“L’Europa in versi” è la serata di reading organizzata per venerdì 21 marzo, in occasione della giornata mondiale della poesia, presso l’Accademia d’Ungheria, da EUNIC Roma ( European Union National Institutes for Culture) in collaborazione e con il sostegno di FUIS ,Federazione Unitaria Italiana Scrittori. La rassegna, giunta alla sua dodicesima edizione, vuole celebrare il ruolo privilegiato della poesia nella promozione del dialogo interculturale, della comunicazione e della Pace Saranno 15 le voci poetiche della poesia contemporanea europea, riunite presso Palazzo Falconieri, che declameranno poesie in lingua originale, mentre la traduzione italiana verrà proiettata in simultanea su uno schermo.
Alla serata, moderata da Maria Ida Gaeta, vicepresidente Comitato di Roma della Società Dante Alighieri, partecipano: Markus Köhle per l’Austria, Maria Laleva per la Bulgaria, Petr Halmay per la Cechia; Astrid Haerens per le Fiandre, Lucianna Argentino per l’Italia; Ramunė Brundzaitė per la Lituania; Marzanna Bogumiła Kielar per la Polonia; Andreia C. Faria per il Portogallo; Magda Cârneci per la Romania; Nenad Šaponja per la Serbia; Zuzana Husárová per la Slovacchia; Chus Pato per la Spagna; Laura Accerboni per la Svizzera; Iryna Tsilyk per l’Ucraina; Gabor Lanczkor per l’Ungheria.
Perché parlare di Poesia in tempi di guerra
Nel difficile periodo storico che stiamo vivendo, mentre a poca distanza dalle nostre vite e dalla nostra tranquilla quotidianità si svolgono conflitti e occupazioni sanguinarie, ha ancora un senso parlare di poesia, scriverla e leggerla?
Inviata a Kharkiv, il 12 maggio 2022, nel primo anno di guerra tra Russia e Ucraina, la giornalista Francesca Mannocchi ha intervistato il poeta ucraino Serhij Zadan, a proposito del senso della poesia in tempo di guerra. “La poesia non combatte e nemmeno influenza la guerra. La poesia aiuta a riflettere e, forse, ci aiuterà a restare umani, in futuro. A non alimentare l’odio… è prematuro pensarci oggi. Forse il presente non è pronto per la poesia. Nel Gulag i versi di Pasternak venivano ricopiati come fossero pane, brandelli di cuore sotto una coltre di sale. La poesia rende vivi, fa sopravvivere, ricorda all’uomo che cos’è l’uomo.” ha affermato il poeta.

Perché parlare di Poesia nel tempo dei social
“ Io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà. Ma non è il solo, essendo la poesia una produzione o una malattia assolutamente endemica e incurabile” ha detto il poeta Eugenio Montale in occasione della cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Letteratura, nell’ottobre del 1975. Montale ha sostenuto che la poesia fosse legata all’intima essenza dell’essere umano e dunque sarebbe rimasta viva, nonostante “lo sfondo cupo dell’attuale civiltà del benessere nel quale le arti tendono a confondersi, a smarrire la loro identità. Le comunicazioni di massa, la radio e soprattutto la televisione, hanno tentato non senza successo di annientare ogni possibilità di solitudine e di riflessione.” Dal 1975 ad oggi le comunicazioni di massa hanno compiuto passi da gigante e viene spontaneo pensare se abbia ancora senso oggi, sommersi come siamo da sms e messaggi WhatsApp, da email e da slogan, da avatar e da influencer virtuali, scrivere o leggere poesie. Quale ruolo svolge la poesia nella nostra vita?
Per dirla con le parole della poetessa Emily Dickinson “Accendere una lampada e sparire/Questo fanno i poeti/ Ma le scintille che hanno ravvivato/ se vivida è la luce, durano come i soli./ Ogni età una lente/che dissemina/la loro circonferenza.” (Tutte le poesie,1987, Mondadori) La poesia ha la capacità di connetterci con il mondo presente. Potremmo dire ancora meglio che l’atto che la poesia compie è quello di celebrare le cose, come dice Rilke nella Nona Elegia: “Tra i magli resiste/ il nostro cuore, come resiste/ la lingua tra i denti/ che resta, tuttavia, tutto malgrado, per lodare”.
A scorrere i numerosi componimenti poetici in cui ci si imbatte frequentando i social network, la poesia non viene più percepita come un mondo elitario, distante, ma grazie anche alle nuove giovani voci, è tornata popolare tra i più, e la ragione è da individuare nel bisogno umano di parole, inestinguibile; parole che aiutano a entrare in contatto con la parte più profonda di noi, parole che con immediatezza trasmettono significati e aprono nuovi sguardi sul mondo e al tempo stesso accomunano gli uomini di culture ed epoche lontanissime tra loro. Proprio per il potere di quest’arte di unire i popoli della Terra, nel 1999 l’UNESCO ha indetto e celebrato per la prima volta la Giornata Mondiale della Poesia. “La poesia è una lettera d’amore indirizzata al mondo”, ha detto Charlie Chaplin, e dietro molti componimenti poetici, forse, possiamo vedere davvero un tentativo di amare la vita sempre e comunque.
L’Europa in versi: alcune voci poetiche
Da Poesia Transneuronale (frammenti)
Non più lamenti storici, non più autocommiserazione,
non più abissi infra- e subconsci
Sublimo i loro mari di fango in prodotti ipernoetici.
Mi sono lasciato alle spalle la cultura delle vanagloriose larve di farfalla
una terra incolta piena di specie scomparse,
rinchiuse nel loro carapace concettuale di chitina.
Ho superato la marea atavica istintiva-lacrimosa Sono sull’altra sponda qui è pulito è un po’ fresco
Alla fine sono tornato in me,
una torre altissima al di sopra della natura.
Sono nel sancta sanctorum, nel mezzo del cervello
nel programma ultra centrale
Mi agito come uno space shuttle ubriaco, beato
nel mio vuoto neurale.
Ora è il grande gioco di chi vince,la schiuma mielinica vuole un mondo surreale.
Il turbine delle sinapsi attende un nuovo farmaco,
una proteina illimitata
Lo riempirò di nuove costellazioni.
(Magda Cârneci)
Alla serata di reading, l’Accademia di Romania sostiene la partecipazione della poetessa Magda Cârneci, anche scrittrice di prosa, saggista d’arte e traduttrice, é attivista culturale, femminista e membro del Parlamento culturale europeo. Le sue poesie sono state tradotte in numerose lingue e sono apparse in diverse antologie. Il suo romanzo femminista FEM è stato tradotto in francese (Non Lieu, Parigi, 2018) e in inglese (Deep Vellum, USA, 2021) ed è stato finalista al PEN America Translation Award 2022. Il poeta di Magda Carneci desidera essere coinvolto, desidera che la sua voce venga ascoltata nel mondo, ma gli manca una cassa di risonanza. Le preoccupazioni della società sono più grandi del divertimento di ascoltare i suggerimenti spesso sibillini di cavalieri eterei.
Regista e scrittrice, Iryna Tsilyk, è la voce poetica proveniente dall’Ucraina. ‘The Earth Is Blue as an Orange‘, è il pluripremiato documentario girato nel Donbass, che le Ambasciate di Ucraina e Lituania, insieme a Cineteca Milano e a numerose sale in tutta Italia, hanno programmato nel 2022 in segno di sostegno all’Ucraina. Iryna Tsilyk è anche una delle diplomatiche culturali più attive dell’Ucraina, fin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Nel 2022 è diventata la prima ucraina a far parte della giuria del Golden Eye Award al Festival di Cannes. Attualmente sta lavorando al progetto di un documentario animato “Red Zone” , sui primi mesi dell’invasione russa, sostenuto dal fondo europeo Eurimages. Dopo il primo shock del 24 febbraio 2022, dopo le bombe su Kyjiv e Charkiv, i poeti ucraini si sono ripresi e mobilitati, chi arruolandosi al fronte, come lo scrittore Artem Čech – marito di Iryna Cilyk, chi dedicandosi al volontariato nella propria città, come Serhij Žadan e Kateryna Kalytko, chi scegliendo la parola come arma per difendere la propria terra, la propria vita, il proprio futuro e quello dei propri figli, come Halyna Kruk, Viktorija Amelina, Julija Musakovs’ka e Lesyk Panasjuk.
La poesia di Iryna Tsilyk trova posto in Italia nell’Antologia dedicata a i poeti ucraini “Poeti d’Ucraina”: scrivere versi prima e dopo il 24 febbraio 2022″ antologia curata da Alessandro Achilli e Yaryna Grusha Possamai, nella sezione dedicata al 2014, la più ricca dell’antologia con ben ventinove poesie. “Senza un volto” è una delle sue ultime liriche:
Lei è davanti allo specchio. L’abito è a pois, la fede nuziale è semplice,
Catena sottile, nel ruolo tra i seni – la figura di Cristo,
mani deboli, unghie corte, striscia rosa di una vecchia cicatrice.
Lei sta in piedi, pensa: strano, ma non ho la faccia.
E come è successo, ricordo di avere una faccia.
Avevo forchette, sopracciglia, occhi azzurri, fine della fine.
E quanti ne sto così? È martedì o forse giovedì?
E come faccio ad andare avanti come faccio a vivere senza una faccia adesso?
I parenti sono venuti, le hanno lavato la testa, l’hanno data alla guidazepam.
Ho fatto arieggiare la casa. Abbiamo pianto insieme. Inspira ed espira, breve spasmo.
Dai uccellino, mangia un po’, dai piccolino, o vai a dormire.
Hanno raccolto lame e coltelli. Vai a prendertene uno. Un paio di giri tristi e tranquilli.
Tutti dicono: bisogna vivere. E come nello specifico, nessuno insegna.
Lei sta in piedi e pensa: tu senza faccia urli ora non urlare,
il mondo non sentirà. Orticaria di corte. Una bocca piena di terra è stretta.
La danza Uroborosa è senza buio. I giorni dei tessuti superflui.
E in qualche modo la mattina arriverà alla fine della matita rossa
E disegna un sorriso storto e gli occhi su metà viso.
Facendo una passeggiata per la città. Mi ricorda come ci si sente a ridere fino a gemere.
Andiamo piccolina. Qui c’è metà del paese sorridente come te.
Nadia Luminati
(20 marzo 2025)
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