Convivere con il disturbo mentale? Si puo’ con l’integrazione e il lavoro quotidiano

Marco Cavallo, la scultura simbolo della battaglia contro i manicomi partita nel 1973 da Trieste
Il 13 maggio saranno 40 anni dall’entrata in vigore della legge 180, meglio conosciuta col nome del suo padre – promotore, lo psichiatra Franco Basaglia, direttore dell’ospedale psichiatrico di Trieste, che nel’ 78 riformò l’organizzazione dell’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale, imponendo la chiusura dei manicomi, strutture di contenimento sociale piuttosto che di cura,  nelle  quali i pazienti, annullati in quanto persone, venivano sottoposti a vessazioni di ogni genere. Per la prima volta la legge mise al centro il paziente con la sua dignità, i suoi diritti, le sue esigenze, la qualità della sua vita da rispettare.Alla monumentale scultura di cartapesta Marco Cavallo   (www.triestesalutementale.it/storiamarcocavallo), icona della lotta etica, sociale, medica e politica che portò all’approvazione della riforma, il Centro diurno San Paolo, una delle strutture “figlie” di quella legge che ha rivoluzionato l’approccio delle istituzioni al disagio mentale, ha voluto intitolare martedi scorso  la biblioteca realizzata dagli stessi utenti che sarà aperta anche al territorio, permettendo lo scambio con il mondo di “fuori”.
La dottoressa Giusy Gabriele direttore del Centro di Salute Mentale D7 e il nigeriano James, giardiniere del Centro Diurno davanti a una libreria della biblioteca appena inaugurata.
Nel corso dell’inaugurazione  della biblioteca alla quale hanno partecipato tutte le autorità del dipartimento da: Massimo Cozza, direttore del Dipartimento di Salute Mentale della Asl Roma2, all’attuale presidente di Psichiatria Democratica, Antonello D’Elia, alla direttrice del Centro di Salute Mentale dell’XI Distretto della ASL RMC, Giusy Gabriele e al responsabile del Centro diurno per la Asl Roma2, Sergio Nascimbeni, è stata ricordata, nella ricorrenza della sua morte tre anni orsono, la figura di Luigi Attenasio, presidente nazionale di Psichiatria Democratica, l’associazione fondata da Franco Basaglia per promuovere l’applicazione della legge 180, e  per 17 anni Direttore di Dipartimento della ASL RMC.  Psichiatra appassionato, dedito alla condizione di vita dei pazienti, internati prima, presi in cura sul territorio dopo la 180, Attenasio ha lasciato un’impronta indelebile tra gli operatori e gli utenti del Centro, anche per la sua umanità. Ma per quanto riguarda l’assistenza alla malattia psichiatrica all’interno del sistema sanitario italiano a 3 anni dalla sua morte nel 2015, le cose non sono molto migliorate, anzi – ha denunciato Eugenio Ricci –  presidente della Consulta Regionale per la Salute Mentale “con la scusa della mancanza cronica del personale, è in atto la privatizzazione della salute mentale attraverso la creazione di Rsa dove rinchiudere i pazienti in ambienti più consoni dal punto di vista alberghiero, ma comunque restrittivi. Proprio quello che la legge Basaglia cercava di impedire ed è da lì – ha concluso – e dal rispetto dei diritti del malato, che bisogna ripartire”.Il Centro San Paolo costituisce però un esempio virtuoso, dove le regole stabilite dalla legge 180 vengono rispettate in pieno. E’ il punto di riferimento per circa 100 persone, anche stranieri che risiedono in Italia, tra i quali due africani, un egiziano, un albanese e un ragazzo originario del Bangladesh. Pazienti con un disagio psichiatrico di media e grave entità che vengono inviati qui dal centro di salute mentale della zona per intraprendere percorsi riabilitativi di socializzazione, preformazione e accompagnamento al lavoro in esterno. Alcuni  hanno la prescrizione per un giorno alla settimana, altri tornano saltuariamente, dopo aver raggiunto una certa autonomia nelle cure e l’ accettazione del proprio disturbo, altri ancora  frequentano il centro tutti i giorni.Come Ferdinando, un ragazzo originario del Bangladesh che ha 30 anni e fino a 6 mesi fa passava le sue giornate senza avere la voglia e la forza di fare alcunchè. Ora al Centro frequenta il corso per diventare cuoco presso la Cooperativa Abecedario che si occupa in primis della mensa e dei catering, per i quali riceve commesse anche da clienti esterni come Fs o lo stesso Comune di Roma, ma svolge anche corsi di formazione.
I cuochi della Cooperativa Abecedario
O come Francesca, una bella ragazza che prima di essere colta dal suo disturbo, faceva la giornalista nelle redazioni dei giornali e anche la fotografa. Poi non ha più potuto continuare a svolgere regolarmente un lavoro, a causa di crisi di ansia che non sapeva come gestire, ma ora attraverso le cure e la frequentazione giornaliera del centro diurno, parla con consapevolezza della propria malattia con la quale – mi dice – “riesco a convivere”.  Al Centro è la fotografa “ufficiale” delle spedizioni “outdoor” organizzate ogni estate in Africa in paesi come il Ruanda o il Madagscar, il Mozambico, l’ultimo è stato l’Etiopia,  ma anche in Vietnam, in una logica di scambio interculturale e anche esperienziale con chi in quei paesi viene assistito dalle Ong per situazioni di fragilità pisichica e mentale, per aver subito abusi e violenze di ogni tipo.  
La panificazione con il lievito madre
“Il primo della serie di progetti, messi a punto dall’allora direttrice del Centro, Ornella Ugolini, recentemente scomparsa,che avevano il cibo come termine di paragone e di scambio – mi dice Ester Pace – assistente sociale della Asl Roma 2 che lavora al Centro –  ha dato il titolo a tutti gli altri: “I Sapori dell’Incontro“. Sul posto avevamo contattato alcune ong private che si occupavano di donne “fragili” vittime di violenze di ogni genere, alcune affette da disturbi mentali conseguenti a quello che avevano vissuto. Dovevano “agire” in qualche modo, come i nostri utenti per riappropriarsi di sé stesse e superare i traumi subiti. Con il nostro gruppo, coordinato in cucina dalla chef Rosalba Epifani,  abbiamo organizzato un laboratorio per fare il pane che loro preparavano solo per sé stesse, con il lievito chimico, in condizioni igieniche assolutamente proibitive con acqua putrida e mentre i topi camminavano su dei fili sospesi che circondavano l’area dove c’era il forno. Dall’Italia – continua Ester – avevamo portato il lievito madre e dell’acqua pulita e abbiamo insegnato loro ad utilizzarlo. Piano piano le donne etiopi, insieme ai nostri utenti, cuochi e aiutanti, hanno cominciato a realizzare un pane buono anche per essere venduto”.“Per contro – interviene Rosalba –  loro ci hanno insegnato le ricette africane fatte con il tef il cereale che cresce lì spontaneo, ma che le multinazionali stanno estirpando per sostituirlo con prodotti ogm che rendono molto di più. Una volta tornati a casa abbiamo proposto queste ricette alla mensa del centro ed è stato un grande successo. E’ stato uno scambio, un’integrazione culturale – conclude Rosalba – davvero proficua: l’anno dopo quando siamo tornati in Etiopia, abbiamo constatato che le donne avevano imparato a fare tutti i formati di pane, anche quelli più sfiziosi con i semi di sesamo che venivano richiesti dai ristoranti degli alberghi ai quali potevano venderli”.Il  progetto I sapori dell’incontro è diventato nel corso degli anni un libro dove, con le fotografie scattate da Francesca Ruggeri, è proseguito l’esperimento di cucinare e sedersi a tavola con persone “fragili” del Ruanda, del Madagascar, della Tanzania e del Mozambico. “Al termine del  pasto e della preparazione del cibo, la scoperta è stata – mi dice la stessa  Francesca – quella di sentirsi vicini, uniti e meno soli di fronte alle difficoltà da affrontare”.
la copertina del libro con il gruppo di utenti che ha partecipato al progetto in Etiopia, Ruanda, Madagascar, Tanzania, Mozambico
Di queste esperienze “sul campo” il Centro è stato invitato a parlare alla rassegna cinematografica “Lo Spiraglio” dedicata alla Salute Mentale che si svolgerà al Maxxi dal 4 al 6 maggio prossimi. Ma altrettanto varie sono le attività nelle quali sono coinvolti i pazienti all’interno del centro diurno: c’è l’Atelier 45 il laboratorio di sartoria che realizza tende, cuscini, vestiti e borse con modelli disegnati e stoffe dipinte a mano ; qui fino a qualche tempo fa c’era anche Marsy un’africana  che oggi, invece, lavora nella lavanderia –  stireria alla quale arriva la  biancheria utilizzata dal catering e dalle case famiglie che fanno capo al municipio. Marsy ha  una famiglia, un marito che lavora, una figlia laureata e un figlio all’università, ma loro la possono aiutare fino a un certo punto: deve prima curare il suo disturbo. Ma giorno dopo giorno attraverso il lavoro e il rapporto con gli altri, sta riuscendo ad aprirsi con chi le lavora accanto e sta faticosamente riconquistando un equilibrio interiore.  Al laboratorio di computer grafica c’è Riccardo che gradualmente si è riappropriato della professione per la quale si era specializzato prima della malattia: l’informatica.
I cuscini “pasquali” dipinti a mano dagli utenti del Centro
Ci sono poi un orto e un erbario, che comprende le classificazioni di tutte le specie che vivono nel giardino della struttura, completamente affidate alle cure degli utenti, in particolare di  Luca che si occupa della loro rappresentazione grafica e di raccogliere un campione organico, sotto la supervisione della botanica   Anna Laura Rosati e da Enrica Rossi.  In giardino lavora tra gli altri James, nigeriano con una dura storia alle spalle che mi racconta, felice di esserne venuto fuori. “Sono sbarcato a Lampedusa dalla Libia nel 2002 – dice – ma subito sono stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale (ma io non l’ho nemmeno toccato – aggiunge -) e sono finito per 4 anni in un OPG dove mi hanno diagnosticato un  disturbo bipolare.  Sono stati anni infernali… Per fortuna alla fine sono stato indirizzato verso il centro di salute mentale dove ho incontrato la dottoressa Gabriele (che lui chiama mamma ndr.) e ora sto ricominciando  a vivere facendo il giardiniere al Centro”. Sua la sistemazione delle carriole decorate e piene di fiori per accogliere gli ospiti all’inaugurazione della biblioteca….
la carriola trasformata in una fioriera
I percorsi, tutti individuali e tarati sulle esigenze specifiche di ciascun utente – spiega Nascimbeni, lo psichiatra responsabile per la Asl Roma2 del Centro –   permettono agli utenti di imparare a prendersi cura di se stessi nell’ambito della vita quotidiana, stabilendo relazioni interpersonali che puntano anche all’inserimento nel mondo del lavoro. Gli utenti imparano i rudimenti di un nuovo lavoro nel caso in cui l’abbiano perso, o hanno la possibilità di tornare a fare il lavoro che hanno dovuto lasciare a causa della malattia. Durante il cammino – conclude lo psichiatra –   i pazienti non sono mai soli, ma sono costantemente monitorati da un responsabile e dall’equipe di operatori sanitari della Asl”.Questo “riuscire a fare le cose” è molto importante per restituire l’autostima e per dare la forza e la voglia, a chi le aveva perse, di riprendersi il proprio posto nel mondo, come dimostrano le tante testimonianze raccolte dalla rivista 180 gradi(https://www.youtube.com/watch?v=PVYPofLFxu4) che è pubblicata on line da una redazione composta interamente da utenti.  E per riprendere il proprio posto nel mondo una cosa fondamentale è riuscire a rientrare nel ciclo produttivo. A questo scopo per il 7 giugno nello spazio della ex Cartiera di via Latina è previsto un appuntamento molto importante: il laboratorio di sartoria, Atelier 45, esporrà le  sue creazioni davanti a un pubblico di esperti composto dalla società “Disability Opportunity” che investe nel sociale e potrebbe trovare committenti per  la produzione della sartoria del Centro. Si può fare…

Francesca Cusumano(12aprile2018)

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