Il 30 maggio, il cinema Troisi ha proiettato il documentario “Vandana’s Seeds” (letteralmente i Semi di Vandana). Vandana Shiva nasce nel 1952 a DehraDun, un villaggio nelle foreste dell’Himalaya. Il padre è una guardia forestale che le trasmette l’amore e il rispetto per la natura, la madre una contadina.
Dal palco arriva la voce potente di una donna piccola e minuta, avvolta in un sari rosso fuoco, “Non volevo che si parlasse solo di me ma alla fine del film sono stata grata al regista”. Il docu-film percorre le tappe della vita di Vandana Shiva: dal Movimento Chipko , all’Eco-femminismo, alla denuncia delle monoculture alla Conferenza di Ginevra, al Forum Internazionale sulla globalizzazione a San Francisco.
La lotta contro la Rivoluzione Verde, se controlli il cibo controlli la società
Vandana Shiva non è né un’eroina ma una scienziata che ha dedicato tutta la sua vita a denunciare i danni causati alle coltivazioni da quella conosciuta come la “Rivoluzione Verde”, un termine accattivante, che confonde. La Rivoluzione inizia negli anni ’40 in Messico, mira a rinnovare le pratiche agricole per fornire la produzione necessaria a sfamare una popolazione mondiale in continua crescita.
Al contrario, Vandana denuncia l’uso massiccio dei pesticidi e la conversione dei terreni coltivabili alle monoculture. La Rivoluzione avrebbe distrutto l’ecosistema, le piccole aziende agricole e la biodiversità. La multinazionale Monsanto, una delle principali fautrici della Rivoluzione Verde, aveva il monopolio delle sementi transgenici, dal 2005 ottiene anche quello di sementi convenzionali. Con l’acquisizione della Monsanto da parte della Bayer nel 2018, ottiene anche il monopolio dei pesticidi. Vandana sorride, “Il cibo è un’arma, se controlli il cibo controlli la società”.
Le donne di Chipko e Vandana Shiva
Vandana Shiva non dimentica le sue origini, il contatto con la natura, ma anche chi è stato colui che definisce “Il creatore del sogno della mia vita”, Albert Einstein. Nel 1970 si laurea in fisica, energia nucleare, nel 1978 consegue un dottorato di ricerca in Filosofia alla Università dell’Ontario con una tesi sulla fisica quantistica. Purtroppo, all’Università non insegnano quale sarà l’impatto dell’energia nucleare sulla Natura. “La scienza”, dice Vandana “insegna come modificare la natura ma non quali siano gli effetti di questo cambiamento”.
Negli anni ’70 sostiene il movimento ambientalista delle donne di Chipko. “Le donne di Chipko mi hanno insegnato molto ed erano donne analfabete”. Negli anni ’60, il disboscamento selvaggio delle montagne himalayane, ad opera della mafia indiana per conto delle multinazionali, aveva causato frane ed inondazioni. Le donne locali abbracciano gli alberi per non farli abbattere. “Le donne” sostiene Vandana “difendono la natura al fine di difendere la vita stessa”.
Nel 1982 Vandana fonda il Research Foundation for Science technology and Natural Resource Policy, un istituto di ricerca. Nel 1991, nasce la Fattoria della Biodiversità di Navdanya, il centro ha lo scopo di fornire le informazioni necessarie ai contadini e agli studenti per preservare il suolo coltivabile. Nel 1993, Vandana Shiva riceve il Right Livelihood Award una sorta di premio Nobel alternativo per la pace. Nascono i primi accordi per la protezione della biodiversità in difesa dei semi autoctoni. Vandana viaggia di villaggio in villaggio, chiede ai piccoli coltivatori di non vendere alla Monsanto le sementi, “In India erano coltivate 200mila varietà di riso, la Monsanto puntava alla coltivazione di un solo tipo ed ha fallito. I terreni agricoli si sono inariditi”. Che i pesticidi siano dannosi è oggi un fatto incontrovertibile, l’ambizione di rendere più sostenibili le sostanze chimiche utilizzate in agricoltura ha portato alla nascita del Grean Deal Europeo che ha l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La Green Revolution ha causato la distruzione del 33% del terreno coltivabile.
In difesa del piccolo coltivatore
Vandana Shiva coglie nel “piccolo agricoltore l’ultima persona indipendente, è per questo che vogliono cancellarlo”. Vandana è stata con i manifestanti di Seattle, nel 1999, contro la globalizzazione e contro la Monsanto. I delegati del WTO (World Trade Organization) dovevano decidere della sorte di 1 miliardo di piccoli agricoltori.
“Ora è il turno dell’Africa”. Ciò che si vieta in Occidente, si usa nei paesi in via di sviluppo, secondo la regola del doppio standard. Ad esempio, il pesticida Paraquat, vietato in Europa dal 2007, è stato utilizzato per le coltivazioni dell’albero di gomma in Ghana. Vandana avverte i Paesi africani, “Dovete conservare il controllo delle sementi per preservare la sovranità alimentare”.
Contro l’utilizzo dei pesticidi, in difesa del territorio
Alla fine del documentario, Vandana Shiva dialoga col pubblico. Risponde alle domande, ricorda che l’Italia è una Paese fortunato, con una grande biodiversità, “Avete tre punti di forza: il primo è il buon cibo, secondo avete ancora dei piccoli appezzamenti di terra coltivabili, terzo non tutti sanno cosa è un OGM ma tutti sanno se un cibo è buono. Gli agricoltori non possono voler usare i pesticidi perché le prime vittime dei pesticidi sono loro”. Si stima che in Europa 1.6milioni di agricoltori si ammalino a causa dei prodotti chimici.
Vandana Shiva dice anche quello che non è stato raccontato nel documentario, “Nel mondo odierno tutto è improntato alla violenza, quello che sta accadendo in Palestina, ad esempio, vogliono la terra ma non vogliono le persone, sbarazzarsi delle persone: questa è l’agenda”.
Livia Gorini
(3 giugno 2024)
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