Tra il 2015 e il 2016 gli abitanti dell’isola di Lesbo, poco più di 90mila, hanno visto transitare nel loro territorio più di 600mila persone. Migranti, salpati dalle coste della Turchia e diretti in Europa, che hanno rischiato la vita dopo aver lasciato i loro Paesi di origine. Daniele Biella nel suo romanzo L’isola dei giusti. Lesbo crocevia dell’umanità,Edizioni Paoline, racconta la storia di sette isolani, sette giusti, che con semplicità e autenticità ogni giorno si mettono al servizio del prossimo. Il volume sarà presentato a Roma a cura della Fondazione Nilde Iotti, martedì 3 ottobre alle ore 17:00, presso la Sala Isma del Senato della Repubblica.I sette protagonisti rappresentano, agli occhi di Biella, un esempio della “normalità del bene, ovvero l’azione fondamentale di chi si mette in aiuto dell’altro senza chiedere nulla in cambio, arrivando a salvargli la vita da morte certa in mare”. Questi portano dentro di sé l’antidoto al razzismo, in quanto a loro volta, durante la guerra tra la Turchia e la Grecia nel 1922, sono stati anche loro rifugiati in fuga.“Un approccio empatico verso chi arriva. La gran parte degli abitanti la pensa così: chi arriva dal mare, anche se con lineamenti, pelle e lingua diverse, potrei essere io.” Secondo Biella il racconto quotidiano e serio delle buone prassi può modificare la percezione negativa del fenomeno migratorio “bisogna combattere una certa narrazione tossica. I giornalisti, ma anche le Istituzioni, hanno un ruolo fondamentale nel garantire serietà e chiarezza, disinnescando la guerra tra ultimi.”Sembra più semplice per gli abitanti di Lesbo, accettare il migrante, il diverso in quanto, a differenza della storia degli italiani mantengono viva la memoria della loro migrazione.Daniele Biella è da poco rientrato da quella che ha definitivo “l’esperienza più importante a livello umano e giornalistico della mia vita”: un periodo a bordo della nave Aquarius nel corso della missione umanitaria dell’ong Sos Mediterranée.“Da quando sono tornato sto aumentando l’energia che avevo prima nel cercare di fare chiarezza su quanto accade. Le immagini più ricorrenti sono quelle dei momenti in cui le persone vengono fatte salire una a una sulla nave, chi in difficoltà fisiche, chi in lacrime, chi già con la gioia per avere lasciato alle spalle l’inferno delle torture e la consapevolezza di potere iniziare di nuovo a vivere.”Dei salvataggi in alto mare l’autore ricorda l’efficienza nel gestire ore di attesa, cambiamenti repentini di rotta, tempistiche più lunghe e soprattutto l’avere a che fare con le autorità libiche che possono comportarsi in modi più o meno problematici senza una regola fissa, rendendo più complesso il lavoro dei team di salvataggio. Alla luce della sua esperienza ravvicinata con le organizzazioni non governative, Biella commenta il recente codice di condotta come un’innovazione “che ha avuto più impatto sull’opinione pubblica, confusa e malinformata, che non sulle ong, perché molto di quello che c’è scritto è quello che già facevano prima del codice.” Quello che emerge dal pensiero dell’autore è che l’accoglienza e la messa in salvo dei migranti sono affidate, in buona parte, a iniziative che nascono dal basso, come nel caso dei pescatori di Lesbo o di Lampedusa, e all’azione delle ong. “L’Italia ha fatto molto in questi anni sostituendosi anche a chi invece doveva e dovrà fare di più, ovvero gli Stati membri europei: manca la condivisione della solidarietà europea”.L’ Isola dei giusti è un’opera letteraria, incentrata sulle storie di vita delle persone. “L’obiettivo – spiega Biella – è far immedesimare il lettore con i protagonisti, per capire il proprio ruolo su questo tema complesso e urgente.”
Marzia Castiglione Humani
(27, settembre 2017)
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