa, perché ci viene imposto di costruire meccanismi di detenzione e di contenimento per flussi che potrebbero arrivare anche a 70.000 persone l’anno”.
La Road Map per il Diritto di Asilo passa da Spin Time
Il 10 e 11 aprile 2024 si sono tenuti a Roma, presso lo storico palazzo occupato di Spin Time, in via Santa Croce in Gerusalemme, le due tappe conclusive della Road Map che ha attraversato l’Italia. Il 18 dicembre scorso, sempre a Roma, erano stati costituiti cinque gruppi di lavoro che, avvalendosi delle competenze e delle aree di intervento delle organizzazioni coinvolte, avevano definito le aree tematiche da inserire nel documento da presentare a Bologna il 4 maggio:
-Diritto di Soggiorno vs. Frontiera
-Diritto alla Fuga vs Libertà di Scelta
-Accoglienza vs Trattenimento
-Comunità vs Ghettizzazione
-Restiamo Umani vs Criminalizzazione
La solidarietà e la migrazione non sono reati
“La solidarietà e la migrazione non sono reati” è il titolo dell’incontro che si è tenuto giovedì 11 aprile, dove la criminalizzazione dell’immigrazione è stata declinata da tutte le associazioni coinvolte e ha visto gli interventi di Ararat, Black Lives Matter Roma, Baobab Experience, Re.Co.Sol., Senza Confine, Welcome Italia, e la partecipazione straordinaria del regista Matteo Garrone, con un intervento che ha preceduto la proiezione del suo ultimo film “Io capitano” nell’auditorium di Spin Time. Un film accessibile tutti, che ha il merito di aver generato un dibattito e avvicinato il grande pubblico a storie di vita che non vengono mai raccontate.
Matteo Garrone parla di “Io capitano”
“Io capitano è nato dall’ascolto di tante storie, ma la storia che ha dato il titolo al film è quella di Fofana, un ragazzo che, una decina di anni fa, porta in salvo 250 persone senza aver mai guidato una barca. Ho ascoltato questa storia otto anni fa, in un centro di accoglienza per minori a Catania che gestisce un amico, ma mi sentivo in qualche modo inadeguato a fare un film su un tema così delicato, per il fatto di essere italiano e di provenire da una condizione molto diversa. E così ho diretto Dogman e dopo Pinocchio. Poi, quello che sarebbe diventato Io Capitano, è venuto a ricercarmi e ho sentito che era giusto farlo. Le cose che volevo raccontare si conoscono, su internet si trovano immagini e foto raccapriccianti, ma io ho voluto raccontarne il controcampo, il punto di vista di chi di solito non ha voce e cercare di dare la possibilità a chi vede il film di vivere un viaggio emotivo in soggettiva. Non ero partito per denunciare, non avevo un obiettivo politico, ero partito per fare un racconto di avventura, epico, che desse forma visiva ad una parte di viaggio che noi non vediamo. Sapevo che sarebbe stato visto anche da un pubblico già sensibile, ma non conscevo il modo per arrivare ad un pubblico lontano da queste tematiche, e grazie al grande lavoro delle scuole in Italia il film è riuscito ad arrivare ad un pubblico di giovani che non sarebbero andati mai a vederlo in sala. L’altro obiettivo era di riuscire ad umanizzare i numeri che da anni siamo abituati a sentire e fare capire ai ragazzi che dietro questi numeri ci sono ragazzi come loro, con gli stessi desideri e gli stessi sogni”.
“Cosa succederà al Capitano”: gli interventi
Il film di Garrone finisce nel momento in cui l’imbarcazione è avvistata dalla guardia costiera al largo della costa italiana. Ma cosa succede ai capitani, una volta fatti sbarcare?
“Ci è capitato più volte di incontrare i cosiddetti capitani, e li incontriamo purtroppo alla fine del loro percorso carcerario, dopo che hanno già scontato la condanna”, racconta Alice di Baobab Experience, per introdurre il discorso sulla criminalizzazione della migrazione. “Un esempio è El Hadji, un ragazzo senegalese partito nel 2015, che appena ha messo piede in Italia è stato immediatamente incarcerato. Era assolutamente analfabeta, parlava solo la lingua mandinga, e nonostante questo l’intero interrogatorio è stato svolto in inglese, francese ed arabo, tanto che El Hadji per molto tempo non ha capito il suo capo di imputazione. Ha dovuto scontare ingiustamente sette anni di prigionia, durante i quali ha tentato due volte il suicidio”. Si calcola che, in Italia, ogni 300 persone sbarcate venga arrestato un innocente: migliaia di uomini e donne migranti che non hanno nulla a che vedere con il traffico di esseri umani, ma che sono dichiarati colpevoli dallo Stato Italiano, sottoposti a condanne ingiuste e a processi sommari, colpevoli di aver guidato un gommone e con questo salvato, come nel film di Garrone, centinaia di persone dal naufragio. “I capitani, gli scafisti, sono i capri espiatori della politica fallimentare e della legge Bossi-Fini, vittime di una legge che deve cercare i colpevoli ma che non colpisce i veri trafficanti di esseri umani”.
Questi “capitani” hanno storie che difficilmente escono dal carcere. I processi avvengono nel silenzio, privi di visibilità mediatica e spesso condotti senza una conoscenza della lingua e della legge da parte degli imputati. In Italia sono oltre 2500 le persone incarcerate per l’applicazione dell’art.12 del testo unico dell’immigrazione. “E’ il reato di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare”, spiegano gli avvocati della Clinica Legale, “un reato pensato ad hoc dai governi di tutti i colori e costantemente modificato, che racchiude al proprio interno una quantità di condotte che vanno dalla guida dell’imbarcazione alla solidarietà più semplice che i migranti e gli attivisti agiscono tra di loro. Quello che vogliamo fare è di scardinare completamente il ragionamento che c’è dietro l’art.12, sia fuori che dentro i tribunali, e lottare per la sua abrogazione perché queste condotte non costituiscano reato. I migranti che scelgono di attraversare il Mediterraneo compiono un atto politico, si autodeterminano rispetto a questa scelta”. In Europa, negli ultimi anni, sono oltre 100.000 le persone imputate e condannate per questo reato e sono tutti migranti. “La Corte Costituzionale un anno fa ha dichiarato incostituzionale un pezzetto dell’art.12, ma bisogna partire dai tribunali. Non è una lotta politica, è una lotta che vuole contrastare l’uso e l’abuso del diritto penale per gestire fenomeni sociali complessi come il fenomeno migratorio. Questo reato criminalizza tutte le forme di solidarietà di attraversamento dei confini, tutte le forme di supporto che permettono l’esercizio di un diritto che viene negato su base raziale”.
Se il capitano viene arrestato, gli altri migranti vengono invece inseriti, senza un preciso criterio di selezione, in due diversi sistemi di accoglienza: nel 90% dei casi in un CAS (Centro di Accoglienza Straordinario), in genere piccoli alberghi che possono accogliere fino a 300 persone e senza alcuna assistenza legale o psicologica, altrimenti in un SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione). Re.Co.Sol, si occupa di questo tipo di accoglienza, ossia l’accoglienza in piccole comunità: paesi, municipi o quartieri di una grande città. Come spiega la referente, “la buona accoglienza si basa su un concetto semplice: la relazione. Il SAI deve essere l’unico sistema diffuso per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti, perché si creano realtà virtuose”. Come i due piccoli centri urbani che sono esempio di eccellenza e di integrazione: Sant’Orso, in provincia di Vicenza, che ospita 800 persone ed impiega oltre 100 persone in questi progetti d’accoglienza e Acquaformosa, in provincia di Cosenza, che coinvolge otto diversi comuni. Anche Welcome Italia ha sottolineato come le persone debbano tornare al centro delle politiche migratorie in qualità di soggetti e non più di oggetti delle stesse e di quanto sia necessario promuovere l’inclusione socio-economica attraverso l’attivazione di reti in cui ciascuno possa agire in base alla propria professionalità e area di competenza, e di quanto sia necessario che le politiche di accoglienza passino dalla competenza del Ministero dell’Interno a quello delle Politiche Sociali.
L’ultimo aspetto esaminato da Black Live Matter Roma ha riguardato invece l’alternativa alle rotte clandestine, ossia quelle legali e protette, che però evidenziano un razzismo istituzionale e strutturale. “Dalla nostra ricerca emerge come in realtà sia difficile approdare legalmente sul nostro territorio. Intanto i passaporti non sono tutti uguali: se un passaporto italiano permette di visitare 174 paesi, per un passaporto senegalese i paesi si riducono a 66, con quello siriano addirittura a 35”. Oltre al passaporto, la seconda difficoltà riguarda il visto ed il permesso di soggiorno: “ogni paese ha la facoltà di stilare un elenco dei paesi sicuri, senza tuttavia dover spiegare in base a cosa un paese venga definito tale, elenco che però non corrisponde necessariamente a quello degli altri paesi europei. Un paese è ritenuto sicuro se si valuta che abbia una situazione politica stabile. Se un richiedente asilo proviene da uno di questi paesi cosiddetti sicuri non ha diritto ad una protezione automatica ed è costretto a dimostrare per quali ragioni chiede asilo. E nel periodo che intercorre tra la richiesta e la risposta, un richiedente viene automaticamente mandato in un CAS oppure, in caso di esito negativo, portato in quei centri detentivi che sono i CPR”. E tutti questi passaggi si frappongono all’applicazione dell’articolo 3 previsto dalla nostra costituzione.
Natascia Accatino
(18 aprile 2024)
Leggi anche: