La Libia è un paese complesso, nel 2011 ha subito profondi mutamenti e i confini sono diventati molto porosi per i flussi migratori diretti verso l’Italia, e soprattutto la Libia è un porto sicuro? di questo si è discusso mercoledi’ 2 Dicembre nel Webinar: “L’evoluzione del business delle migrazioni nei paesi di transito: cosa sta succedendo in Libia” organizzato dalla cooperativa sociale In Migrazione.
Cosa è accaduto e cosa sta succedendo in Libia?
“Prima di addentrarci nel tema principale dobbiamo partire dalla storia delle migrazioni in Libia” afferma Michela Mercuri, storica e docente di geopolitica del Medio Oriente. A partire degli anni ’60 la Libia è sempre stata un paese di o
attrazione per i migranti provenienti da numerosi paesi africani, le ondate migratorie erano composte principalmente da profughi in fuga da guerre e siccità, ma anche da nomadi e commercianti impoveriti come i Tuareg, che migravano per lavorare nei cantieri e nei giacimenti petroliferi del sud dell’Algeria e della Libia, si trattava soprattutto di migrazioni transfrontaliere, molti migranti rimanevano a lavorare nelle infrastrutture petrolifere libiche. La Libia era un paese in cui si migrava per lavorare.
Gheddafi e la “questione migranti”
“Le cose cambiano con Gheddafi” prosegue Mercuri “e in seguito agli accordi che lui fece con l’Italia”. Nel 2004 l’Italia promulga la legge n.271, che attribuiva al Ministero dell’Interno la possibilità di finanziare la realizzazione in paesi terzi, di “strutture utili ai fini del contrasto di flussi irregolari di popolazione migratoria verso il territorio italiano”. “Gli hotspot” come vengono chiamati oggi. I finanziamenti elargiti non erano legati al rispetto dei migranti o alla ratifica della Convenzione di Ginevra sul diritto d’asilo né alla conformità delle strutture di detenzione. Questo progetto si concretizza nel 2008 con il famoso trattato di amicizia e cooperazione Italo-Libico nel documento ci si attendeva, tra l’altro, da parte della Libia il contenimento dell’immigrazione clandestina.
“2011 la guerra in Libia: cause, effetti e conseguenze”
In Libia scoppiano le rivolte civili partite dalla regione della Cirenaica, denominata da Gheddafi “la vera strega”, perché non si era mai piegata al rais. L’allora presidente francese Sarkozy riesce a convincere Inghilterra e Stati Uniti ad intervenire militarmente in Libia a tutela dei ribelli di Bengasi, ma è chiaro che i veri interessi erano quelli petroliferi. Fu cosi che il 17 marzo 2011 parte l’intervento militare internazionale in Libia. L’Italia che aveva siglato degli accordi con Gheddafi, partecipa alla coalizione dei “circoscritti”, così come li definisce Mercuri, per motivi piuttosto ignoti forse per fedeltà al patto Atlantico o per volontà di salire sul carro del vincitore. Con l’uccisione di Gheddafi nel 2011 la Libia cambia.
Migranti in Libia: cosa accade con la caduta di Gheddafi?
La destabilizzazione della Libia porta il paese a diventare preda alle milizie che controllavano il territorio, arrivarono le organizzazioni Jihadiste, il paese diventa luogo di transito di flussi migratori incontrollabili verso l’Italia. Le risorse libiche di petrolio, oro e gas non sono più gestite dai libici ma da attori esterni.
“Si è parlato del contesto libico, per capire come siamo arrivati al business delle migrazioni, tutto prende il via dalla rotta del Mediterraneo centrale” spiega Mercuri.
I migranti partono da diversi stati africani verso il Niger snodo importante, dove ci sono diverse organizzazioni criminali ben organizzate che riescono a collegarsi a loro volta con altre organizzazioni criminali presenti nel sud della Libia e sulla costa del paese e da qui organizzano la traversata. Analizzando i vari passaggi “si capisce quanto sia complesso questo lungo tragitto dei migranti”. Mercuri porta una sua testimonianza “I camion che partono dal Niger non trasportano solo migranti, ma anche droga, tabacco, opere d’arte e tutto ciò che può essere commerciato illegalmente, la droga viene messa in aree di carico più sicure, perché non si deve deteriorare, mentre i migranti anche se subiscono inconvenienti “non importa”, questo per farvi capire la mentalità dei trafficanti”.
Migranti in Libia: cosa si è pensato di fare per fermare il traffico?
“L’Unione Europea attraverso il fondo fiduciario di emergenza, che serve per sostenere i paesi in via di sviluppo, decide di aiutare economicamente il Niger per fermare il traffico dei migranti.” prosegue Mercuri “Il governo Nigerino attua la legge 36, finalizzata a combattere il traffico di esseri umani. Fatta la legge trovata la soluzione e l’inganno, i trafficanti cercano altre rotte, più isolate e meno sorvegliate e pertanto più costose e pericolose per coloro che vi si avventurano. Questo sta a dimostrare che dare soldi a pioggia se non gestiti bene può rivelarsi controproducente”.
Migranti in Libia: il business model
Come sono strutturate queste organizzazioni criminali? Mercuri parla del “Business Model, secondo questo modello a tutt’oggi valido ci sono:
•I brokers che vivono nelle città dei paesi di partenza, raggruppano un certo numero di migranti;
•I mediatori parlano con i trafficanti, si occupano di tutto ciò che è la gestione della logistica e si passano i migranti di mano in mano, il guadagno esiste e a allora conviene fare il trafficante;
•Il boss costruisce il network dall’alto, curano le reti con paesi limitrofi.
Mercuri racconta “Ho visto i brokers andare in giro con dei macchioni, vestiti stile rapper, i ragazzini incuriositi si avvicinano, spesso vengono convinti in questo modo: “sono appena tornato dall’Italia, la si sta bene, vuoi venire anche tu? e in 10-15 giorni arrivi in Italia”.
Migranti in Libia: le conseguenze
Il business è aumentato notevolmente, tra il 2014 e il 2016 c’è stato un boom con maggiore sviluppo e strutturazione degli attori coinvolti, “I costi del viaggio sono significativi, fino a 4.000 euro, e la durata aumenta perché i migranti passano da un organizzazione ad un’altra. Aumentano anche i centri di detenzione in Fezzan, città nel sud della Libia dove “i migranti vengono “parcheggiati”, detenuti in condizioni sconosciute” secondo Mercuri, “non sappiamo neanche dove siano situati e in quanti siano rinchiusi in questi centri. Grande errore dell’UE è stata quella di focalizzarsi su politiche di “mera protezione dei confini” che non hanno fatto altro che agevolare il business dei trafficanti”.
Gli sbarchi fantasma
Mercuri, mostra i dati statistici forniti dal Ministero dell’Interno aggiornati al 2020. Il grafico illustra la situazione degli sbarchi dei migranti in Italia, ma questi dati non tengono conto degli sbarchi fantasma provenienti dalla Tunisia. Il nome deriva dal fatto che si tratta di viaggi fatti con piccole imbarcazioni, che non vengono intercettate dai radar o dalla guardia costiera, il prezzo della traversata costa dai 570 ai 4.000 euro, a seconda del tipo di imbarcazione e del grado di rapidità e sicurezza desiderati. I libici scappano dalla Libia e attraverso la Tunisia cercano di arrivare in Italia, ma ci sono anche tanti Tunisini, scappano verso l’Italia perché geograficamente più vicina e per migliorare la loro situazione di vita.
La Libia è un porto sicuro?
Mercuri conclude, affermando che la Libia, non è un porto sicuro per diversi motivi “c’è la guerra che è finita ma ci sono le rappresaglie, la Libia non ha firmato la convenzione dei diritti umani e il prezzo che l’Italia ha pagato per vedere meno migranti sbarcare sulle sue coste è stato quello di vedere migliaia di esseri umani riportati in Libia, rinchiusi di nuovo nei centri di detenzione, la Libia non sarà un porto sicuro fintanto che non diventerà un paese sicuro e il governo a Tripoli sarà gestito dai libici stessi e non da attori esterni”.
Per approfondire:
Testimonianza dei migranti in Libia
Sbarchi fantasma dalla Tunisia
Melany Soto
(9 Dicembre 2020)
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