Si sono incontrati a Spintime, in via Santa Croce in Gerusalemme, domenica 30 Marzo, l’ultimo Iftar del Ramadan 2025 ed il capodanno persiano, ricorrenza che festeggia l’arrivo della primavera, conosciuto come Nawroz.
La meditazione di Bob
La serata di festeggiamenti è iniziata con un Laboratorio di meditazione e mindfulness condotto da Bob Bonson, un ragazzo di origini africane.
Attività resa possibile grazie al supporto di ActionAid. L’evento è stato promosso dalla Comunità afgana e iraniana, insieme alle associazioni La Scuola di Herat e Nawroz. Inoltre, rientra nell’ambito del progetto Abitare la città.
Ai partecipanti al Laboratorio è stato dato un velo giallo da mettere al collo o tenere in mano, poi hanno iniziato a ballare in cerchio tenendosi per mano, “è un modo per collegarsi con il compagno, l’obiettivo trasmettere l’amore e sentire l’amore che il compagno trasmette a voi.” Racconta Bob ai partecipanti durante l’incontro.
“Questa meditazione si chiama Ballo di cura e le prime volte non è facile riuscire nello scopo, probbabilmente non ci si riesce” spiega Bob.
Il Nawroz lontano da casa
Il Nawroz è una festa che celebra la natura ed in particolare l’arrivo della primavera quindi il rinnovamento. Conosciuta anche come “il capodanno persiano” è festeggiata in diverse regioni del mondo come l’Iran, Afganistan, Siria, Turchia, la festeggiano le popolazioni Curde, tanti paesi in centro Asia, ed in Pakistan.
“Il Nawroz in Afganistan è proibito, però noi come diaspora cerchiamo di mantenere viva questa tradizione importante e millenaria, almeno all’estero.
I talebani, che hanno una visione estremista e fondamentalista della religione islamica, hanno bannato la festa di Nawroz e quindi nel nostro paese viene celebrata in clandestinità. Si tratta di una festa preislamica e la religione non ha a che fare con questa festa”
Ci spiega Morteza Khaleghi che da anni organizza il Nawroz presso Spintime.
Non è Nawroz senza Haft-Seen
L’Haft-Seen è un rituale tipico di questa festa e consiste nel mettere su di un tavolo una serie di elementi che in lingua Farsi iniziano con la lettera sacra, la S, come è anche sacro il numero 7, infatti questo è il numero minimo di elementi da porre sulla tavola.
L’artista iraniana, Houra, ce li elenca traducendoli in lingua Farzi: “abbiamo la Mela, che in Farzi si dice Sib( سیب), poi l’Aglio ( سیر , Sir) c’è il Samagh (سماق) che sarebbe il vostro Somacco siciliano, poi c’è l’Aceto (Sarkeh, سرکه), Samano(سامانو) pronunciato Samanù, un dolce tradizionale a base digrano, molto difficile da fare perchè deve cuocere un giorno intero.
Ci sono delle monete che rappresentano la Ricchezza (Serot ثروت)
Dietro mettiamo uno Specchio per riflettere tutta la vita con cui possiamo vedere un simbolo di tutto.
Qui abbiamo messo delle Uova di Pasqua, abbiamo preso questo simbolo dai cristiani anche se non iniziano con la lettera s.
Questo invece è Sabse (Sabes, سابس) è del Grano appena nato in un vaso.”
L’ultimo iftar del ramadan
Quest’anno le date del Nawroz e della fine del Ramadan coincidono “la nostra comunità pratica la religione islamica, però siamo molto laici, celebriamo nawroz e quindi siamo contenti di far concidere queste due feste, una islamica e l’altra preislamica per celebrarle qui in questo spazio” spiega Mortesa.
Di conseguenza Appena è tramontato il sole un importante spazio è stato dato all’Iftar, il ristorante che preparava cibo dal pomeriggio ha aperto le porte, riempendo le sale ed i corridoi di Spintime con i profumi delle spezie tipiche della cucina afgana ed iraniana.
Nel menù spiccano I Mantu, ovvero dei ravioli ripieni di carne e cotti al vapore, serviti con due salse: una di aglio e yogurt e l’altra a base di pomodoro.
Li affiancano i Bolani preparati a vista del pubblico dalla cuoca Sharbanù.
I Bolani sono una sorta di grande raviolo con un ripieno misto di patate lesse, erba cipollina e coriandolo, che una volta chiusi vengono fritti o cotti al forno. Il Bolani viene servito o con la salsa di yogurt oppure con una salsa verde leggermente piccante a base di coriandolo.
Il modo giusto per mangiarli è quello di “aprirlo”con le mani come fosse del pane e di intingerlo nella salsa.
La danza come ponte tra culture
“La musica che mi vedrete ballare è tradizionale afgana ed iraniana. I balli afgani si chiamano: Quataghan’, Atan e Peshpo, mentre il ballo iraniano si chiama Bandari”
Racconta Madhia, una ballerina afgana che si è esibita durante la parte finale della festa.
“Bandar vuol dire porto, questa danza viene dal sud dell’Iran, dall’area vicino al golfo persico. Le nostre origini sono comuni” aggiunge Shiva di origine iraniana “un tempo eravamo un unico paese, abbiamo tante cose in comune e ci sono tantissimi rifugiati afgani in Iran, generazioni sono cresciute là, perciò la musica persiana la ballano meglio loro che noi.”
Durante la festa la sala si riempie ancora di più, gli organizzatori passano tra gli ospiti con vassoi pieni di morbidi biscotti all’uvetta, da mangiare assieme al tè tradizionale che Luca, il marito di Shiva, prepara con il Samavar.
Un ampio spazio dello spettacolo è stato dedicato alle danze popolari del sud Italia.
“Nella Tamurriata Abbiamo chiamato a ballare due ragazze iraniane perchè i ritmi sono molto orientali.”
Dice Cristina, insegnate di danze popolari che conclude: “è bello il fatto che a prescindere dal ritmo, attraverso la danza si riesce a comunicare e a parlare la stessa lingua.”
Testo di Lorenzo Pugliese
Foto di Alessandro Guarino
(3 Aprile 2025)
Leggi anche: