“Ciao Italia, finalmente sono a casa!”. Quella che per la maggior parte dei cantanti è soltanto una forma standard di salutare il pubblico di qualsiasi parte del mondo, per Vinnie Paz, apprezzato rapper della scena underground di Philadelphia e statunitense, è un’affermazione vera. All’anagrafe Vincenzo Luvineri, Vinnie Paz nasce infatti ad Agrigento il 5 ottobre 1977 per poi trasferirsi in tenera età con la famiglia a Clifton Heights, in Pennsylvania.
Di solito Piuculture tratta storie e situazioni di seconde generazioni che sono venute alla luce o si sono spostate in Italia giovanissime, stavolta il percorso è quello inverso. E l’occasione di rincontro con le sue radici nel Belpaese Vinnie l’ha avuta nelle due date italiane – a Bologna l’8 marzo e a Roma il 9, sul palco del Big Bang – Casa della Pace a Testaccio – del “Carry on tradition tour”, dal nome dell’ultimo album uscito alla fine del 2013.
E di “tradizione” se ne è vista tanta, se escludiamo l’apertura con God bless, le tracce proposte da Vinnie Paz hanno seguito tutto l’arco temporale di una lunga carriera. Pezzi da Violent by design del 2000, Visions of Gandhi (2003), Servants in Heaven, Kings in Hell (2006), fino a Violence begets violence (2011), tutti dischi realizzati con I Jedi Mind Tricks, gruppo che comprende anche Jus Allah e il dj/produttore Stoupe the Enemy of Mankind.
In più si sono riascoltati vecchi lavori con il collettivo Army of the Pharaohs, l’armata dei faraoni, sorta di comunità che raccoglie il meglio dell’hip hop di Philadelphia. Con Crypt the Warchild in rappresentanza sul palco, è stato presentato l’album in uscita ad aprile In death reborn.
Un’ora di concerto accompagnata dai virtuosismi di dj Kwest alla consolle in cui tutto il Vinnie pensiero esce prepotentemente dalle possenti corde vocali che gli conferiscono il caratteristico stile rugged come si direbbe in gergo, robusto, aspro, per assonanza verrebbe da tradurlo con ruggente. Del resto lui stesso si definisce “lion out the jungle” nel brano Heavy metal kings, con la partecipazione del newyorchese Ill Bill.
Famiglia, società, politica, teorie della cospirazione, religione i temi che da sempre contraddistinguono Vinnie Paz allontanandolo dagli stereotipi del rapper mainstream, interessato solo ai soldi, belle donne, auto di lusso e gioielli. Come disse lui stesso in un’intervista per un’emittente spagnola, “non che queste cose non mi piacciano, ma penso ci sia qualcosa di più importante di cui parlare. Voglio che mia madre sia fiera di me”.
Il legame con la madre appunto, la tristezza dovuta alla morte del padre che ricorre in più testi, i rapporti con fratelli e nipoti, con il cibo, tutti segni dell’italianità nel dna di Vinnie. Ma da cui si distacca quando si parla di questioni di fede. Cresciuto cattolico, al liceo comincia ad avvertire un distacco dalla confessione, finendo per convertirsi all’islam grazie anche all’influenza di un suo amico. Gli attacchi alla Chiesa Romana sono vari, ma nel pezzo Dark of the night di Freddy Madball in cui Vinnie Paz fa un’apparizione, c’è il riconoscimento dell’importanza di raggiungere la propria pace, indipendentemente dalle credenze, “strumento di divisione”.
Politica e teoria della cospirazione Scindere i due argomenti non è facile, sono troppo strettamente collegati per poterlo fare. Il suo “manifesto” è End of days, tratta dal primo album da solista Season of the assassin del 2010, tra l’altro uno dei pezzi che più ha scaldato il nutrito pubblico romano del Big Bang.
Già dall’introduzione una voce racconta di ipotesi sul controllo del pensiero nelle dittature, si arriva poi a criticare la scarsa consapevolezza della gente in un sistema vicino alla schiavitù anche in una società ritenuta avanzata come quella americana. Poi il discorso vira sull’avvelenamento del cibo, l’introduzione di malattie come l’aviaria, sugli effetti collaterali dei vaccini causati di proposito. Responsabilità governative da cui non risparmia nemmeno Barack Obama, inizialmente apprezzato per poi essere paragonato al predecessore Bush.
E poi c’è l’identità, forte, raccontata in Cheesesteaks, probabilmente il più atteso dei suoi brani recenti, tratto da God of the Serengeti (2012). Due strofe che racchiudono la sintesi della sua vita con un video ufficiale che le racconta visivamente, con una menzione speciale e doverosa che va alla boxe.
Vinnie Paz prende infatti il nome dal pugile italo-americano Vinny Pazienza, detto Pazmanian Devil, il diavolo della Pazmania con un gioco di parole. Dopo una grave frattura all’osso del collo questi riuscì a tornare a combattere, sconfessando diagnosi mediche che lo davano ormai per ritirato, dimostrando caparbietà nel cercare di superare ogni limite, con sforzi e sofferenze. In fondo, come dice la chiusura di Keep moving on, “there is no progress without struggle”, non c’è progresso senza lotta. Da tenere a mente.
Gabriele Santoro
(10 marzo 2014)