Come raccontare un genocidio? E perché? Lo hanno spiegato ai lettori Antonia Arslan e Varujan Vosganian, un’italiana e un romeno che hanno in comune l’essere scrittori, l’aver radici armene ed essere autori di romanzi che raccontano attraverso storie dimenticate il genocidio armeno, avvenuto nella prima metà del novecento.
“Sono felice di dialogare con Vosganian di cui ho seguito le tracce senza fin ora avere l’opportunità di incontrarlo” esordisce Antonia Arslan autrice di La masseria delle allodole, La strada di Smirne e Il libro di Mush di recente pubblicazione. I due scrittori si sono confrontati venerdì in un appuntamento all’interno di Libri Come, la Festa del libro e della lettura che fino ad oggi riempie di eventi letterari l’Auditorium Parco della Musica. Vrujan Vosganian ha inoltre presentato Il libro dei sussurri, appena tradotto in italiano, sabato 10 marzo all’Accademia di Romania.
Nostalgia e storie semplici. Antonia Arslan e Varujan Vosganian hanno in comune non solo le radici armene, anche la nostalgia. Nostalgia per qualcosa che non hanno conosciuto direttamente. “Forse molti non sanno cosa significa” spiega Vosganian “se i vostri nonni fossero stati cacciati dall’Italia, avreste avuto nostalgia verso la lingua italiana, desiderio di scrivere una parola d’amore in una lingua appartenuta alla vostra storia. L’italiano diventerebbe sigillo e memoria.” spiega Vosganian. Ed è proprio dalla suggestione poetica che nasce “la violenta necessità di raccontare” per Antonia Arslan “leggendo Daniel Varujan ho sentito il profumo dell’Anatolia e ho iniziato a scrivere senza fermarmi”. Con il terzo romanzo, Il libro di Mush, Arslan non parla più dell’eliminazione fisica ma di quella spirituale. E lo fa attraverso la storia di due coraggiose donne che salvano un libro prezioso.
Scrivere come necessità “I nostri libri sono accumunati da qualcosa: parlano di gente che hanno subito la Storia ed intrecciano la vita delle persone semplici ai racconti dei manuali”. Sono libri in cui le cifre scompaiono e appare la vita. Quella vera, quella che arriva a chiunque attraverso una comprensione che va oltre: l’empatia. “Da Quo Vadis, meglio che con i manuali, comprendiamo il problema dei cristiani. Le percentuali vengono meno quando leggiamo Anna Frank” . Libri che fanno addentrare il lettore nelle vite degli altri, in tempi ormai lontani e in luoghi sconosciuti. Libri che parlano di un caso e di tutti i casi allo stesso tempo. “Il libro dei sussurri è un libro d’identità. Raccoglie leggende, tradizioni, paure e storia degli armeni e tuttavia parla anche di romeni, ebrei, tedeschi, parla dunque del XX secolo”. E aggiunge qualcosa di più: parla del trauma dei sopravvissuti. Il testo è corredato da foto vere che accompagnano il racconto di quando venne chiesto agli orfanostrofi di riportare i bambini in Romania cosicchè i sopravvissuti potessero riconoscervi i propri figli e nipoti. Seduti in file di dieci con in mano un cartello con su scritto il loro nome. “E chissà che qualcuno in quelle foto non riconosca un proprio parente”.
Il secolo vecchio e il popolo armeno “Il XX secolo era appena adolescente, aveva solo quattrordici anni e con il primo conflitto mondiale invecchiò di botto. Il XXI secolo è nato vecchio, un Benjamin Button, il 2001 ce lo ha dimostrato. Ancora non abbiamo imparato dalla storia. Non è dimenticare la soluzione ma riconciliarsi.” Ai tempi del genocidio gli armeni erano tre milioni, di cui la metà sono stati uccisi, oggi sono otto milioni. Sarebbero stati sedici milioni? “Sono sedici milioni” afferma duramente Vosganian. “Quando sono nato è nato un morto con il mio nome. Nei momenti più delicati della vita improvvisamente si apre una finestra” un portale empatico e siamo in grado di vederli, vedere quei morti che non hanno pace. “Se non ci riconciliamo con loro, non smetteranno di vivere la loro tragedia. Dimenticare non serve. Non sappiamo quando quella finestra potrebbe riaprirsi” e ripiombare quindi in quell’empatia straziante. “Io e Antonia viviamo in due mondi, il nostro e il loro”
Le lacrime nei miei occhi. In italia la comunità armena è molto esigua, duemila persone, in Francia sono seicentomila “eppure la sensibilità verso questo popolo e la sua tragedia è molto alta, sono fiorite storie e reportage nella stampa italiana” sottolinea entusiasta Antonia Arslan. E’ un evento che ci appartiene, aver sangue armeno non è una caratteristica necessaria per interessarsi a questo popolo e alla sua storia. “Ascoltare e vivere le loro storie ed eliminare l’odio questa è la soluzione. I Turchi persecutori sono vittime anche loro, vittime del fanatismo”. Concorda con l’autrice italiana Verujan Vosganian che sottolinea: “I nostri libri sono segnali d’allarme che l’umanità non deve abbandonare. Quest’umanità tormentata da paure e ferite non guarite. E’ necessario che le lacrime nei miei occhi non mi impediscano di vedere quelle degli altri”.
Simboli e realtà La storia deve diventare simbolo e come tale deve sopravvivere ed insegnare, nella storia i simboli si snodano con la potenza chiarificatrice delle cose semplici nelle storie umili. Come quella del cognato del nonno di Vosganian. Vicini al campo di prigionia sua madre lo vendette, per salvarlo, ad un arabo. Prezzo: due pacchi di farina. Poco prima dello scambio madre e figlio videro due giovani addentrarsi nel deserto. Il bambino disse: “Fermiamoli o moriranno, verranno uccisi”. Rispose la madre “No, lascia che vadano. Da quel punto inizia il giardino dell’Eden”. “Era proprio lì, in quel punto, che si entra nel triangolo del Tigri e dell’Efrate, culla dell’umanità, il giardino in cui tutto ebbe origine” spiega Vosganian. Una storia che si ripiega su se stessa quindi come spirale infinita, giradischi stregato. Abbiamo bisogno di nuove formule per imparare dalla storia ed andare avanti, e probabilmente in libri come questi si trovano ottimi suggerimenti.
M. Daniela Basile
(11 marzo 2012)