La nuova Siria contro la comunità alawita

Sono trascorsi poco più di tre mesi dalla caduta del regime di  Bashar al Assad e del suo partito unico il Baath, per mano di una coalizione di ribelli Jihadisti guidati dall’ex qaedista Ahmed al-Sharaa, nome di guerra Abu Mohammed Al Jolani, ed il paese sembra già precipitato nuovamente nel caos e nella violenza. Dopo l’insurrezione guidata da gruppi armati fedeli ad Assad, avvenuta il 6 marzo, la Sicurezza nazionale siriana ha attaccato violentemente centinaia di civili; in pochi giorni sono stati uccise più di mille persone, secondo le stime dell’Osservatorio per i diritti umani, che da quasi 20 anni monitora e documenta le violazioni nel paese. Le vittime vivevano in 40 diverse località tra le regioni costiere e quelle di Hama e Homs. Si tratta in larga parte di alawiti, ma anche di cristiani.
Amal, la chiameremo così,  vive a Roma da qualche anno, dove studia, è siriana, originaria di una di quelle città della costa che ha subito le violenze più terribili, appartiene alla comunità alawita e in Siria vive ancora tutta la sua famiglia; sabato 22 marzo parteciperà al sit in pacifico, in Piazza Santi Apostoli, per richiamare l’attenzione dei cittadini romani sui fatti cruenti che hanno colpito duramente la sua comunità.
“I massacri della nostra gente che abitava nelle città costiere di Tartus, Baniyas, Latakia, e delle aree di Sanobar, Jablen, Stamo, si dice siano la conseguenza di una Fatwa contro gli alawiti fatta dall’Imam Ibn Taymiyya, un teologo arabo vissuto nel XIII sec., ancora attiva oggi. La fatwa dice che qualsiasi persona che appartiene a questa minoranza va eliminata. I genocidi nei nostri confronti ci sono sempre stati, durante l’impero ottomano, ad esempio. Oggi i Jihadisti presenti in Siria, anche quelli non siriani, i componenti della Sicurezza nazionale e i mercenari che provengono dal mondo arabo e non solo: iracheni, ceceni, uiguri dello Xinjiang, algerini e marocchini, tutti sunniti, proseguono la Fatwa”.
Poi afferma con sicurezza, “Per noi alawiti non esiste l’obbligo religioso, noi siamo liberi di seguire i precetti religiosi solo se vogliamo, non siamo obbligati al digiuno per il Ramadan, noi donne non abbiamo l’obbligo di portare il velo. Non riteniamo nemmeno di dover diffondere la religione in cui crediamo, non siamo missionari. Noi crediamo nella reincarnazione, la nostra religione è più orientata verso la filosofia e la spiritualità, non siamo dei violenti”. Spiega ancora Amal, “siamo cresciuti nella libertà religiosa. Quando Assad padre è arrivato al potere, nel 1970, visto che ci consideravano degli infedeli, si è accordato con gli Sciiti per diventare presidente, perché la legge dice che devi essere mussulmano per fare il presidente, e da allora siamo stati considerati uguali agli sciiti, ma in realtà noi siamo molto diversi”. Amal non nasconde la preoccupazione né il dolore per i fatti cruenti che hanno riguardato la sua gente, amici e persone che la sua famiglia conosceva bene.

La violenza contro la comunità alawita: un massacro annunciato

 

“I massacri dei giorni scorsi, contro la nostra gente, sono stati giustificati dicendo che le persone uccise erano uomini di  al Assad, che lavoravano per lui o sostenevano il suo regime, ma non è affatto vero, è stata uccisa la popolazione di interi paesi, famiglie, donne, bambini, medici, farmacisti”. Continua Amal “Conosciamo tutti le persone uccise, non è affatto così, molti di loro sono stati oppositori del regime di al Assad e sono stati persino in carcere, molti oppositori del regime erano alawiti”. Aggiunge ancora con convinzione “Già nei primi giorni del  nuovo governo sono stati licenziati migliaia di alawiti dal loro lavoro, senza una comunicazione ufficiale, senza nemmeno pagargli gli stipendi”  Amal è convinta che non siano episodi di violenza arginabili ma l’inizio di una nuova persecuzione nei confronti del suo popolo. “La moglie di Assad era sunnita e basta fare una ricerca per vedere che molti nei ministeri e nell’esercito erano sunniti.  Non è vero quindi che gli alawiti occupavano tutti i posti statali. La persecuzione verso di noi sembra piuttosto fatta per cambiare la demografia della costa siriana, chi è fuggito dalle case è stato inseguito persino nei boschi o è morto per gli incendi che sono stati appiccati dalle milizie mercenarie. Sono state rubate le automobili, hanno apposto scritte sui negozi “negozio sunnita o negozio alawita”, perché venissero colpiti solo gli alawiti, visto che molti degli assalitori erano stranieri.“

La nuova Siria e la probabile deriva fondamentalista

Amal non si sente affatto rassicurata dalla costituzione appena approvata, che sarà valida, secondo le intenzioni del governo, per 5 anni. L’articolo 2 stabilisce che il presidente deve essere musulmano e soprattutto che la giurisprudenza islamica è la fonte primaria della legislazione. Garantito il rispetto della libertà di culto solo per le religioni abramitiche. “Anche la costituzione nuova si basa sulla legge mussulmana: il Fiqh, la giurisprudenza islamica, quindi è una costituzione fondamentalista, è pericolosa. Non capisco come mai i paesi confinanti con la Siria non si sentano minacciati. Loro non si fermeranno, valicheranno anche i confini siriani, stanno cercando già di entrare in Libano. Se Al Jolani ha cambiato i suoi vestiti non per questo ha abiurato il suo passato: il governo ha annunciato sì assistenza sanitaria gratuita ma solo per 6 città siriane, non sono state inserite le città costiere, dove la nostra comunità è stata colpita in modo terribile e non ci sono più medici perché molti di loro sono stati uccisi. Ci sono persone che avrebbero bisogno di cure urgenti  e nessuno può aiutarli. Nelle università, inoltre, appena abbattuto il regime, è stata imposta la preghiera e hanno vietato alle donne di prendere gli stessi ascensori che prendevano i ragazzi, stanno costruendo all’interno anche una Moschea. Tutti noi abbiamo paura che venga instaurato un regime islamico e fondamentalista.

”La Siria e il futuro incerto confidando nei corridoi umanitari

“Per fortuna abbiamo ricevuto segni di solidarietà dalle altre minoranze, perché ci sono i curdi alawiti, i turchi alawiti, turchi arabi alawiti ma soprattutto siamo stati aiutati dalla popolazione curda.  Molti alawiti si sono rifugiati nella base russa e sono ancora lì, per il momento sono accolti e sfamati ma per quanto durerà? cosa accadrà di loro se i russi li dovessero respingere?” Si chiede Amal. “La situazione è sempre più preoccupante anche in Turchia. In Siria stanno minacciando anche i cristiani, molti di loro sono stati già uccisi sulla costa e sono convinti che saranno la prossima minoranza ad essere perseguitata dal nuovo regime. Stiamo sperando in un futuro di divisione, non possiamo vivere in mezzo ai fondamentalisti. Forse la soluzione potrebbe essere uno stato federaledichiara Amal, “Stiamo cercando anche di documentare e raccogliere, per i giornali, le prove dell’odio che è arrivato nei confronti della nostra comunità persino da alcuni paesi europei come la Germania e l’Olanda o addirittura dal Canada, si tratta di insulti via social.“
Amal non crede in un futuro positivo per la nuova Siria, non ha speranze che la situazione possa risolversi pacificamente, teme anzi che nazioni come la Turchia, Israele, gli USA e la Russia puntino a dividere ulteriormente la Siria per approfittare delle sue risorse e della sua posizione strategica nel Mediterraneo. “La costa siriana è ricca di gas, nell’est della Siria c’è il petrolio“ dice ancora e, infine, non nascondendo la speranza che pure la anima  “mi auguro che le organizzazioni internazionali facciano dei corridoi umanitari per mettere in salvo le persone, almeno le più fragili e ferite, e che proteggano le minoranze come la nostra. Una minoranza va protetta per tantissimi motivi: uno, per il fatto stesso di essere minoranza, due perché siamo pacifici, tre perché abbiamo una storia antica e ricca da conservare. Noi abbiamo un calendario antico di oltre 6000 anni, differente dal vostro. Per noi il nuovo anno si festeggia il 1 aprile, anche i mesi dell’anno si chiamano in modo diverso. Nel nostro dialetto abbiamo mantenuto molte parole che non sono arabe. C’è un patrimonio culturale e umano da preservare”.

Nadia Luminati
(21marzo 2025)
foto di Alessandro Guarino
(22marzo 2025)

Leggi anche:
Siria, 9 anni di guerra
Siria, un paese sfigurato dalla guerra
Famiglie siriane arrivate con il corridoio umanitario