Oltre la Frontiera. L’accordo Italia-Albania

“Oltre la frontiera, l’accordo Italia – Albania tra propaganda e sospensione dei diritti” è il titolo del rapporto presentato alla Conferenza Stampa dal Tavolo Asilo e Immigrazione che si è tenuta il 25 febbraio.

Il report si basa sulle tre missioni in Albania da parte delle organizzazioni che partecipano al Tavolo Asilo e dei parlamentari che hanno aderito per un’indagine approfondita dei campi e di come vengono gestiti sia i trasferimenti che le pratiche di identificazione dei migranti destinati a Shengjin e Gjader.

Filippo Miraglia, vice presiedente Arci, ha introdotto gli ospiti, con la premessa che, per quanto concerne i trasferimenti dei migranti nei centri albanesi, si dovrebbe parlare correttamene di “deportazioni”. Il rapporto, dice Miraglia, significa mettere un punto a ciò che viene chiamato “modello Albania”.  Il report del TAI si articola su tre piani:

  • il racconto
  • la denuncia
  • la prospettiva.

La società civile albanese e i centri italiani

Il rapporto non si è limitato a raccogliere le testimonianze delle persone coinvolte ma anche di rappresentanti della società civile albanese, contrari all’insediamento dei due centri italiani in quello che l’attivista albanese Fioralba Duma non esista a definire un “accordo incostituzionale”, in quanto non controfirmato dal Presidente della Repubblica come previsto dalla Costituzione albanese.  I centri, rileva Duma, nascono nella zona che ha visto partire la maggior parte dei migranti albanesi verso l’Italia. Una zona molto povera e ora svuotata, alcuni sono contrari ai centri memori del loro stesso vissuto, altri cercano di trarne qualche profitto grazie al personale italiano che ora vive lì e all’improvvisa notorietà del luogo.

Oltre la frontiera e la violazione del diritto d’asilo

Mentre Francesco Ferri, membro della delegazione del TAI, spiega la ragione del termine “Oltre la frontiera”, “Tutto avviene oltre il confine dell’Italia, una sperimentazione inedita perché al di fuori delle garanzie del diritto, si tratta di un’eclatante violazione dei diritti”, Lorenzo Trucco, Presidente ASGI, ribadisce che con l’accordo italo albanese si è “calpestato il diritto d’asilo, si è toccato il nucleo centrale delle Libertà”, sancito dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra. Trucco denuncia, come già rilevato da Miraglia, la mancanza di trasparenza in tutta la fase di pre-screening, quella in cui il personale che recupera i migranti in mare, è quindi un acque internazionali, quello che la senatrice Boldrini definisce un vero e proprio sequestro di persona,  decide chi destinare ai centri albanesi e chi può approdare in Italia. Il prescreening non è normato in alcun modo, non si sa chi e come viene fatto, tutto deve avvenire in modo veloce, in quello che Trucco definisce “un delirio procedurale”. Trucco denuncia altresì la mancanza di un reale diritto alla difesa al migrante avrebbe diritto. I termini per fare ricorso da parte del migrante sono risibili.

Il concetto di vulnerabilità, violenze fisiche e psicologiche

Così come non è chiaro il concetto di vulnerabilità, aggiunge Daniela Di Rado, legale del CIR . Vengono risparmiati i minori e le donne e coloro sui quali sono evidenti i segni delle violenze subite, tutti provenienti dai campi libici. Chi non è in possesso di un passaporto viene destinato ai centri in Albania. Nel centro albanese viene fatto un secondo screening dove, in base alle ultime evidenze, un altro 10% viene riconosciuto vulnerabile. Al concetto di vulnerabilità si richiama anche Roberto Maccaroni, responsabile sanitario di Emergency, “Tutti i rifugiati sono vulnerabili”. Maccaroni si richiama al DL del 2015, n. 142 art. 17 comma 1, in cui si fa riferimento a persone vittime di violenze psicologiche, “Alcune di queste” rileva Maccaroni “emergono a distanza di giorni ma anche mesi, le navi di Emergency hanno uno staff dedicato ad identificare le fragilità ma è un sistema incompleto sia per le tempistiche che per l’ambiente in cui viene svolto”.

La necessità di una corretta informazione

Di diritti violati parla anche l’onorevole Rachele Scarpa che ha partecipato alle tre missioni di monitoraggio in Albania. Oltre al fallimento etico dei centri in Albania, Scarpa sottolinea quello logistico e denuncia la mancanza di una corretta informazione, “i cittadini italiani sono stati tenuti all’oscuro di come è stato pensato il processo di trasferimento dei migranti, ad esempio” dice “nessuno sapeva che il prescreening venisse fatto sulla nave”. Scarpa ravvede anche il fallimento del maldestro tentativo di rilancio da parte del Governi italiano dei centri di Senjin e Gjader che li vedrebbe trasformarsi da centri di identificazione a CPR; infatti, non si parla più del progetto di trasformazione.  Riccardo Magi si richiama proprio all’inattuabilità della trasformazione dei centri in Albania in CPR e li definisce “un giocattolo per la propaganda”.

L’accordo con l’Albania, “un accrocco” destinato a fallire

Diritto alla difesa, vulnerabilità sono concetti troppo vaghi e non normati, dice Fausto Melluso dell’ARCI, in Albania non ci sono “invulnerabili, è un disastro che oltretutto non risponde né ad un’esigenza pratica né economica.

“Questo accordo” dice Laura Boldrini “è un accrocco” anche da un punto di vista del protocollo. L’Albania non è l’Italia, normative italiane e UE vengono applicate in un territorio non italiano e extra UE. Boldrini si riallaccia anche al tema della discrezionalità con cui viene deciso chi può approdare in Italia e chi no. “Per chi non è in possesso di un passaporto c’è una presunzione di nazionalità, fatta in mezzo al mare.  Dopodiché, il migrante viene messo in contatto in video conferenza con colui che dovrebbe essere il suo avvocato difensore, senza un’intermediazione linguistica, il diritto alla difesa è stracciato” dice Boldrini “le persone non hanno la minima idea di che tipo di colloquio abbiano fatto e c’è anche chi in buona fede dice di aver parlato con il suo avvocato”.

In ogni caso, il progetto Albania è destinato a naufragare in quanto il Patto Europeo 2026 non prevede alcuna esternalizzazione della procedura d’asilo.

Livia Gorini
(25 febbraio 2025)

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