Domenica 14 aprile a Largo Preneste aleggiava un sottile odore di spezie e di festa. Non per una strana coincidenza ma per un motivo ben preciso, la comunità ed le associazioni di migranti del Bangladesh si sono incontrate per festeggiare il Boishakhi Mela cioè il Capodanno Bangla anno 1426 che “segna per le popolazioni Sud-Asiatiche il nuovo Borsho, il nuovo anno di un calendario antico.”Organizzato dall’Associazione Dhuumcatu – in collaborazione con Banglasdesh Association-Italy, Greater Dhaka Association in Italy e Association of Women in Italy – “l’appuntamento non è la ufficiale festa del Capodanno Bangla ma un’inaugurazione dello stesso con la presenza di familiari, donne e bambini.” La vera festa non ha ancora una data poiché la comunità è in trattativa con il V Municipio di Roma per concordarla; inoltre, l’Associazione si sta battendo per la concessione e gestione e pulizia di uno spazio verde, non distante da Largo Preneste e chiuso da circa cinquanta anni. Il Boishakhi Mela “oltre a rappresentare un importante integrazione inter-etnica delle culture asiatiche presenti a Roma è espressione della multiculturalità che caratterizza la realtà sociale della Capitale”.In Bangladesh si usa festeggiare il 14 aprile e solo in alcune regioni il 15 aprile. “In origine per le popolazioni rurali l’avvento del nuovo anno coincideva con la stagione della raccolta del riso a cui i contadini davano il benvenuto con feste popolari e fiere; il Capodanno Bangla è chiamato anche Anno dei Granio Capodanno del Sole perché il calendario inizia proprio al sorgere del sole.”
La giornata: cibo, danze ed interazione
I festeggiamenti hanno preso vita nel primo pomeriggio quando i partecipanti si sono spostati verso l’area verde per mangiare. Le pietanze scelte e offerte gratuitamente a chiunque volesse festeggiare, partivano dall’immancabile Biryani riso basmati e pollo insaporiti da una particolare crema speziata piccante, la ricetta prevede che ogni pietanza venga cucinata e servita separatamente. Bengalesi e non hanno consumato il pasto servendosi, secondo la tradizione, con le mani. Il pranzo è stato un piacevole momento di interazione.Nel verde del giardino spiccava il tradizionale vestito rosso indossato dalle donne, il Sari: un abito dalle origini antichissime costituito da una unica fascia di stoffa, di lunghezza variabile, che viene avvolto intorno al corpo e non necessita di cuciture o bottoni. Impreziosito da ricami dorati o da gemme luminose, il colore prevalente è stato il rosso. Alcune ragazze hanno optato per l’arancio, altre per il verde acqua “per distinguersi ed essere riconoscibili”. Diverse donne portavano corone di fiori sul capo, bracciali e l’immancabile bindi. Anche gli uomini indossavano vestiti eleganti come vuole la trazione vuole: lunghe tuniche (kurta) o semplicemente una camicia.Dopo il pranzo, i festeggiamenti sono proseguiti con l’esibizione di alcune giovani danzatrici: bambine di tutte le età hanno sfoggiato i loro migliori passi di danza scanditi dal suono dei campanelli di un particolare accessorio musicale: il ghungroo ossia una cavigliera di stoffa interamente coperta da piccoli campanelli.Un altro importante momento ha visto Bachcu Dhuumacatu, pilastro dell’Associazione Dhuumacatu, annunciare e spiegare il Decreto Flussi.Erano presenti molte famiglie provenienti da stati diversi e di età e religioni differenti. La partecipazione di un così ampio spaccato generazionale ha messo in luce come ognuno abbia vissuto e percepito diversamente la festa. I più giovani, che non hanno mai avuto modo di celebrare il Capodanno nella terra d’origine perché nati in Italia, hanno accolto la tradizione emulando i più grandi che invece hanno cercato di ricreare in Italia una circostanza quanto più simile a quella originale. Il risultato è stato una sensazionale e coinvolgente celebrazione dal sapore orientale.
Giada Stallone(14 aprile 2019)
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