Apre Gustamundo Bistrot: per viaggiare tra i sapori del mondo

Il secondo ristorante multietnico di Gustamundo apre nel quartiere Aurelio

Roma offre una grandissima scelta di ristoranti, trattorie e pizzerie, tavole calde e street food, cucina italiana regionale e cucina etnica, ma c’è un ristorante speciale dove la cucina del mondo ha qualcosa in più, perché i cuochi ed il personale sono tutti migranti e rifugiati politici, e si chiama Gustamundo. Dal 2017 ad oggi, Gustamundo ha offerto non solo una cucina multietnica di qualità ma ha raccontato, attraverso i suoi piatti, le storie e le vite di tanti uomini e donne che hanno potuto trovare qui la dignità di un lavoro e la possibilità di ricominciare. Nato per promuovere l’integrazione economica e sociale dei rifugiati politici, richiedenti asilo e migranti attraverso la cucina, il ristorante  Gustamundo si presenta come un viaggio culinario immaginario nella cucina dei loro paesi, dove ogni piatto ci riporta i sapori ed i colori della terra di chi lo ha preparato, regalandoci anche uno sguardo più ampio sul mondo.

Il nuovo Gustamundo Bistrot

Dal 20 giugno, al ristorante Gustamondo 2, di via Via Macedonia 57/59 a San Giovanni, si è aggiunto anche Gustamondo Bistrot, in via Sebastiano Ziani 58, al quartiere Aurelio. Piccolo ed accogliente, con i colori caldi dell’America Latina e le sedie di legno colorate, offre anche uno spazio all’aperto dove, tranne la domenica, sia a pranzo che a cena, è possibile gustare oltre cinquanta specialità dal mondo.
Perché basta aprire il menu di Gustamundo per capire la filosofia che sta alla base del progetto, avviato grazie alla passione e all’impegno di Pasquale Campagnone. Siria, Turchia, Giordania, Albania, Gambia, Eritrea, Senegal, Marocco, Pakistan, India, Afganistan, Iran…c’è tutto il mondo in questo carosello di piatti e di colori, dove fare una scelta diventa difficile, perché si vorrebbe provarli tutti. Hummus, babaganouche e muhammara dove intingere il pane arabo, sarma e yaprak che avvolgono morbidi ripieni, piatti unici di carne e verdure serviti con riso basmati, zighinì e ingera, tajine di carne o piatti vegetariani dal sapori speziati ed invitanti, alcuni più conosciuti, altri spesso impossibili da trovare altrove nella Capitale. E se questo ancora non bastasse, al menu si aggiungono anche delle specialità tipiche del Centro America della sezione El Pueblo, con i classici tacos, i nachos, i chalupa, burritos e chilli con carne della tradizione tex mex, ad altri meno noti, provenienti da Stati come lo Yucatan, Sinaloa o Puebla, fino ad un tipico piatto Maya, il tamal, un invitante involtino di mais e carne. E a pranzo le tortas (panini), gli aperitivi, oltre ad una selezione di dolci e mango fresco.

Anjeza e Iman, la forza ed il sorriso

Sono i sorrisi di Anjeza e Imam che accolgono il pubblico, la loro gentilezza. La freschezza e l’orgoglio di chi lavora con dignità ed impegno, con un contratto, una famiglia e un luogo sicuro dove crescere e formarsi. Trent’anni entrambe, queste due giovani donne hanno storie diverse, un passato difficile alle spalle, ma negli occhi la stessa tenacia e la stessa voglia di vita. Anjeza, è partita dall’Albania sei anni fa ed ora vive con le due figlie in una casa in semiautonomia, insieme ad altre due donne ed i loro bambini. La passione per la pasticceria nata in Albania, ma solo a Roma la possibilità di studiare, frequentando un corso base ed uno intensivo di pasticceria della Regione Lazio. Grazie a Gustamundo ha potuto formarsi in sala e in cucina, avere un contratto e ricongiungersi, finalmente, dopo sei anni, con la prima figlia. “Non vedevo mia figlia da quando sono partita, le due sorelle non si conoscevano perché la più piccola è nata in Italia, ma finalmente dopo essere riuscita ad avere la piena patria potestà, sono riuscita a farla venire a Roma. Frequenterà la scuola, imparerà l’italiano, vivremo finalmente insieme. Per aiutarmi Pasquale ha creato il turno del pranzo, perché io possa lavorare quando le bambine sono a scuola. Non è stato facile avere un contratto perché ho avuto problemi con i documenti ma ora ce l’ho fatta, sono felice”.
Anche Iman, curda irachena, quattro figli, un marito ed un lavoro che la sostiene e le da forza, parla di sé con orgoglio: “sono arrivata in Italia da due anni e ho conosciuto Pasquale grazie alla Comunità di Sant’Egidio. A Cipro lavoravo già in un ristorante siriano dove ero manager e formavo altre persone, qui a Roma ho seguito il corso HACCP e mi sono formata. Conosco più di quattrocento piatti, ai quali vanno aggiunti anche quelli messicani che ho imparato qui. La sera, quando rientro a casa, sono stanca ma sono felice, perché aiuto la mia famiglia, i miei figli possono andare a scuola e possiamo vivere in pace. Siamo tutti fratelli”.
Queste storie aggiungono un valore, un sapore in più a dei piatti già buonissimi. Infondono speranza e fiducia, aprono lo sguardo e mostrano, ancora una volta, come la diversità sia una ricchezza, la cultura un caleidoscopio di sfumature, i confini dei tracciati da attraversare e la voglia di essere felice ciò che accomuna tutti gli esseri umani.

Natascia Accatino
(6 luglio 2024)

 

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