“È dal 2007 che l’intesa firmata dal Presidente del consiglio Prodi deve essere ratificata ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione. Negli stessi giorni in cui si poteva siglare l’intesa con noi induisti, le chiese cristiane, hanno ottenuto il beneplacito del senato per un’intesa pressoché identica. Perché la nostra, insieme a quella dei buddisti, continua a giacere in parlamento?”Non c’è vizio di forma o di sostanza … allora ?“Il problema è culturale e politico, non riguarda noi induisti”
L’avvocato Franco Di Maria è presidente dell’Unione induista Italiana, il principale raggruppamento per questa comunità religiosa nel nostro paese. Nel suo studio all’interno di un pregiato palazzo anni ‘30 nel centro di Roma Di Maria spiega filosofia e mistica induista e le traversie per istituzionalizzare questo credo nella nostra repubblica.
Intesa. Perché? “Come associazione induista in Italia siamo presenti sul territorio da più di 30 anni; abbiamo ufficializzato e formalizzato la nostra esistenza nel 1997. Nel 2000 siamo stati riconosciuti dal Presidente della repubblica come confessione religiosa in base a una legge sui culti ammessi che poi risale al periodo fascista del ’29-30. Nel 2007 abbiamo avviato il procedimento per l’intesa con la Repubblica italiana in base all’articolo 8 della Costituzione. Se l’articolo 7 disciplina infatti i rapporti specifici con la religione cattolica, l’articolo 8 stabilisce che le varie confessioni religiose possano stipulare un’intesa con la repubblica italiana che disciplini i rispettivi ambiti di autonomia. Con l’intesa si avrà la possibilità di accedere anche all’ 8 x 1000 : ma non è questo il movente che ci spinge anche se ogni iniziativa ha un costo e quindi i soldi non vanno demonizzati. L’aspetto più importante è l’esser giuridicamente messi su un piano di parità, cioè far valere un diritto costituzionalmente garantito. Poco più di un mese fa siamo stati ricevuti al quirinale dal presidente Napolitano su iniziativa delle Chiese Evangeliche e uno dei problemi che sono stati presentati all’attenzione del capo dello stato è proprio questo.”
Iter ed ostacoli. “Ogni comunità religiosa che chiede di stipulare l’intesa viene, come giusto, analizzata attentamente dai vari ministeri: ministero della difesa, dell’istruzione, etc ; vengono attuate verifiche di carattere economico, passati in rassegna gli aspetti di competenza al fine di garantire la compatibilità della comunità religiosa con la Repubblica. Pur avendo avviato due percorsi distinti le pratiche di noi induisti e dei buddisti sono state unificate da un punto di vista della tempistica e dell’operato parlamentare: i ministeri di fatto hanno svolto un lavoro certosino ed è emerso che non ci sono problemi di sorta.Oltre la firma del Presidente del consiglio è necessaria anche la ratifica parlamentare e l’iter si deve compiere nell’alveo della medesima legislatura altrimenti occorre ripartire da zero. L’intesa infatti era già stata firmata con il governo Prodi, poi in attesa del sì del parlamento, il governo è caduto.Durante il governo Berlusconi questa è stata assegnata alla commissione affari costituzionali del Senato e lì giace da circa un anno. Aggiungo che tale commissione è insediata in sede deliberante, il che significa che non deve passare neanche attraverso il voto dell’aula.”
Intesa ed intesa: trattamenti diseguali? “Le intese con la chiesa ortodossa e con quella avventista, a differenza di quella induista e buddista, sono giunte a compimento. Perché? Di fatto ogni intesa contiene solo delle peculiarità minime rispetto alle altre: cambiano denominazioni, festività e alcuni particolari periferici, non il nocciolo. Il 95% del contenuto di fatto è sovrapponibile. La ragione non è di sostanza: è, come dicevo, politica e culturale. Politicamente, non è un mistero, la Lega e diciamolo anche alcuni settori cattolici fanno pressione nella direzione opposta.”Di fatto state procedendo all’unisono con i buddisti ma non con gli islamici. Pensa che ci possa essere dietro questi ritardi un timore che non riguarda tanto le vostre comunità quanto quella islamica? “È possibile che certe parti politiche e sociali vivano con timore la possibilità di un “effetto domino” delle intese riconosciute.”
Laicità e laicità buona. “Il problema riguarda l’idea di laicità in Italia: la nostra è una repubblica laica, peccato che poi questa laicità ognuno la declini a suo uso e consumo. Il cardinal Scola parla di laicità buona? Ma cos’è la laicità buona? Non la si può declinare a proprio piacimento. Nel cattolicesimola Chiesa si definisce detentrice della verità. Eppure già Eraclito ai suoi tempi spiegava che una verità non ammette la propria negazione: in questo senso si vede bene come affermare che la propria religione sia vera vuol dire – piaccia o non piaccia – coltivare l’intolleranza.”L’induismo è diverso? “L’idea di tolleranza, di apertura, propria dell’induismo a mio parere è molto diversa. Non si ha una concezione dogmatica della verità. Faccio un esempio mutuandolo dal Rigveda, uno dei 4 Veda, i testi sacri dell’induismo. Dice: “La verità è una ma i saggi la chiamano con molti nomi” Questi “molti nomi” della Verità costituiscono il Pantheon induista: molti pensano che questo Pantheon, ricchissimo per altro, sia il segno tangibile di politeismo. Al contrario l’induismo è rigorosamente monoteista, solo che non avendo il dio un volto, tutti i volti sono il suo. E i molti nomi della verità non rappresentano altro che la molteplicità di questi volti: il sintomo secondo me di una grande libertà.E’ bene precisare, altrimenti mancherei di obiettività, che questa libertà per molti versi non è estranea anche a vari tratti di altre religioni, cristianesimo incluso, anche se di solito non vengono valorizzati. C’è un passo della Bibbia dove si dice: Una parola ha detto l’Eterno, due ne ho udite … perché quella stessa parola quando si dispiega nel mondo non è più unica, diviene obbligatoriamente molteplice. Ed è per questo che la verità che è sicuramente una, viene poi percepita in maniera diversa da ogni singola persona.Essere ingessati in una visione teologica è a mio parere un gravissimo errore di un credo. Ci sono affermazioni cattoliche che, secondo me, favoriscono la chiusura e l’intolleranza verso le altre religioni: penso al detto “Non c’è salvezza se non nella Chiesa”. D’altronde anche papa Woytila e lo stesso Ratzinger di recente hanno dichiarato che le altre religioni possono essere sì di qualche aiuto per l’essere umano, ma nessuna ha gli strumenti per generare la salvezza e la redenzione come quella cattolica. Con una nozione di verità come questa, si diviene intolleranti per statuto. In base a quale ragionamento o riprova posso affermare che la mia è l’unica verità? Se si parte da questi presupposti si nega un vero confronto e si impedisce anche un sentimento religioso profondo.”
Un sentimento religioso oltre la teologia. “Nell’induismo, come nel buddismo, non c’è la pretesa di definire Dio. Il Divino è ineffabile ed indefinibile? E allora perché parlarne e pretendere di definirlo? Non nascondo che la teologia per alcuni aspetti mi sembra una lunga prefazione senza libro. Non ci si può fermare alla teologia che è soltanto un approccio razionale. Ciò che è essenziale è l’esperienza. Chi ha esperienza di Dio non può comunicarla: in questo senso la cosa più rilevante è la possibilità di compierla in profondità. Non è un caso che nell’induismo il maestro, il cosìdetto guru, abbia un ruolo fondamentale e che guida il discepolo a compiere quell’esperienza che egli ha già vissuto
Guru ed esperienza (mistica). “Il guru è una persona che ha condotto un percorso personale molto specifico e soprattutto il suo vissuto è il punto terminale di un’eredità che non è sua personale ma tramandata nei secoli. All’interno dell’induismo ci sono molti nomi e volti di Dio: a questi corrispondono centinaia di tradizioni induiste, veri e propri ceppi, ognuno dei quali porta una propria eredità culturale e spirituale. E’ per questo che nella nostra religione è fondamentale la scelta da parte del credente della tradizione d’appartenenza cioè la parampara, ovverossia la catena storica dei maestri – guru – che si sono susseguiti in quella tradizione.Una catena che spesso si perde nella notte dei tempi e che indica grosso modo il tracciato nel quale si riconosce il singolo credente. Il rapporto col guru, pur di totale fiducia da parte del discepolo, non passa solo attraverso l’erudizione, la lettura, l’apprendimento a memoria di testi sacri. È la conoscenza esperienziale del Divino per il tramite al guru. Ed è il guru a fare da bussola in relazione alle esperienze del discepolo. Serve maturità e tempo per discernere.”
Esperienza mistica e ragione(volezza). “Il gran valore dato all’esperienza non è un modo per negare quello della ragione: gli induisti sono davvero degli abilissimi ragionatori. Chiudo con una storiella indiana che mostra come l’induismo non sia scollamento dalla realtà e dalla ragione, ma anzi pur riconoscendosi spesso nel misticismo e nella fusione col Dio, sa essere al contempo estremamente pragmatico. Un discepolo ha passato molti anni della propria vita col suo guru e finalmente dopo tanto apprendistato ha compreso come Dio sia fuso in ogni cosa ed essere. Si incammina per una strada polverosa per tornare al proprio paese e a un certo punto un enorme elefante si para sul suo percorso. L’uomo che guida dalla groppa l’elefante gli grida “scansati, scansati”. Ma il discepolo ormai ha imparato.Dice a sé stesso: “Io sono dio, l’elefante è dio. Posso aver io paura di dio? No” E non si scansa. L’elefante lo travolge, il discepolo si rialza, più tramortito psicologicamente che fisicamente. Ritorna alla capanna del maestro per trovare una spiegazione di quanto avvenuto. Il maestro: “Certo tu hai perfettamente ragione: tu sei Dio e l’elefante è Dio, ma perché non hai ascoltato Dio che ti parlava dalla groppa dell’elefante e ti diceva di scansarti?” Questo per dire che superare la razionalità non vuol dire abolirla: vuol dire considerarla per quello che essa è: non la, ma una tra le varie, molteplici e possibili interpretazioni della realtà.”
Marco Corazziari (19 gennaio 2012)