Roma domenica 12 giugno, a piazza Ankara si celebra la 113esima festa nazionale dell’indipendenza Filippina. Il sole primaverile ed un cielo terso fanno da cornice alla giornata, Roma pare lontana chilometri. Profumi e musica avvolgono i gazebo dove si assaporano piatti tradizionali e si partecipa ai festeggiamenti con canti e danze. Sembra di essere a Manila. Sul palco una donna canta insieme a un coro di giovani, mentre la bandiera della Repubblica delle Filippine ondeggia accanto a quella italiana. Incontriamo Alexander Malabrigo, consigliere aggiunto per gli stranieri nel Municipio II che ci presenta quattro ragazzi filippini, nati in Italia: John Michael, Jiada, Mary e Sarah tutti tra i 14 e i 19 anni.
La festa I ragazzi ci spiegano che la giornata ha un significato importante per tutti i Filippini. Ha valore di collante culturale: comunità provenienti da diverse zone d’Italia si riuniscono per celebrare l’evento e fare conoscenza. Tutti e quattro riconoscono il valore della ricorrenza, ma nati e cresciuti in Italia, ci confidano di sentirsi coinvolti in modo diverso dai loro genitori, che sono ancora legati al paese d’origine. Mary ci svela: ” Il 2 giugno ho partecipato al 150° anniversario dell’unità d’Italia e oggi sono qui. Sono due feste per me ugualmente importanti.”
I filippini in Italia Sostengono che in Italia il problema principale non sia quello del razzismo bensì della xenofobia. Distinguono le due problematiche ed evidenziano come gli italiani non si comportino allo stesso modo nei confronti di ogni minoranza culturale.“Veniamo apprezzati per il nostro impegno nel lavoro. Verso gli europei dell’Est abbiamo notato una diffidenza maggiore”. In ogni caso non vogliono generalizzare e sono tutti concordi nell’affermare che gli italiani sono molto accoglienti nei confronti degli stranieri a differenza di altri paesi europei. Le comunità filippine, che vivono all’estero, affrontano altre problematiche non meno rilevanti. Da alcuni anni, in Italia, un gran numero di ragazzi sotto i vent’ anni ha già dei figli, spesso senza disporre di un titolo di studio né di un’ occupazione. Per questo motivo le famiglie e le istituzioni sostengono iniziative per promuovere il sesso dopo il matrimonio.
La scuola La differenza tra il sistema scolastico italiano e quello filippino è grande: John Micahel spiega che lì le scuole pubbliche hanno caratteristiche molto simili a quelle private e i ragazzi trascorrono insieme tutto il giorno, il che consente loro di integrarsi e avere un riferimento educativo fisso. John Michael frequenta l’ultimo anno in un Istituto Tecnico Industriale di Roma, poi vorrebbe iscriversi alla facoltà di Economia a Roma 3. Ci dice che i suoi genitori hanno accolto positivamente questa scelta, anche se non sembra sia per tutti così. Molti ragazzi, certi del fatto che sia difficile realizzare i propri progetti in un paese che non concede spazio ai giovani, vorrebbero andare all’estero. “In molti casi gli adolescenti filippini interrompono presto gli studi” spiega Jiada “e vanno a lavorare, soprattutto per questioni economiche e per sfiducia nei confronti del proprio futuro in Italia. A me piacerebbe laurearmi in pediatria ed andare a vivere in Svezia”. Continuiamo a chiacchierare i bambini corrono sul prato e qualcuno porta ai parenti, seduti all’ombra, una fetta di halo halo, dolce tipico a base di riso.
La lingua “Spesso i miei genitori mi parlano in filippino, ma io rispondo in italiano” ci dice Jiada. Tutti e quattro sono bilingui e, se i loro lineamenti potrebbero ingannarci sulla loro provenienza, il loro accento romano è una prova inconfutabile della loro origine. Parlare la propria lingua significa mantenere salde le radici culturali, sostiene John Michael, ma per Mary e Sarah questo ha anche un’altra funzione. Ridendo, le due ragazze ci rivelano che per non farsi capire dagli altri, qualche volta usano il filippino piuttosto che l’italiano e viceversa, a seconda del gruppo di amici con cui escono. Un vero e proprio linguaggio in codice.
Tornare alle origini Quando i ragazzi tornano nel paese dei genitori per le vacanze estive, vengono visti con ammirazione. Sarah racconta che spesso i giovani filippini si sentono a disagio anche per l’abbigliamento dei coetanei italiani, soprattutto per la tipologia di scarpe, considerate da loro un bene prezioso. “I nostri genitori tra qualche anno vogliono tornare nelle Filippine, mentre noi siamo a tutti gli effetti Italiani, nati e cresciuti qui. Sarebbe difficile cambiare abitudini e abbandonare i nostri interessi.”