31 maggio a villa Doria Pamphili si respira l’atmosfera di una festa di fine anno scolastico. Questa volta non sono studenti italiani, ma giovani donne e uomini ritornati a scuola in un paese straniero, allievi del corso di italiano del Centro Astalli, organizzazione che si occupa di fornire servizi di prima e seconda accoglienza ai richiedenti asilo e ai rifugiati. “ Nessun percorso di integrazione è possibile senza l’apprendimento della lingua”. Da questo presupposto ha inizio il progetto, che il coordinatore padre Giuseppe Trotta porta avanti insieme a 34 volontari, per accompagnare i richiedenti asilo a raggiungere una conoscenza dell’italiano di livello A1, A2 e B2. La scuola è aperta tutti i pomeriggi, da fine settembre a giugno e frequentata da centinaia di giovani.Fiducia negli altri. L’accoglienza alla festa è delle migliori. Padre Giuseppe Trotta sottolinea l’importanza della lingua per vivere in un qualsiasi paese straniero, soprattutto per chi nel proprio paese non può più tornare. Secondo il coordinatore è necessario fin da subito instaurare un rapporto personale con i giovani che arrivano al Centro. Le enormi difficoltà incontrate durante la fuga hanno inciso nell’animo e molti di loro ora devono vincere la diffidenza nei confronti del prossimo e ristabilire un ritmo regolare nella vita quotidiana.Autonomia economica. Oltre alla lingua italiana, obiettivo del corso è sostenere i ragazzi nella ricerca di lavoro, fornire strumenti per orientarsi in città, conoscere diritti e le leggi sulla richiesta di protezione umanitaria. “A Roma la collaborazione con altre associazioni c’è ed è fondamentale , anche la solidarietà e la previdenza sociale sono eccellenti. Invece la legislazione nazionale non ha messo a un pacchetto normativo organico sull’asilo politico. Una carenza che pesa sui rifugiati e rende molto difficile un organismo di tutela come il nostro di inserirli in modo stabile, soddisfacente”. Per trovare lavoro il centro Astalli si sta muovendo in due direzioni: crea collaborazioni con bar, ristoranti e pizzerie e sta facendo una convenzione con l’Aci, per i ragazzi che intendono prendere la patente.La lingua. Con la mediazione di un’insegnante volontaria, avviciniamo un gruppo di giovani eritrei ed etiopi che si mostrano disponibili a parlare. In un primo momento la lingua e l’emozione li frena. Domandiamo cosa è piaciuto di più della lingua italiana. La Grammatica! Rispondono in coro e scoppia una risata ironica. L’atmosfera si rilassa e viene fuori che avrebbero bisogno di molte ore di lezione e di una scuola strutturata. Il loro impegno è grande ma “un’ora al giorno è poco per imparare l’italiano, avremmo bisogno di essere aiutati a studiare tutti i giorni!”. Sono grati al centro Astalli, sanno che la lingua è importante nel rapporto con gli altri e necessaria per trovare lavoro, ma questo non basta. Riuscire a rompere la barriera della diffidenza, farsi accettare e integrarsi, è questo un altro dei loro obbiettivi.Razzismo. Sono i primi a volerne parlare. “Non vogliamo dire che gli italiani sono xenofobi, ma in questo paese il razzismo è un problema presente”. Secondo loro lo sfruttamento e la diffidenza nei confronti degli stranieri è tanta e perchè in Italia non si percepiscono i valori di rispetto e tolleranza come in altri paesi europei. Un ragazzo ci racconta, malinconicamente, di essere stato in Svezia e ricorda quel periodo con grande lucidità. Oltre all’assistenza immediata, gli è stata offerta una casa e un lavoro. “Un vero paradiso, rispetto al purgatorio italiano”. E’ dovuto rientrare in Italia a causa della rigidità delle norme europee. Fortunatamente questo paese non li ha privati della simpatia e voglia di scherzare. “Mi sento un novello Cristoforo Colombo, continua a raccontare, lui girava il mondo in cerca di nuove terre, ora io giro Roma in cerca di cibo!”.Nostalgia della “prima” scuola. In chiusura chiediamo quali siano le cose del loro paese di cui sentono maggiormente la mancanza. Ovviamente il primo pensiero va alle famiglie lasciate in un clima di guerra nei paesi di provenienza. Subito dopo c’è la scuola: luogo della loro formazione culturale e personale, luogo dei primi incontri e degli ultimi saluti. Questo non fa che gratificare e onorare il lavoro del centro Astalli che,anche attraverso l’insegnamento della lingua italiana, permette a questi ragazzi di inserirsi nella società italiana ma soprattutto concede loro la possibilità di mantenere vivo il ricordo di un percorso di studi abbandonato troppo presto.