“Gli ospedali sono strutture spesso nate dalla cristianità”, ma oggi i pazienti non sono più solo italiani o solo cattolici. Era sorta “l’esigenza di trovare spazi nelle strutture sanitarie per il riconoscimento di tutte le culture e religioni”, racconta Luigi De Salvia, medico e presidente di Religions for Peace Italia, che, in collaborazione con Alessandro Bazzoni, psicologo dirigente al Santo Spirito di Roma, ha dato vita al progetto L’accoglienza delle differenze e specificità culturali e religiose nelle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali, un opuscolo, “non semplicemente informativo”, per operatori sanitari, che, notevolmente apprezzato da funzionari del Ministero della Salute, il 3 luglio ha ricevuto il Premio Eccellenza nei Public Affairs 2012 presso la Sala Capitolare del Senato.
Un luogo di apertura al silenzio. Il progetto nacque due anni fa presso il Laboratorio dell’Accoglienza del Santo Spirito di Roma: “coinvolgendo volontari e facilitatori del dialogo, si sono svolte una serie di riunioni, un audit civico per sentire cittadini immigrati e minoranze religiose, un primo grande evento pubblico, il 14 dicembre 2010, con i rappresentanti religiosi delle varie comunità”. Da qui si attuò una dichiarazione di intenti su due fronti: “la creazione di un Albo dei Referenti accreditati – ovvero, oltre al Cappellano della Chiesa Cattolica, un pastore ortodosso, un monaco buddista, un imam, un rabbino, e così via – che possano essere convocati in qualsiasi momento; e un luogo fisico e simbolico dove poter pregare, quello che abbiamo chiamato ‘un luogo di apertura al silenzio’”. Su questo ci sarà ancora molto da lavorare, spesso le strutture sanitarie sono ridotte all’osso: “ancora nel Santo Spirito non siamo riusciti a trovare un posto adatto, ma la cosa buona è che il progetto è entrato nel piano sanitario aziendale”.
L’opuscolo è online sul portale dei Centri di Servizio per il Volontariato del Lazio Cesv e Spes e nei vari siti delle comunità di riferimento, è stato inoltre distribuito in 500 copie in altri ospedali: “la risonanza è stata buona poiché anche da altre città italiane, come Perugia, Milano e Torino stiamo ottenendo dei riscontri. L’azienda ospedaliera Le Molinette di Torino per esempio era sensibile all’argomento già da qualche anno”: si fa assistenza spirituale a musulmani, protestanti, ortodossi, buddisti, induisti ed ebrei. Oltre alla Chiesa cattolica, il Vescovo della città diede il permesso di trasformare la cappella di San Lazzaro in una Stanza del Silenzio, dove cittadini di fede non cattolica possono raccogliersi in preghiera.
“I capitoli, ognuno curato dalla comunità stessa di riferimento”, affrontano ogni aspetto, dalla gestione delle cure alle differenze di genere, dalla gravidanza al momento del parto, dalle norme alimentari all’assistenza spirituale, dalla preghiera ai riti funebri, al momento – “l’opuscolo uscirà in una nuova edizione perfezionata e approfondita già entro l’anno” – su dieci religioni: Buddhismo, comunità Bahá’í e Sikh, Ebraismo, Induismo, Islam, con uno sguardo infine anche alle differenze in seno alla Cristianità, dalla Chiesa Cattolico-Romana alle Chiese della Riforma aderenti al Consiglio Ecumenico delle Chiese, dalla Chiesa Ortodossa Romena all’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° Giorno.
Affrontare l’uomo in tutti i suoi aspetti. “Il nostro vuole essere un confronto con la medicina contemporanea. Oltre all’opuscolo, a settembre 2012 partiranno dei Corsi di Formazione per volontari e operatori sanitari su queste tematiche e sull’approccio complessivo: non vedere il malato solo come ‘qualcosa di fisico da aggiustare’. Credo che chi sfugge ai propri limiti non sia disponibile ad affrontare quelli degli altri. Quello che voglio dire è che l’impatto ripetuto con situazioni dolorose per ovvie ragioni indurisce. È una sorta di protezione o una sorta di fuga. Il nostro lavoro purtroppo non è come quello di un’agenzia di viaggi, lavoriamo in una ‘miniera di dispiaceri’. Per questo vogliamo dare tutti gli strumenti per un approccio razionale: coltivare la non indifferenza al dolore e all’infelicità umana”.
L’accoglienza è salutare. “Non vogliamo fare volontarismo a tutti i costi, l’attivismo che deve aggiustare il mondo per forza. È solo un opuscolo che può aiutare a fare passi avanti, perché l’accoglienza è salutare. Non si tratta nemmeno solo di un fatto informativo: vogliamo dirvi di non stupirvi se per esempio ‘per la tradizione tibetana dopo il decesso non si dovrebbe manipolare il corpo per 72 ore’, è semplicemente un invito a un’attenzione più delicata in situazioni già delicate”.
Nell’opuscolo vengono infatti affrontati anche gli aspetti più dolorosi della vita, come i significati della malattia e della morte nelle varie culture, per il buddista per esempio “la malattia va accettata e vista come un’occasione per praticare la propria fede, offrendo la propria sofferenza per aiutare gli altri e/o propiziare una migliore rinascita”, al fianco di una serie di informazioni più tecniche – sui Sikh “è necessario sapere che sono strettamente vegetariani”, “secondo la normativa religiosa ebraica l’autopsia è assolutamente proibita, se non strettamente necessaria, andrebbe evitata”, nell’’Induismo “le donne dovrebbero essere assistite, lavate ecc., da donne”, nell’Islam è fondamentale la pazienza…
Avere pazienza con i pazienti. A raccontarcelo Mustafa Qaddourah, medico pediatra di origini palestinesi, 61 anni, musulmano: “per l’Islam la vita è transitoria, la vera vita è quella spirituale, quindi è fondamentale stare vicino, in particolare, ai malati cronici o terminali. Soprattutto è molto importante avere pazienza: nei 114 capitoli del Corano, la pazienza è citata più della preghiera”. Il che sembra particolarmente significativo anche per noi che abbiamo una parola come “paziente” che deriva dal verbo latino patior, e che significa “colui che soffre, che sopporta, che tollera, che attende e persevera con tranquillità”. Avere pazienza con i pazienti.
Porto il mio punto di vista musulmano che è “pace”. Qaddourah partecipò al comitato scientifico del progetto sull’Accoglienza per la redazione del capitolo dedicato all’Islam, “per dare il mio punto di vista musulmano che è ‘pace’ e perché sono sempre stato interessato al dialogo interreligioso, soprattutto quello tra le tre grandi religioni monoteiste”. Se domandi a Mustafa perché, risponde “perché la pace è il mio obiettivo della vita, perché la pace nel mondo è il vero significato della parola di Dio”. Pediatra di famiglia presso la Asl Rm A Terzo Distretto dal 1984, fa parte inoltre della Commissione Permanente del Centro Culturale Islamico ed è il rappresentante medico della Grande Moschea di Roma, dove ogni venerdì legge i sermoni in lingua italiana. “All’inizio ho avuto qualche problema, come è normale”, quando si inizia a vivere in un Paese diverso dal proprio, “ma ora seguo più di 300 bambini, ho due studi privati a piazza Bologna e a Centocelle”. Se all’inizio c’era un po’ di diffidenza, “oggi molti mi cercano, italiani e non, e posso raccontare solo esperienze positive, come quella con una signora ebrea, che, dopo il primo figlio, fece richiesta apposita per avermi come pediatra di riferimento anche per gli altri due. Parlo tre lingue” e credo che anche questo sia accoglienza. “C’è una frase a me molto cara di Papa Wojtyla: il mondo ha bisogno di ponti, e non di muri“.
Un modo semplice di conoscere le differenze per poi dimenticarle. De Salvia conobbe Qaddourah nel 2002, durante una riunione sul dialogo interreligioso. Lui viveva in Italia già da 32 anni, dal 22 settembre 1970, una data che ricorda a memoria perché era tutto ciò che voleva. Dopo la guerra arabo-israeliana del 1948, la sua famiglia si trasferì in Giordania dove Mustafa frequentò le scuole secondarie. Ma quando scoprì che la media dei suoi voti non gli avrebbe permesso di frequentare il corso di laurea in Medicina, il suo sogno, Mustafa si recò, in lacrime, al Consolato Italiano di Gerusalemme: riuscì così a partire per Perugia per studiare l’italiano presso l’Università per Stranieri, laureandosi e specializzandosi poi a La Sapienza a Roma, dove sposò una donna italiana e cristiana. Diventati colleghi e amici, De Salvia commenta “spesso mi dimentico che è musulmano”. Ed è forse questo il segreto: conoscere le differenze, per poi dimenticarle, superarle e smettere di stupirsi.
Alice Rinaldi(3 luglio 2012)
Per consultare l’opuscolo http://www.volontariato.lazio.it/documentazione/documenti/55005500AccoglienzaDifferenzeReligliose_Opuscolo.pdf