Svelare l’inganno che si nasconde dietro la rappresentazione dei migranti confezionata dai mass media. Questo l’obiettivo del libro di Giulio Di Luzio. Svelarlo già a partire dal titolo, che attraverso il richiamo all’omonimo film di Ettore Scola ci ricorda che i migranti, in un passato recente, eravamo noi italiani.
Temi noti trattati in una prospettiva aggiornata, attraverso i riferimenti agli studi più recenti e un’attenzione costante all’attualità giornalistica.
Respiro storico e dati alla mano. Giulio Di Luzio ripercorre trent’anni di immigrazione e di guerre raccontati da giornali e telegiornali italiani. Dal conflitto nei Balcani agli attuali sbarchi sulle coste di Lampedusa, passando per i tanti episodi che hanno avuto per protagonisti i migranti. Gettando di tanto in tanto lo sguardo anche al giornalismo internazionale. Frammenti di informazione ricomposti in un’analisi complessiva dei meccanismi che portano alla costruzione di un’immagine, in genere negativa, dei cittadini stranieri.
Alla citazione di titoli e articoli di giornali e tg si affiancano i riferimenti a statistiche e ricerche relative ai temi migrazione e media. Chiudono il volume l’intervista a Laura Boldrini e la postfazione di Oliviero Forti ed Emilio Fabio Torsello.
Una catena pericolosa. Il male dei media italiani, secondo Giulio Di Luzio, è racchiuso nell’associazione extracomunitario-clandestino-criminale. Privato del proprio status giuridico, il cittadino straniero che arriva in Italia si vede etichettato da stampa e tv esclusivamente attraverso la propria nazionalità e confinato nelle pagine di cronaca nera o, nel migliore dei casi, di politica. Si parla di migranti soltanto in termini di sbarchi e delitti. Se ne parla con un linguaggio stereotipato tutto votato all’emergenza: le ondate, le invasioni, di clandestini che rapinano, sporcano, premono alle frontiere determinano una presenza sempre più massiccia e diffusa illegalità per cui è necessario che gli stranieri siano identificati, schedati, sgomberati, espulsi, arrestati, rinchiusi. Distorsioni alimentate anche dalla tendenza diffusa tra i giornalisti italiani a utilizzare come unica fonte il mondo politico.
Il fenomeno migratorio è così ridotto ad un problema di sicurezza, generando nell’opinione pubblica reazioni di chiusura se non di vera e propria xenofobia.
Volete qualche esempio? Erba, Perugia, Rosarno, Brembate. Sono solo alcune delle vicende che il testo riporta alla luce per raccontare verità mai apparse sui media nazionali. Mostri sbattuti in prima pagina e storie a metà. Salvo poi scoprire che sotto la superficie i fatti sono più complessi e che dietro le sbarre ci sono a volte degli innocenti. Ma l’informazione ha fretta e il capro espiatorio è un evergreen.
Onnipresenti assenti. Quello che manca, nell’informazione italiana, è proprio la voce dei diretti interessati. Dei migranti si parla, ma non si dà loro diritto di parola: “I media non si occupano dei loro problemi, della cultura, dell’ambiente di vita, dei diritti di cittadinanza, delle loro esigenze e richieste”.
Dal lettore al lettore. Libro interessante, diretto, scorrevole. Il linguaggio chiaro e vivace lo rende adatto anche ai non addetti ai lavori. I richiami costanti a fatti di attualità offrono una chiave originale peri trattare argomenti non nuovi alla letteratura sul tema. Dato il rigore dell’analisi ci si sarebbe forse aspettati una bibliografia più corposa. Tuttavia i riferimenti alle indagini più aggiornate presentano un indubbio interesse per chi studia il rapporto tra immigrazione e media.
Marco Corazziari
(27 ottobre 2011)
Giulio Di Luzio
Brutti, sporchi e cattivi
Ediesse Edizioni, 2011
Pagine: 184
Prezzo: 10 Euro