Cooperazione è una bella parola: sul piano della realtà la associamo a quel mondo di progetti e iniziative concrete per lo sviluppo e la stabilità delle aree povere; sul piano ideale ci porta a una nuova utopia, alla prospettiva del procedere insieme, del mutuo riconoscimento, del collaborare per un fine di bene comune. E’ speranza. E quanto necessaria sia questa utopia per l’umanità lo capiamo ancor di più oggi che vediamo nella guerra la conseguenza ultima della sua negazione.
La parola che serve è quella che si incarna negli atti, quella che diventa ‘testimonianza’ (frase di Recalcati su Repubblica di qualche tempo fa). E allora andiamo a vedere quali sono gli atti che incarnano la parola Cooperazione e quali prospettive di cambiamento sono in campo, per adeguare la progettualità ai processi reali in atto che, in conseguenza della pandemia, della crisi climatica e della guerra in Ucraina, non possono più essere governati come prima.
L’Unione europea è il primo donatore mondiale di assistenza allo sviluppo; per il 2021-2027 ha stanziato 79,5 miliardi di euro per progetti volti a eliminare la povertà e promuovere sviluppo sostenibile, pace e stabilità.
Il Governo italiano è impegnato in:
– 2 accordi per progetti di cooperazione in Senegal (€ 16 milioni);
– contributi in favore di Organizzazioni internazionali (€ 158 milioni) e di iniziative in Africa, Medio Oriente e Balcani per sicurezza alimentare e sviluppo socio-economico e ambientale (€ 22 milioni);
– contributi multilaterali nel settore della salute (€ 85 milioni), per sviluppo sostenibile e educazione (€ 37 milioni), per empowerment femminile e sostegno umanitario (€ 27 milioni).
– La legge di bilancio del dicembre scorso ha stabilito l’aumento di 100 milioni di euro l’anno per la cooperazione allo sviluppo.
– Per la guerra in Ucraina sono stati stanziati 25 milioni di euro in aiuti umanitari.
Ma, a parte il timore fondato che le emergenze in atto si ripercuotano sui piani stabiliti riducendo i finanziamenti, assistiamo a cambiamenti profondi che esigono una revisione del modo di concepire la Cooperazione.
La globalizzazione ha messo in discussione la distinzione tra Paesi poveri e avanzati, perché le sfide ambientali e di sviluppo riguardano il mondo intero; diventa così necessario ampliare la rete dei soggetti coinvolti includendo sempre più, oltre a Enti pubblici e Organizzazioni internazionali, anche piccoli Enti e comunità territoriali, imprese sociali e associazioni di immigrati e seconde generazioni – le diaspore – valorizzandone il ruolo di ponti con il Paese d’origine. Inoltre va incentivato il trasferimento di conoscenze e tecnologie dalle imprese italiane e europee ai Paesi che non ne possiedono, per favorirne l’autonomia e la capacità di scambio.
Questo cambiamento è tanto più necessario oggi quanto più ci rendiamo conto che dalle crisi non si esce da soli. Nelle previsioni degli esperti leggiamo che guerre e disastri ambientali causeranno più fame, carestie, nuovi conflitti e movimenti migratori. Non possiamo più permetterci di pensare che il mondo intero non sia cosa nostra.
Indicazioni interessanti su nuove direzioni di marcia sono contenute nel libro Antropocene e le sfide del XXI secolo. Per una società solidale e sostenibile, Meltemi 2022, di De Toni, Marzano, Vianello, secondo i quali è indispensabile cambiare il nostro modo di stare al mondo e di pensarlo, una vera rivoluzione culturale che consista nella cultura della complessità e nell’etica della solidarietà che abbracci non solo le persone ma tutti gli esseri viventi e la Terra.
Un contributo a conoscere ciò che accade nel mondo lontano, quello in cui agisce la Cooperazione, è La terra vista da qui. Diario di viaggio di una cooperante viaggiatrice, Ed. Utet 2021 di Paola Buoncompagni: Ho camminato su terre cui sono state inflitte indicibili violenze, dove la gente sopravvive nel più completo degrado. Sono stata testimone della più scioccante miseria umana. Fuggono da guerre, non hanno niente. Donne trasportano sacchi di cibo per chilometri fino alle loro capanne, sotto un sole implacabile…: scrive l’autrice. Dall’ospedale in Ciad (3% suolo coltivabile, 80% popolazione sotto la soglia di povertà) ai progetti educativi e sociali per bambini di strada in Angola (Paese pieno di orfani di guerra e ex bambini soldato) o agli aiuti e interventi nei 3 campi profughi più popolosi del mondo in Dadaab (terra di nessuno tra Somalia e Kenya settentrionale): questa è la realtà in cui Cooperazione significa vita o morte. Non ignoriamola.
Luciana Scarcia
(06 aprile 2022)
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