Secondo gli ultimi dati di Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, diffusi lo scorso 4 aprile, dei 358 milioni di europei che saranno chiamati alle urne per rinnovare il parlamento di Bruxelles, fra il 6 e il 9 giugno prossimi, almeno 20,9 milioni sono i giovani che per la prima volta potranno esprimere la propria preferenza rispetto alla composizione dell’europarlamento. Per quanto riguarda l’Italia, i giovani che per la prima volta potranno votare per le europee sono circa 2,7 milioni, ovvero le persone diventate maggiorenni nell’ultimo quinquennio, il terzo valore più alto a livello europeo dopo Germania e Francia. Nel 2019 furono proprio i giovani a trainare l’affluenza: +14 per cento tra gli under 25 e +12 tra i 25-39 anni rispetto al 2014. Nella maggior parte dei 27 Stati membri dell’Unione europea i giovani non solo studiano, ma iniziano anche a lavorare e a pagare le tasse dall’età di 16 anni. Alcuni sono coinvolti nell’attivismo politico e sociale, ma la grande maggioranza di loro non può ancora votare. Il Forum europeo dei giovani (Eyf) si batte, inoltre, per abbassare l’età del voto: i minori di 18 anni possono votare solo in cinque Stati membri. Per contrastare, invece, l’astensionismo dovuto alle problematiche determinate dall’impossibilità della mobilità degli studenti, è entrata in vigore la Legge n. 38 del 25/03/2024 che, tra le disposizioni urgenti in materia elettorale, introduce la sperimentazione del voto a distanza per i fuorisede. Può fare domanda di voto a distanza chi per motivi di studio si trovi ad avere un temporaneo domicilio per un periodo di almeno tre mesi in un Comune italiano situato in una regione diversa da quella del Comune nelle cui liste elettorali sia iscritto. La domanda va presentata, personalmente o in via telematica, al proprio comune di residenza almeno 35 giorni prima della data delle elezioni, termine ultimo il 5 maggio.
Erasmus: uno strumento che crea spirito d’appartenenza
Il programma ‘Erasmus’, trentasette anni dopo la sua creazione, resta ancora il mezzo più efficace ideato finora per creare quel senso di appartenenza che manca a molti e per la costruzione della cittadinanza europea. “Il nome Erasmus è l’ acronimo di European community Action Scheme for the Mobility of University Students, cioè Programma di azione della Comunità Europea per la mobilità degli studenti universitari, e nasce nel 1987 dall’allora Comunità Economica Europea, CEE, per permettere agli studenti universitari degli Stati membri di studiare, per un certo periodo, nelle Università di un altro Paese.” spiega a Piuculture, Vito Borrelli, Capo settore del programma Erasmus+ alla Direzione Generale Istruzione e Cultura della Commissione europea, che vanta una lunga esperienza nel settore dell’Istruzione alla Commissione Europea ed è stato tra il 2017 e il 2022 direttore aggiunto della Rappresentanza in Italia della Commissione europea. “Questo programma, entrato ormai nel modo di pensare degli europei, è probabilmente quello di maggior successo realizzato dall’U.E., anche perché è il più tangibile, il più semplice da capire e perché se ne vedono i benefici immediati. Nei primi anni il programma aveva un budget molto limitato che ha permesso solo a poche migliaia di studenti di andare a studiare all’estero. Oggi, a 37 anni dall’inizio, abbiamo oltre 13 milioni di persone, non solo giovani, che hanno beneficiato in un modo o nell’altro del programma Erasmus. Nei suoi primi decenni il programma era limitato all’istruzione superiore, universitaria, ma dal 2014 in poi ha integrato al suo interno tutta una serie di altre azioni, che esistevano precedentemente con altri nomi, per diventare un unico programma” continua Borrelli “il programma Leonardo, ad esempio, che si occupava della formazione professionale dei giovani, o il programma Grundtvig per l’istruzione degli adulti, o ancora Socrates, dedicato alle scuole, tutti sono confluiti in Erasmus Plus”. – In cosa consiste il progetto Erasmus Plus? cosa è cambiato dal punto di vista didattico e come impegno economico per le famiglie? “Dal 2014, il programma è stato ampliato e rinominato Erasmus plus e, da allora, ha offerto la possibilità a oltre 13 milioni di persone, giovani e adulti, di usufruire di una formazione che si estende per tutto l’arco della vita, da cui la denominazione dell’iniziativa politica Life-Long-Learning. Grazie alle sue caratteristiche, il programma consente ora di aggiornare e potenziare, reskill e upskill, le proprie competenze professionali attraverso azioni nel settore dell’istruzione e della formazione, dello sport e della gioventù. Diversi possono essere dunque i beneficiari: studenti, tirocinanti, educatori o giovani volontari.” Il Plus sta a significare anche un allargamento geografico: dal 2004 in poi, il programma include non soltanto i paesi dell’UE ma si allarga a quelli extra europei. In particolare, nel 2004 nasce il programma Erasmus Mundus, che ho seguito personalmente”, sottolinea Borrelli, “Erasmus Mundus ha permesso per la prima volta di stanziare fondi per la cooperazione accademica internazionale tra le università europee e non europee. Grazie a questo programma sono nati molti accordi bilaterali tra università europee ed extra europee, ad esempio cinesi o indiane, americane oppure sudafricane e, collegati a queste, degli schemi di mobilità internazionale studentesca e di docenti. Dal 2014 ad oggi, tutti questi programmi sono stati sempre più potenziati, ma” aggiunge Borrelli “l’ampliamento sia geografico che settoriale non è stato, purtroppo, supportato da un aumento proporzionale dei fondi”.
Erasmus Plus: I fondi europei ed i contributi economici nazionali
“Erasmus Plus riceve fondi per un periodo di 7 anni secondo un quadro finanziario pluriennale, QFP. Per l’attuale QFP, 2021-2027, ha ricevuto circa 28 miliardi di euro, molti all’apparenza ma in realtà insufficienti a rispondere alle richieste che riceve il programma.” racconta ancora Vito Borrelli, “rispetto al settennio precedente sono quasi raddoppiati, ma non sono ancora abbastanza. Per sopperire alla mancanza di fondi europei, alcuni paesi fanno ricorso ad altri fondi europei o a cofinanziamenti nazionali: la Germania sfrutta il fondo sociale europeo per iniettare ulteriori fondi in Erasmus+, potenziando le borse assegnate agli studenti che attualmente si aggirano intorno a una media europea di 400-500 euro al mese. In alcuni paesi, come la Germania ad esempio, con queste aggiunte nazionali si riesce ad arrivare a 700 euro al mese. In Italia siamo sui 400 euro di media ed è difficile trovare fondi aggiuntivi. Ce ne sono, alle volte, concessi dalle Università, dalle Regioni, dalle Province o attraverso fondi privati, ma sono abbastanza rari. Per il prossimo settennio, 2028-2035, si sta già ragionando sull’esigenza di richiedere maggiori fondi, però viste le priorità della Commissione in questo periodo, spesso dettate da emergenze impreviste come difesa, armamenti, energia, patto sull’Immigrazione ecc., non sarà facile” ammette poi, con un sorriso un po’ amaro. – Quanti di questi fondi vengono utilizzati effettivamente in favore del programma? Come funziona il finanziamento Erasmus? “I fondi destinati al programma Erasmus+ sono gestiti in parte in maniera decentrata, attraverso le agenzie nazionali, e in parte in maniera centralizzata dalla Direzione Generale ‘Istruzione e Cultura’ e dalla sua Agenzia esecutiva, basate a Bruxelles. I progetti di mobilità di studenti e insegnanti rappresentano circa l’80% del budget totale e vengono gestiti nei paesi membri. In Italia ci sono tre agenzie Erasmus: INDIRE, che si occupa di istruzione, l’Agenzia Nazionale Giovani per i progetti destinati ai giovani e l’INAPP per la formazione professionale. Per esempio, INDIRE, una volta ricevuto il pacchetto di bilancio che le spetta, indice selezioni nazionali tra le Università e assegna loro una parte del bilancio. La sede principale di INDIRE è a Firenze mentre le altre due agenzie sono basate a Roma. Per quanto riguarda le azioni centralizzate gestite a Bruxelles, per lo più progetti di cooperazione che coinvolgono istituzioni di diversi paesi, le proposte vanno presentate direttamente agli uffici centrali di Bruxelles. I Corpi di solidarietà europei, un’azione specifica di volontariato all’estero, hanno attualmente un budget separato perché sono un’iniziativa a se stante, ma potrebbero diventare in futuro parte integrante di Erasmus+. Sono attualmente gestiti dall’Agenzia Nazionale Giovani” conclude Borrelli.
Erasmus plus: le priorità del programma
Quali resistenze incontra il programma? si pensa ad eventuali sospensioni o riduzioni del programma? “Per fortuna, non ci sono state riduzioni finora. Al contrario ci sono stati delle aggiunte in corso d’opera. Sono state attuate modifiche normative o emendamenti che hanno permesso di aumentare il budget, in particolare in coincidenza con alcuni accadimenti politici o geopolitici, ad esempio la questione Ucraina. Sono stati stanziati dei fondi aggiuntivi per i giovani ucraini che hanno dovuto lasciare il paese e sono stati accolti nel sistema d’istruzione superiore e universitaria in altri paesi della UE. Inoltre, si sono introdotti incentivi economici per rispondere alle priorità politiche che sono trasversali a tutti i programmi della Commissione europea. Nel 2019, all’inizio del suo mandato come Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, già nel suo discorso d’investitura a Strasburgo, ha posto l’accento sulle tre priorità della Commissione:
- La transizione gemella, come la chiamiamo noi, quella digitale e ambientale, green transition e digital transition,
- l’inclusione,
- la partecipazione democratica.
Queste tre priorità sono state direttamente traslate in tutti i programmi europei, Erasmus incluso, e hanno dato vita ad una serie di incentivi economici per favorire il raggiungimento di questi obiettivi politici attraverso l’implementazione del programma. Ad esempio, per favorire la transizione verde e la lotta al cambiamento climatico, sono stati introdotti nel programma degli incentivi per la mobilità studentesca attraverso mezzi di trasporto sostenibili. Quindi chi fa mobilità in treno, stimolata per le distanze ragionevolmente brevi, riceve fondi ulteriori. Si chiamano “Travel support”, sono fondi aggiuntivi, aumentati in corso d’opera rispetto a quelli stanziati inizialmente. Sono cresciuti anche i fondi per iniziative relative alla transazione digitale, attraverso l’inserimento nel programma di alcune azioni ibride, soprattutto nel periodo della pandemia, quando molti giovani non potevano spostarsi. In quell’occasione ha preso slancio la cosiddetta “mobilità virtuale”, che è rimasta e si è consolidata anche dopo la pandemia, sempre associata però, ad un periodo – benché breve – di mobilità fisica. Ciò è stato d’aiuto soprattutto ai giovani con meno opportunità economiche o a ricercatori che non potevano spostarsi dalle loro università. Questa mobilità ibrida è ora diventata parte integrante del programma. – Perché, secondo il suo punto di vista è importate come progetto ed è importante che continui? “Erasmus è stato, fin dall’inizio, sinonimo di mobilità fisica che rimane fondamentale all’interno del progetto. È certamente uno strumento per studiare e migliorare le proprie conoscenze professionali all’estero ma non solo, in quanto fornisce ai giovani l’opportunità di conoscere diverse realtà, diverse modalità di studio, diverse culture e costumi. Al di là della conoscenza linguistica, l’esperienza che si fa partecipando al progetto apre la mente, consente di confrontarsi con altri giovani europei e non, ed offre opportunità lavorative precluse ai giovani che non partono.” Afferma con convinzione Borrelli.” “Trascorrere del tempo in un altro paese per studiare, imparare e lavorare dovrebbe diventare la norma, così come l’essere in grado di parlare altre due lingue oltre alla propria lingua madre. Quando alcuni studenti mi obiettano che partire per l’Erasmus, fa perdere tempo, perché si rischia di rimanere indietro con il programma di studi, io gli ricordo che ci sono molte analisi e statistiche che provano che l’esperienza all’estero arricchisce il curriculum dei giovani e le opportunità di impiego dello studente, al di là della crescita individuale. Ci sono indagini che provano che gli studenti che hanno fatto l’Erasmus hanno più opportunità di trovare un lavoro” I giovani che partono per un’esperienza Erasmus dimostrano sicuramente più intraprendenza e capacità di mettersi in gioco, anche capacità di networking. Esistono varie associazioni , come l’Erasmus student network che è un’associazione di studenti ed ex studenti Erasmus, divenuta una potenza farne parte aiuta i contatti. Un potenziale enorme per i futuri impieghi.”
Erasmus plus: le difficoltà dei giovani
Quali sono le principali resistenze da parte dei giovani, nei confronti del progetto? “Molti studenti non se la sentono di lasciare la loro zona di confort, perché partire vuol dire anche mettersi in gioco, affrontare una serie di problematiche, allontanarsi dagli amici e dai familiari. Inoltre temono di avere difficoltà ad ottenere, una volta rientrati in Italia, il riconoscimento dei crediti ottenuti all’estero.” Non nego che, purtroppo, continua ancora ad esistere qualche problema in merito” ammette Vito Borrelli “Perché vengano riconosciuti, ci deve essere alla base un accordo solido tra le due Università. Questi accordi, obbligatori per partecipare a Erasmus+, talora non sono rispettati a pieno. Stiamo facendo dei grossi sforzi per ottenere il riconoscimento automatico dei crediti ottenuti all’estero, pretendendo che questi accordi vengano stipulati prima che inizi la mobilità degli studenti. Normalmente esiste un sistema europeo di trasferimento e accumulo dei crediti (European Credit Transfer and Accumulation System –ECTS ), ma non sempre viene attuato correttamente.” – C’è una possibilità di rendere il progetto Erasmus obbligatorio per i giovani europei? “Se ne parla tanto, nel novembre del 2023, la Commissione ha adottato la proposta per una raccomandazione del Consiglio chiamata “Europe on the Move” che dovrebbe essere adottata ad aprile 2024 e si pone come obiettivo di portare questa percentuale oltre il 20%. Si tratta di un quadro di riferimento per la mobilità ai fini di apprendimento (Learning Mobility Framework). Attualmente solo il 10-15% della popolazione studentesca partecipa a Erasmus+, principalmente perché non ci sono fondi sufficienti, ma anche perché ci sono alcune facoltà per le quali a mobilità europea non è considerata un valore aggiunto. Giurisprudenza o Medicina, sono generalmente facoltà i cui studenti preferiscono non partire perché spesso percepite come legate al contesto nazionale. Dove c’è una tradizione Erasmus più radicata, l’ipotesi della obbligatorietà è stata presa in considerazione e potrebbe divenire realtà. Molto dipende dalla capacità di far dialogare efficacemente le Università tra di loro, in maniera da sviluppare Curricula compatibili e, soprattutto, che ci siano fondi sufficienti per sostenere gli studenti, senza i quali la mobilità non può diventare obbligatoria.”
Erasmus plus: la promozione dello stile di vita europeo
Come si rapporta il progetto Erasmus che promuove la mobilità con un Europa sempre meno inclusiva? “Una delle grandi novità dell’attuale Commissione, è stata l’introduzione di un portafoglio politico, affidato al vice-Presidente Margaritis Schinas, dedicato alla promozione dello stile di vita europeo; in tale veste, il Vice Presidente Schinas ha la responsabilità diretta di diverse politiche, in raccordo con i singoli commissari che sono titolari dei rispettivi portafogli. In particolare, lo sviluppo delle competenze e l’educazione, la cultura e lo sport, le politiche di integrazione e il coordinamento delle politiche migratorie e di sicurezza dell’Unione “Anche nell’ambito di Erasmus+, la cooperazione internazionale è sottoposta al rispetto dello stile di vita europeo, nel senso che non si ritiene ammissibile sostenere la cooperazione accademica con paesi del mondo che non rispettano i valori fondamentali europei. Pertanto, alla luce dei conflitti in corso, l’UE ha posto limitazioni riguardanti alcune destinazioni di mobilità.” Spiega Borrelli. “Dal 2007 al 2014, ho lavorato a progetti di cooperazione con la Cina nell’ambito accademico. In quel periodo, vi era una maggiore apertura nei confronti del paese asiatico e molti fondi erano stati stanziati per sostenere tali progetti. Anche la Cina, da parte sua, investiva in progetti di mobilità con gli studenti. Queste iniziative si sono ridotte negli ultimi anni a causa delle mutate condizioni geopolitiche mondiali.” “Anche all’interno dell’Europa, abbiamo vissuto grandi cambiamenti. La Brexit, in primo luogo, ha rappresentato un profondo cambiamento negli equilibri di cooperazione accademica e non solo e ha profondamente indebolito gli scambi passati. A seguito del non rispetto di alcuni dei principi democratici e delle regole imposte dall’Unione (principio di condizionalità), stiamo inoltre assistendo a tagli di finanziamenti (incluso per Erasmus+) nei confronti di paesi come l’Ungheria. In riferimento agli studenti, l’inclusione si attua dando maggiori possibilità agli studenti meno abbienti, a quelli con disabilità, o comunque alle persone con minori opportunità. Sono stati aumentati i fondi per aiutare queste persone a muoversi, prevedendo dei top-up, degli incentivi. Ad esempio, stanziando fondi aggiuntivi per gli accompagnatori di studenti con disabilità. Il sostegno agli studenti con minori opportunità (fewer opportunities) riguardano non solo le opportunità economiche. – Cosa accadrà ai giovani europei che vorrebbero fare un’esperienza Erasmus in Inghilterra, alla luce della dichiarazione recente del governo inglese che intende sfilarsi dal progetto? “Il Regno Unito può continuare a partecipare al programma Erasmus+ in qualità di paese terzo (assimilato cioè alle condizioni di partecipazione di Stati Uniti, India o Cina), quindi senza beneficiare dei vantaggi e dei privilegi dei paesi del Club dei 27. “
Erasmus plus: verso la laurea Europea
Quali prospettive apre il progetto di istituire una nuova laurea europea? “La Commissione europea ha adottato i primi di aprile 2024 un pacchetto di proposte ambiziose per il settore dell’istruzione superiore in Europa, con l’obiettivo di lavorare per una laurea europea. Il pacchetto contiene un progetto per questa nuova qualifica universalmente riconosciuta. Il progetto propone un percorso di cooperazione concreto e delinea misure di sostegno per i Paesi dell’Unione europea (UE) e i loro sistemi di istruzione superiore verso la creazione di una laurea europea.”
Erasmus plus: il futuro del progetto
Quale il futuro del progetto Erasmus? Quali sono le sue personali aspettative? “La mia speranza personale, ma anche un tema di discussione, all’interno del tema dell’inclusione, è che nella prossima tornata di Erasmus più che sul numero va posta l’attenzione sulla qualità dello studente che andiamo a raggiungere, andrebbero raggiunti gli studenti con minori opportunità intese come mezzi economici e altro, quelli che realmente ne hanno bisogno e che altrimenti non farebbero mai un’esperienza di studio all’estero. Questo è il futuro di Erasmus se vuole essere un programma sociale e inclusivo: meno borse ma più consistenti per chi ne ha davvero bisogno. Noi incontriamo regolarmente i rappresentanti delle associazioni studentesche. Le richieste sono inclusione, digitale, green .” “Dico sempre agli studenti che incontro: vivete l’Erasmus come un’esperienza di vita, è un’esperienza indelebile” conclude con convinzione Vito Borrelli.
Nadia Luminati
(15 aprile 2024)
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