“Lentamente stavamo andando verso la fine di Erdogan, la protesta contro l’abbattimento di un parco per la costruzione di un centro commerciale è stata solo l’ultima esplosione del popolo”. Quello che è cambiato è che oggi in piazza ci sono anche tanti turchi: “sono solidale con loro, ma quello che mi chiedo è perché in tutti questi anni non hanno mai aperto bocca?” – si domanda Silan Ekinci, giurata Piuculture al MedFilmFestival, ragazza di identità curda e di carta d’identità turca, commentando la grave situazione che da 10 giorni incendia Istanbul e Ankara, e getta a livello internazionale ombre pesanti sull’attuale governo. Da sempre descritto come “moderato”, di moderato sembra avere solo la lenta e costante “islamizzazione” della Turchia, come osserva chi lo conosce più da vicino. Un governo che ha “moderatamente” risposto alle proteste con 3 morti e 2.000 feriti. Notizia di oggi 24 arresti per un solo tweet contro Erdogan che ha definito Twitter una “cancrena della società”. Come qualcuno aveva predetto sembra davvero che la “Primavera Araba” stia risalendo verso l’Europa… “I curdi sono stati i primi a scendere in piazza – curdo il deputato che ha fermato le escavatrici ed è stato ferito dalla polizia – pochi turchi in questi 40 anni si sono battuti contro le violenze nei nostri confronti: bambini uccisi nei bombardamenti dei villaggi, guerriglieri rimasti invalidi dopo lunghi scioperi della fame, centinaia di persone torturate solo perché chiedevano nelle scuole anche l’insegnamento del curdo. Adesso i turchi hanno capito la nostra lotta e le nostre sofferenze. Da popolo disturbante sempre in manifestazione, ora siamo quelli bravi che sono scesi per primi nelle piazze”. Abdullah Ocalan, leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, dal carcere dove è detenuto dal 1999, “ha dichiarato che siamo in pace, ma ancora non è possibile sapere come andrà a finire. Spero che queste violenze, che nulla hanno a che fare con una democrazia, finiscano presto”.Silan ha lasciato la Turchia da ragazzina con la madre e i fratelli, vive ormai in Italia da 16 anni, “ma ho sempre seguito la mia causa curda (e poi turca): soffriamo e paghiamo tanto, ma siamo combattivi perché siamo sempre stati combattuti per la nostra lingua, la nostra libertà e la nostra identità – perché sul mio documento deve essere scritto che sono turca? Non è giusto far finta di niente, anche dall’Italia: ho conosciuto una ragazza di 20 anni che neanche sapeva di essere curda. Io non sono italiana, ma dell’Italia voglio conoscere tutto, mi sento libera qui, in Turchia sei costretto a conoscere delle cose e altre no”.
Oggi Silan lavora come interprete presso la Commissione Territoriale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato: “praticamente mi addormento con le torture e mi sveglio con le torture“. Ascoltare le persone e i loro dolori è un lavoro duro: Silan assiste alle audizioni dei richiedenti che possono durare molte ore, non è facile accostarsi a vite così difficili. “La maggior parte dei curdi arrivano con le loro storie politiche, di pressioni e torture, vite segrete che non si possono raccontare, ma lo faccio con il cuore, talvolta sento empatia e condivisione anche senza che dicano nulla”.Per distrarsi su un mondo decisamente più felice, quello delle vacanze, Silan è anche studentessa di un corso di management del turismo, e presto sarà uno dei componenti della nuova giuria interculturale di Piuculture al prossimo MedFilmFestival (a Roma dal 21 al 30 giugno 2013).“Mi sono sempre occupata di attività culturali – oggi i curdi ricordano, nell’anniversario della morte, il giornalista italiano Dino Frisullo che fu sempre impegnato nella difesa del nostro popolo che gli costò 39 giorni nel carcere di Diyarbakir”, primo e unico prigioniero politico europeo nelle carceri turche. “Questa è la mia prima esperienza come giurata di un festival di cinema, l’ambiente sembra molto simpatico e anche questo lavoro lo farò con tutto il cuore, spero faremo una bella figura!” Sulla cinematografia curda Silan racconta che è ancora molto orientata alla divulgazione per “far conoscere la storia del Kurdistan, la nostra ricca cultura e le nostre bellezze paesaggistiche. Vivendo continuamente in condizioni di lotta dolorosa, non abbiamo mai avuto grandi possibilità di farci conoscere”.“E’ stato difficile lasciare la Turchia, lasciare tutto e iniziare da piccoli una nuova vita qui, senza conoscere nulla. Per fortuna amici italiani straordinari ci hanno dato allegria e speranza di vita e oggi anche la burocrazia mi sembra meno complessa di qualche anno fa. Conosco tanti paesi, ho vissuto anche in Germania, ma, anche se la mia famiglia non è più qui, qui ho conosciuto la vita e non riesco più ad andare via. L’amicizia degli italiani è una cosa preziosa, noi diciamo che avete la parte calda, il cuore buono. L’Italia, è vero, è caotica e piena di stranieri, vi capisco, ma gli italiani non perdono mai l’onestà, non perdono mai la capacità di rimanere vicino alle persone“.
Alice Rinaldi(6 giugno 2013)
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