Arrivati in Albania i primi 16 migranti, erano sbarcati a Lampedusa

ULTIMA ORA: 16 ottobre ore 22.00
A distanza di nemmeno 24 ore dall’arrivo, 4 delle 16 persone trasportate nell’hotspot di Shenjin sono da riportare in Italia perché, dopo le operazioni di screening effettuate anche con personale OIM e supervisionate da UNHCR, 2  bengalesi sono risultati minorenni mentre 2 adulti sono in condizione di fragilità.

 

Sono arrivati, in queste ore, in Albania dopo un viaggio sulla nave Libra della Marina militare, salpata l’altro ieri da Lampedusa, 16 migranti salvati in acque internazionali – in area SAR italiana- dalla Marina militare. I migranti, selezionati da un primo screening, effettuato sulla nave, sono sbarcati nel porto di Schengjin in Albania, presso uno dei due Centri, costruiti ed allestiti dall’Italia, in ottemperanza dell’accordo stipulato, nel novembre del 2023, tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ed il primo ministro Edi Rama. Sono, loro malgrado, i primi ospiti  dell’hotspot di Schengjin che li accoglierà per effettuare le operazioni di identificazione e gli accertamenti sanitari necessari; sono tutti uomini, presumibilmente non vulnerabili e provenienti dall’Egitto e dal Bangladesh, paesi inclusi nella lista di Paesi dichiarati “sicuri” dal governo Italiano.
L’annuncio dell’operatività dei Centri, dopo svariati rinvii e infine con 5 mesi di ritardo rispetto alle previsioni della scorsa primavera che fissavano l’apertura per il 20 maggio scorso, ha sollevato immediatamente una serie di critiche e di dubbi provenienti dal mondo politico dell’opposizione, ma anche dalle organizzazioni della società civile che si occupano del mondo dell’immigrazione, nei confronti di quella che appare, sempre di più, un’operazione, dai costi spropositati, di propaganda politica operata dal governo che andrà ad impattare sui diritti delle persone limitandoli fortemente, a fronte dei numeri esigui delle persone che verranno effettivamente rimpatriate, alla fine delle procedure. Ciò nonostante  non sono mancate le manifestazioni di consenso e di gradimento arrivate alla Presidente del Consiglio da altri componenti dell’Unione Europea e dalle dichiarazioni rilasciate dalla Presidente della Commissione, Ursula von der Layen, che ha invitato gli altri paesi europei a sviluppare Hub di rimpatrio, per richiedenti asilo respinti, come quelli costruiti dall’Italia in Albania.
Dal momento del loro arrivo, la sezione immigrazione del tribunale di Roma avrà 48 ore di tempo per confermare il provvedimento di fermo firmato dal questore di Roma. Se il fermo verrà confermato, chi avrà riconosciuti i requisiti per richiedere l’asilo, verrà trasferito nel centro di Gjader che si trova a venti chilometri di distanza e, in teoria, entro 4 settimane, a conclusione dell’iter accelerato previsto per il riconoscimento della protezione internazionale, verrà nuovamente trasferito in Italia. Rimarranno lì solo le persone a cui sarà rifiutato l’asilo che saranno trasferite in un CPR  sempre a Gjader, in attesa di essere rimpatriati.

Hot spot per migranti al porto di Shenjin, Albania (AP Photo/Vlasov Sulaj)

La procedura di convalida del trattenimento: parla Gianfranco Schiavone

“La procedura accelerata di frontiera, per legge, non può durare più di 28 giorni” precisa l’Avv. Gianfranco Schiavone, giurista dell’Associazione studi giuridici dell’Immigrazione (Asgi) a Piuculture “ se dura più di 28 giorni la persona non può essere trattenuta e la procedura, se ancora in corso, continua secondo il modello ordinario.  Prima ancora di questa tempistica, però” prosegue Schiavone “la questione primaria che dovrà essere affrontata è la convalida del trattenimento dei migranti, sottoposti alle procedure accelerate di frontiera.  La sezione dell’immigrazione del Tribunale di Roma, che esaminerà i singoli casi, dovrà decidere se ci siano i requisiti per convalidare il trattenimento delle persone nelle strutture albanesi.  Il problema é fondamentale” continua Schiavone “perché  la procedura accelerata di frontiera confligge con il principio cardine del diritto europeo  che è proprio il divieto di trattenimento generalizzato e l’obbligo di «una valutazione caso per caso” (Direttiva 2013/33/UE articolo 8).  In Albania, il giudice non ha la possibilità di fare una scelta tra il trattenimento e un’altra misura che sia un’alternativa alla detenzione, perché in Albania non è previsto un centro che non sia di trattenimento.” rimarca l’avvocato dell’Asgi, “Ciò vuol dire che tutte le volte che non verrà riconosciuta l’applicazione della misura del trattenimento, le persone dovranno essere riportate in Italia. Si verrà a creare una situazione paradossale” afferma Schiavone, “i migranti andranno avanti e indietro con logistica e costi imponenti ” poi prosegue “oppure c’è la possibilità di un’interpretazione giuridica più rigida, da me ritenuta la più giusta, che prevede il coinvolgimento della Corte di Giustizia dell’Unione europea nella convalida di ogni singolo trattenimento.”

Il problema dei paesi d’origine “ sicuri”

“Superata la prima questione di come i giudici valuteranno la misura del trattenimento – di fatto generalizzato per chiunque venga portato in Albania – si dovrà affrontare il problema dei paesi d’origine considerati “sicuri” di cui si è già tanto parlato ” dice Schiavone “ Cioè si dovrà capire se i paesi da cui provengono queste persone siano realmente sicuri, perché questa è la condizione indispensabile per applicare la procedura speciale di frontiera e il trattenimento. Sull’interpretazione di “paese sicuro” la giurisprudenza si sta orientando, a ragione, in maniera molto rigorosa” poi afferma “Per la direttiva europea, non basta che un paese sia stato inserito in una sua lista dal governo italiano per essere considerato sicuro:  Il giudice è tenuto a valutare in concreto se il paese di origine del richiedente è sicuro nel senso indicato dal diritto europeo; se non lo è la procedura diviene ordinaria e non prevede alcun trattenimento.” “Sappiamo anche da recenti sentenze che molti tribunali hanno scelto di non convalidare negli hotspot italiani i trattenimenti dei tunisini ma anche degli egiziani o di altre nazionalità, ritenendo che il paese d’origine non fosse affatto sicuro” prosegue Schiavone ” Infine una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’UE delimita la categoria dei “paesi sicuri” e ribadisce il controllo della giurisdizione sulle decisioni amministrative, bocciando l’attribuzione di paese “sicuro” formulata dall’Italia.”
“Siamo quindi di fronte a più di un problema, prima ancora che inizi l’esame della domanda del richiedente asilo, ma la questione che può far saltare tutto il banco” ribadisce con convinzione “ è proprio la convalida o meno del trattenimento, cioè la valutazione che daranno i giudici sulla legittimità dei trattenimenti”.

Il problema del rispetto delle garanzie della direttiva europea

“Altra questione fondamentale, una volta iniziata la tempistica prevista per l’esame della domanda d’asilo è se saranno rispettati le garanzie minime previste dalla direttiva europea. I migranti si troveranno nell’impossibilità di contattare di persona un avvocato perché logicamente la distanza dall’Italia sarà un ostacolo. Lo stesso avverrà per le organizzazioni indipendenti a cui viene impedito l’accesso nei centri. Come parlerà il richiedente con il suo avvocato, in quale lingua e con quale mezzo tecnologico?” si chiede Schiavone “Di fatto si tratterrà di una persona a cui viene impedito di esercitare i propri diritti che vengono solo enunciati ma di fatto rimangono sulla carta. L’intera vicenda sembra costruita per isolare queste persone in uno spazio lontano da tutti per poter avere un margine di manovra molto più ampia, per colpire direttamente i diritti fondamentali delle persone togliendo l’effettività del diritto” conclude con una certa amarezza.

Le dichiarazioni della  Presidente della Commissione europea Ursula von der Layen

“Ho trovato molto sconvenienti le dichiarazioni della von der Layen, che plaude all’iniziativa del governo italiano ed invita altri paesi europei a costruire hub per il rimpatrio dei richiedenti asilo respinti come in Albania, sia perché le operazioni sono in corso, sia perché sembra aver tradito quello che era lo spirito europeo delle politiche sull’immigrazione. Il presidente della Commissione europea non dovrebbe sembrare un politico in campagna elettorale, dovrebbe essere una figura di garanzia, come da mandato assegnatole dall’Europa.”

il coinvolgimento dell’UNHCR- Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati-

“Credo che l’Unhcr non debba fare da garante dell’operazione, non è il suo compito: il suo compito è quello di fare monitoraggio esterno ed indipendente, registrare quello che avviene e se quello che avviene non è conforme al diritto internazionale  ha il dovere di dirlo.” afferma Schiavone ” Bisogna che l’Alto Commissariato stia molto attento a svolgere in maniera corretta queste funzioni per non finire a svolgere il ruolo di ente di copertura. Il confine c’è ma rischia di essere valicato facilmente. Al momento l’Organizzazione non ha rilasciato dichiarazioni e non lo farà per un lungo periodo che sarà solo di osservazione.”

I costi dei Centri albanesi e della macchina organizzativa indispensabile al loro funzionamento

“ Mi sento di dire che i costi previsti sono assolutamente sottostimati perché i costi reali probabilmente non tengono conto di missioni a costi sproporzionati come quella attuale – che per accompagnare 16 persone in Albania ha messo in moto una nave della Marina con tutto ciò che comporta – e che potrebbero ripetersi in altri momenti- del fatto, inoltre, che le strutture potrebbero essere semivuote ma comunque presidiate da un numero spropositato di personale. Attualmente queste 16 persone verranno controllate da altre 100 persone. La valutazione dei costi è sia una valutazione in assoluto che in relazione all’obiettivo, quanto costa per persona o per procedura. Se guardiamo quanto costa per procedura, parliamo di cifre che fanno rizzare i capelli. Bisogna considerare il principio della congruità dei costi, bisogna chiedersi se per attuare questa procedura che poteva essere tranquillamente svolta in Italia sia legittimo che chi detiene il potere esecutivo possa fare dei soldi dei cittadini quello che vuole” “ Prima ancora che una domanda giuridica è una domanda etica, bisogna chiedersi se sia giusto, per finalità politiche, utilizzare fondi pubblici in questo modo.” ha concluso Schiavone.

Visite, iniziative e monitoraggio delle procedure

“Si prevedono visite, missioni, iniziative di monitoraggio indipendente, per monitorare tutte le questioni che girano intorno alla vicenda Albania” preannuncia, infine, Gianfranco Schiavone.
“Un po’ tutte le organizzazione italiane che si ritrovano intorno al cosiddetto “Tavolo Asilo” l’ARCI, la federazione Chiese evangeliche, l’ASGI, Save the Children, ActionAid, Amnesty International, ed altri, hanno avuto già una riunione online per programmare iniziative e visite nei centri, benché le uniche persone autorizzate a parlare con i migranti siano, al momento, gli operatori dell’Ente gestore e del personale del Ministero dell’Interno;  non sono previsti accessi da parte di organizzazioni terze che nulla hanno a che fare con la gestione, con lo scopo di monitoraggio. Questo divieto sarà un elemento grave da valutare”.

 

Nadia Luminati
(16 ottobre 2024)

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