Narama, Adama, Vincent, Boubakar e Cynthia sono quattro dei diciannove giovani protagonisti africani, di età compresa tra gli 8 e i 16 anni, che da qualche mese hanno sostituito la vita di strada con un percorso di fotografia diventando i piccoli “reporter” che hanno immortalato scene di vita quotidiana, tra povertà e felicità, nelle periferie di Nairobi, in Kenya, e a Bamako, in Mali.Dai paesaggi africani ai costumi, dai giochi di strada ai selfie tra amici: è l’Africa raccontata attraverso l’obiettivo e lo sguardo privo di filtri di questi giovani fotografi che è visibile, fino al prossimo 25 novembre, all’Auditorium Parco della Musica grazie alla mostra “Scatti Liberi: L’Africa negli occhi dei bambini”, la prima esposizione fotografica realizzata interamente da ragazzi africani.
Un progetto multiculturale ideato dal cardinale Gianfranco Ravasi e da il “Cortile dei Gentili” che ha coinvolto bambini e adolescenti in situazioni di grave povertà e che non sarebbe stato possibile senza il contributo di Mohammed Keita, giovane fotografo ivoriano che dopo anni di studi e lavoro a Roma, ha deciso di tornare in Mali per mettere a disposizione dei bambini di Bamako le sue competenze attraverso il laboratorio “Kene”, che nella lingua locale significa “spazio” per simboleggiare un luogo di incontro.“Si tratta di un progetto che sta donando molto anche a me perché la vita ti insegna sempre qualcosa, non si finisce mai di imparare. Infatti, la cosa più bella di questi laboratori è la condivisione: quando condividiamo possiamo risolvere i problemi della Terra e bisogna convincere tutti che si deve sempre andare avanti, anche se le cose vanno male”, spiega il fotografo.Mohammed Keita è arrivato in Italia nel 2010 dopo un viaggio lungo tre anni attraverso la Guinea, il Mali, l’Algeria, il Sahara, la Libia e Malta. Aveva appena quattordici anni quando rimase orfano e fu costretto a lasciare il suo Paese nel pieno della guerra civile.E’ solo grazie alla frequentazione del centro diurno per minori Civico Zero che scopre un’innata vocazione come fotografo e inizia la sua carriera artistica.“L’obiettivo della mostra è quello di permettere ai bambini di rimanere nel proprio paese grazie alla fotografia, la quale può diventare un perfetto strumento per dargli il coraggio, la speranza e la forza per affrontare il futuro in Africa. E tutti possiamo contribuire a questo cambiamento perché l’intero ricavato delle fotografie vendute sarà destinato ai loro laboratori fotografici. Infatti, in questi mesi, gran parte di loro si sono mostrati bravissimi, chissà un domani cosa potranno fare attraverso la fotografia,” conclude.Pensiero condiviso dall’europarlamentare e madrina del progetto Silvia Costa, presente anche all’inaugurazione, che considera la mostra “una meravigliosa storia di viaggio a ritroso, una migrazione all’inverso, per sostenere giovani come Keita ed evitargli partenze e viaggi drammatici”.Così, nel giro di poco meno di un anno e dopo la bella esperienza del laboratorio in Mali è nato un secondo laboratorio in Kenya sotto il nome “Nafasi”, che in swahili significa “spazio”, grazie al sostegno della Fondazione Pianoterra, Amref Italia e del fotografo Marco Pieroni, che ha definito i suoi giorni in Africa come un’esperienza indimenticabile e molto emozionante.“I giorni in Kenia insieme ai bambini del laboratorio non li scorderò mai. Ogni mattina mi prendevano per mano, mi toccavano i vestiti e le orecchie. Mi sono affezionato tantissimo a loro e viceversa. Il momento più difficile è stato salutarli: sono stato triste e in silenzio per una settimana,” confessa Pieroni.Sentimenti e emozioni dall’Africa racchiusi in un totale di 32 scatti di creatività, di arte ma soprattutto di umanità che attraverso la lente di una macchina fotografica rappresenta la migliore narrazione dell’attuale fenomeno migratorio e del continente africano.
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