Maria Pina spiega le regole dell’italiano, Fatiha quelle dell’arabo, la prima insegna alle mamme la lingua del presente, la seconda tramanda ai figli la lingua delle origini. Le due maestre scrivono sulla stessa lavagna che divide in due un’aula della Scuola Di Donato al quartiere Esquilino di Roma. Le lezioni si tengono ogni sabato dalle 15,00 alle 17,00 e il lunedì dalle 17,00 alle 19,00. Capita che le madri capiscano poco o nulla della lingua che i bambini parlano quotidianamente, così come accade che i figli, tornati nel paese d’origine, abbiano difficoltà ad interagire. Il Cantiere dei Giovani Italo Marocchini con il progetto Mamma torna a scuola con me si pone un obiettivo ambizioso: eliminare le differenze linguistiche, causa di contrasti anche all’interno delle stesse famiglie.
Nell’aula non ci sono banchi ma ampi tavoli da condividere, uno per i bambini e uno per le mamme. I documenti sono l’argomento del giorno: carta d’identità, tessera sanitaria, permesso di soggiorno. A turno le donne svolgono gli esercizi, ogni tanto la lezione si interrompe a causa di qualche richiesta dei figli sfuggiti per un attimo alle difficoltà dell’arabo o si rallenta per qualche parola troppo difficile. Tra le studentesse si apre un dibattito sul significato del termine “Provincia”.
Manal è il punto d’incontro tra le due lingue, parla bene l’italiano e traduce in arabo per le sue compagne di corso, “sono venuta qui vent’anni fa, mi piace molto l’Italia”. Fa la segretaria e con un pizzico di fierezza aggiunge: “lavoro solo io, mio marito no”. Amany invece è partita dall’Egitto proprio per seguire suo marito che ha trovato impiego in Italia, “mi trovo bene, degli italiani mi piace il calore umano e l’abitudine di stare sempre tutti insieme, come gli egiziani. Ma la lingua è troppo difficile, soprattutto da scrivere”. Con lei c’è sua figlia di 15 anni che, con una lieve inflessione romana, precisa: “io non sono del corso, conosco bene la lingua”.
Come spiega Marzia, una delle insegnanti e responsabili del progetto, in programma ci sono anche delle ore di educazione civica per discutere insieme alle studentesse delle basi della Costituzione Italiana, delle leggi e dei cavilli burocratici più che mai complessi per gli stranieri. Accade spesso che le rigide regole grammaticali passino in secondo piano: il corso è uno strumento d’orientamento ma anche un pretesto per incontrarsi.
La lezione finisce qualche minuto prima perché c’è una sorpresa culinaria preparata da Manal: falafel e crema di fave. Si parla di ricette, del loro passato e del nostro paese. Abir, insegnante di matematica presso l’ambasciata libica, dell’Italia ama l’arte, ma la cosa che non sopporta è che basta essere stranieri per essere guardati dall’alto in basso. Manal è d’accordo: “C’è diffidenza nei nostri confronti, Quando dico che sono italiana, mi dicono che non è vero. Ma io ho la doppia cittadinanza, e quindi sono italiana.”
Rosy D’Elia
(25 febbraio 2014)
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