Quando le parole contano: come raccontare l’immigrazione

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Alcuni dei relatori durante la presentazione del volume presso la sede del CSER in Via Dandolo a Roma.

In che modo rappresentare il mondo dell’immigrazione, un mondo profondamente complesso e vario? Come superare i luoghi comuni e offrire un’informazione obiettiva e oggettiva sui fenomeni migratori?

Erano queste le domande principali alle quali si è cercato di rispondere durante la presentazione del nuovo numero della rivista Studi Emigrazione, intitolato Le parole contano. Il volume, presentato al Centro Studi Emigrazione di Roma (CSER) il 29 aprile, contiene gli atti della quinta edizione della Summer School sulla mobilità umana e giustizia globale, che quest’anno puntava l’attenzione sul tema del linguaggio tramite cui viene raccontata l’immigrazione.

“Non bisogna avere paura delle parole”, ha affermato all’apertura dell’incontro il moderatore Gabriele Bentoglio, sottolineando, però, il pericolo della loro strumentalizzazione e ideologizzazione. “Le parole non esistono in natura, le costruiamo socialmente, politicamente, gli diamo dei sensi, dei significati”, ha evidenziato anche Laura Zanfrini, docente all’Università Cattolica, che ha curato il volume.

Giovanni Giulio Valtolina, il presidente della Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità), durante il suo intervento oltre a presentare i progetti della fondazione ha ribadito l’importanza dei dati reali “in un mondo che soffoca d’informazione”. Fornire una rappresentazione oggettiva tramite i dati precisi diventa, secondo Valtolina, un modo per far “anticipare una distorsione che le parole inevitabilmente portano”.

Nel comunicare il fenomeno dell’immigrazione, hanno sottolineato nel corso del pomeriggio i relatori, rimane cruciale il ruolo dei media e dei giornalisti. “C’è ancora un cammino da fare”, ha affermato monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, riguardo alle distorsioni nell’informazione mediatica sull’immigrazione.

Le sue parole vengono confermate anche dall’esperienza di Carta di Roma. L’associazione, nata per dare attuazione al protocollo deontologico per un’informazione corretta sui temi dell’immigrazione, continua a segnalare le inesattezze nei media italiani contattando direttamente le rispettive redazioni e porta avanti anche la formazione rivolta agli operatori dei media. Fino ad oggi sono più di mille i giornalisti che hanno avuto una formazione specifica su Carta di Roma, nel futuro si spera di coinvolgere tutti gli iscritti all’Albo.

Petra Barteková
(4 maggio 2015)

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