Alessandra Mauro lavora come insegnante nella scuola primaria statale “Guido Alessi”, quartiere Flaminio. L’abbiamo intervistata per capire da vicino quali sono le difficoltà di inserimento dei bambini stranieri in una scuola che accoglie ogni anno bambini di diverse nazionalità, specchio di una società sempre più multietnica e multiculturale.Lei insegna da tanti anni in questa scuola, col passare del tempo ha visto crescere la presenza di bambini stranieri?Decisamente sì, ma prima di risponderle nello specifico, occorre fare una distinzione. La presenza di bambini stranieri nel nostro plesso, e in tutti gli altri che costituiscono il Circolo Ronconi, è di due tipologie: da un lato l’utenza è costituita da bambini appartenenti a famiglie di ceto medio-alto, con i genitori che lavorano presso le numerose ambasciate presenti nelle vicinanze della scuola; la seconda tipologia, più numerosa, riguarda i bambini che provengono dalle famiglie di ceto basso. Ultimamente si assiste soprattutto ad un aumento di bambini stranieri appartenenti a famiglie meno agiate. C’è inoltre una presenza molto numerosa di bambini nati in Italia ma ufficialmente stranieri e senza la cittadinanza italiana, poiché provengono da famiglie di altre nazionalità.C’è una provenienza prevalente?Nel nostro plesso i bambini sudamericani e rumeni costituiscono i due gruppi più numerosi. Un’altra caratteristica particolare della nostra scuola è la presenza di molti bambini di diversa provenienza adottati da famiglie italiane.Ci sono classi con una presenza maggiore di bambini stranieri?Sì, c’è una quarta elementare a tempo pieno. I bambini stranieri tendono a frequentare soprattutto il tempo pieno, perché in quasi tutte le loro famiglie lavorano entrambi i genitori. Le lezioni del tempo pieno terminano infatti tutti i giorni alle 16:30 e questo permette loro di conciliare più facilmente gli impegni lavorativi con le esigenze della famiglia. Ci sono difficoltà nell’inserimento di questi bambini?Nella nostra scuola ci sono circa 12 bambini rom che frequentano in modo altalenante le lezioni. C’è un’associazione che si occupa di accompagnarli in classe e supportare le maestre nell’insegnamento della lingua italiana, ma è positivo riscontrare come negli ultimi due anni sia aumentato l’interesse delle loro famiglie nei confronti della scuola. E’ emblematico il caso di una bambina di origini croate che non ha mai frequentato la scuola e che per questo motivo si trova in terza elementare. Purtroppo riscontra molte difficoltà sia per la sua scarsa preparazione di base che nell’interazione con gli altri bambini della classe, più piccoli di lei. I bambini dell’Ecuador invece sono attentissimi e diligenti, ma hanno un enorme problema. Lo sforzo di parlare in italiano corretto è minore rispetto ad un bambino russo. Parlando in famiglia lo spagnolo, capiscono bene quello che si dice in classe e sanno di essere compresi dagli altri bambini, ma continuano a commettere gli stessi errori: sbagliano a scrivere in italiano le parole che contengono doppie o che sono molto simili ai vocaboli spagnoli.Quali sono le reazioni delle famiglie italiane all’inserimento dei bambini stranieri?La comunità adulta spesso non si dimostra accogliente e sensibile nei confronti dei bambini stranieri, in particolare di quelli rumeni. Dispiace dirlo, ma quasi sempre dipende dal livello culturale della famiglia: le famiglie più preparate e aperte culturalmente si dimostrano maggiormente disponibili nei confronti dei bambini stranieri, almeno formalmente; non sempre questo accade nelle famiglie di media estrazione sociale. Personalmente mi è capitato di essere ricevuta da un gruppo di genitori che si sono apertamente lamentati della bambina rom che quest’anno è subentrata nella mia classe. Gli stessi bambini risentono poi del pregiudizio dei genitori: la bambina che le era seduta accanto ha pianto tutto il tempo chiedendomi di farle cambiare posto perché secondo lei i rom rubano!E come avete affrontato questa situazione?Abbiamo operato su due fronti: da un lato abbiamo avuto un incontro chiarificatore con i genitori in cui si è cercato di far cadere tutti gli stereotipi che subiscono i rom, anche se non tutti purtroppo si sono dimostrati disponibili al dialogo. In classe invece ho cercato di affrontare la situazione in maniera diretta, cercando di capire se la bambina avesse davvero rubato qualcosa. Alla risposta negativa da parte dei compagni, ho chiesto alla bambina di raccontarci la sua vita in un campo rom, di cosa significa vivere in un camper e così via. Tuttavia la strada per abbattere il pregiudizio legato soprattutto ai rom è ancora lunga.Come riesce ad entrare in contatto con i genitori stranieri? Ci sono delle occasioni particolari in cui è più facile relazionarsi con loro?Non esistono grandi differenze tra le occasioni di incontro con i genitori italiani e quelli stranieri. Quasi sempre parliamo con loro quando vengono a prendere i loro figli al termine delle lezioni, ma anche alle riunioni o alla consegna delle pagelle. Sono estremamente riservati ma molto disponibili e attenti nel conoscere l’andamento scolastico del bambino. I genitori rom purtroppo sono un po’ più assenti: anche quando si tratta di ritirare le pagelle lo fanno con molto ritardo. Ovviamente questo dipende dal vissuto personale di ognuno di loro. Ad esempio, la mamma di una bambina della mia classe, a soli ventisei anni, ha sei figli da mantenere e un marito che entra ed esce dal carcere. Tuttavia, anche se scostante, si dimostra molto interessata alle attività che svolge la figlia e mi chiede sempre se va bene a scuola. Svolgete delle attività destinate all’integrazione dei bambini stranieri?Sì, facciamo molte attività che hanno come obiettivo quello di coinvolgere tutti i bambini e farli interagire tra loro. In occasione del Natale stiamo preparando una grande festa dove ogni famiglia porterà dei dolci tipici della nazione di origine. Ho notato tuttavia che queste iniziative riescono meglio soprattutto nelle classi con una maggiore presenza di bambini stranieri. Lì molte mamme partecipano in maniera proattiva e si dimostrano molto disponibili ad aiutare i bambini più disagiati attraverso regali di grembiulini e di altro materiale scolastico. E’ tuttavia necessario fare di più e ci stiamo adoperando in questo. Solo attraverso un coinvolgimento sempre maggiore dei genitori, e di conseguenza dei bambini, si possono valorizzare le differenze tra culture e favorire l’integrazione.
Valentina Basso (16/01/2011)